Al via la prima Assemblea sinodale

Si apre questo pomeriggio venerdì 15 novembre la prima Assemblea sinodale delle chiese in Italia, ne seguirà una seconda dal 31 marzo al 4 aprile 2025. Siamo nell’ultimo tratto del cammino sinodale, la «Fase profetica». Abbiamo rivolto a don Andrea Massalongo, referente sinodale diocesano per Tivoli, alcune domande.

Dopo quattro anni di lavoro con quali sentimenti ed attese si appresta a vivere questo momento assembleare?

Quando si iniziò a parlare di cammino sinodale non sono mancate qualche perplessità perché – lo dobbiamo ammettere – a volte il cambiamento ci spaventa. Poi abbiamo cominciato a camminare senza guardare tanto alla mèta quanto a ciò che si stava delineando davanti a noi come Chiesa: ripensarci in questo mondo di oggi, per non perderci e soprattutto per non perdere di vista Colui che è il Capo e la vita di tutte le nostre azioni pastorali. Quello che mi troverò davanti e in cui entrerò, è molto simile al cammino fatto in questi anni nelle nostre parrocchie, negli organismi di partecipazione della Diocesi, ma stavolta con un respiro più ampio di Chiesa. Vado col desiderio di ascoltare e partecipare.

Abbiamo sentito parlare di “orizzonte missionario nello stile della prossimità”, ci aiuta a capire meglio nel concreto questo concetto distintivo del cammino sinodale?

Penso che con questa frase si possano riassumere tre anni di cammino sinodale fatto finora in Italia: l’intento non è rivedere semplicemente alcuni meccanismi interni alla vita ecclesiale, ma ripensare un’azione missionaria in un mondo che non va demonizzato ma è, e rimane, il terreno dove «rendere ragione della Speranza che è in noi». Se vogliamo cercare un po’ in anticipo i frutti di questo cammino sinodale, penso che uno sia proprio l’averci insegnato uno “stile” proprio, da far permeare la vita delle nostre comunità ecclesiali ai vari livelli. Lo stile del dialogo, del confronto, dell’ascolto, ma in un clima di preghiera.

Anche nella vita della nostra Chiesa di Tivoli e Palestrina stiamo esercitandoci a fare discernimento comunitario, cosa che richiede la cura delle relazioni, che insegna a pensare insieme, perché è lo stesso Spirito che agisce in tutti e nell’insieme della Chiesa.

Un elemento strettamente legato alla missione è la corresponsabilità, come si può realizzare?

Metterci allo stesso tavolo per ascoltare quanto lo Spirito dice alla Chiesa, vescovo, presbiteri, diaconi, religiosi e religiose, fedeli laici, è già espressione di partecipazione: ci dice che siamo ciascuno parte di un insieme. La corresponsabilità non si vive distribuendo gli incarichi o i servizi, ma sentendoci tutti chiamati alla stessa missione. È un obiettivo da raggiungere, oserei dire prioritario, su cui sarà necessario lavorare: non tanto per una necessità, dato che scarseggiano ministri e collaboratori, ma molto di più per l’essenza della vita battesimale che ciascuno è chiamato a mettere a «servizio degli altri per il bene comune».
Certamente ognuno per la sua parte e per il ruolo che gli spetta, ma tutti insieme perché unica è la missione della Chiesa, a servizio dell’unico Signore.

Brevemente ci richiama l’icona biblica che fa da sfondo a questa fase profetica?

La Pentecoste descritta negli Atti degli Apostoli (1,8.12-14; 2,1-13) presenta il vero Protagonista, lo Spirito Santo, artefice del un vero cambiamento di una comunità impaurita, fragile, delusa e chiusa verso una testimonianza coraggiosa e disponibile, che possiamo comprendere solo dalla «forza dello Spirito Santo» e dall’essere «perseveranti e concordi nella preghiera».

Verrebbe da dire: con questi due ingredienti, anche noi ce la possiamo fare…

Maria Teresa Ciprari