Giovedì 18 novembre, il clero delle diocesi di Tivoli e di Palestrina si è riunito nel santuario di Nostra Signora di Fatima a San Vittorino per il consueto appuntamento mensile dedicato alla formazione permanente. Dopo la preghiera dell’ora terza, don Massimo Grilli ha preso la parola, presentando il vangelo di Luca, che accompagnerà il cammino della Chiesa nel nuovo anno liturgico.
Il vangelo di Luca – definito scriba mansuetudinis Christi da Dante – è forse il libro più bello, per profondità e finezza, per come sa parlare dei sentimenti umani – si pensi alla parabola del buon samaritano, o del figlio perduto e ritrovato. Cosa ci dice l’opera lucana dell’autore? Analizzando il prologo dei vangeli, Luca ci dice che non fa parte dei testimoni oculari, ma è della terza generazione dei credenti. La sua testimonianza dipende da una tradizione su cui lui ha fatto ricerche accurate. Non ha dimestichezza con le usanze ebraiche, evita di trattarne, ma conosce bene l’ambiente di Antiochia, così importante nello sviluppo della Chiesa, fuori dalla Palestina.
Inoltre è un conoscitore profondo della lingua greca, dell’Antico Testamento nella versione della LXX.
Le tante indicazioni mediche hanno fatto pensare che fosse un medico, ma forse, più semplicemente, era una persona colta, che aveva delle nozioni anche di medicina. Compagno nell’evangelizzazione di Paolo, Luca si rivolge a un contesto esterno alla Palestina, ad una comunità formata da cristiani che provengono dal paganesimo e da giudeo-cristiani della diaspora. Non è quindi il mondo di Matteo – più legato alla tradizione ebraica: la comunità di Luca si percepisce stanca – come molte delle nostre comunità – per questo Luca insiste molto sulla perseveranza.
I molti logia sulla ricchezza, ci mostrano inoltre che è una comunità ricca e comunque con contrasti e squilibri tra ricchi e poveri. A livello teologico, don Grilli si sofferma su tre punti. Il primo è la salvezza come via da percorrere: il cammino, fatto tante volte di fatica, caratterizza tutti i personaggi del Vangelo: Maria si mette in viaggio, Giovanni il Battista prepara la via del Signore, Gesù cammina verso Gerusalemme rendendo duro il suo volto, i discepoli di Emmaus sono in viaggio.
Luca dunque sembra dirci che il Signore lo incontriamo sulla via, c’è una necessità costante di mettersi in cammino e di accettarne le sfide, senza rinchiudersi in false sicurezze. Un secondo punto della teologia lucana è legato a dei temi molto presenti nel terzo vangelo: innanzitutto la gioia, presente già nei primi inni del vangelo (Benedictus, Magnificat…), ma anche nella gioia del padre che vede tornare il figlio: l’autentica vita cristiana è benedizione e gioia, certamente in mezzo alle debolezze dell’uomo, per questo è importante l’attenzione che Luca pone sull’oggi: il cammino della salvezza passa nell’oggi dell’uomo, qualunque esso sia. Ma è importante anche lo sguardo privilegiato che
Luca ha sui poveri, per questo mi ha unto, per annunciare ai poveri la buona novella. I poveri, gli anawim, persone concrete che vivono portando un peso, per loro sembra concretizzarsi la missione del Messia. Ma un tema importante è anche la solidarietà con i peccatori. Se in Marco l’ultima parola di Gesù è il Sal 22, Luca è l’unico che mette sulla bocca di Gesù la frase Padre, perdonali e cita Is 53, sottolineando che è stato annoverato tra i malfattori. In questa scelta lucana si mostra un Dio che va a cercare Adamo, anche quando l’uomo si perde nei luoghi più impervi, come la pecora perduta.
Un terzo punto teologico è infine la responsabilità: la salvezza di Dio non va separata dalla responsabilità dell’uomo. La misericordia di Dio cerca la responsabilità umana, si pensi ai tanti guai, dell’opera lucana. Questa responsabilità è sottolineata molto nel discorso sui beni e sull’uso dei beni, su cui solo Luca insiste tra tutti gli evangelisti. Non si tratta certo di pauperismo o di stoicismo, il cristiano è colui che condivide, facendosi povero per amore altrui.
Siamo chiamati, dunque, in questo anno così importante per la Chiesa, a farci accompagnare da Luca, mettendoci in cammino, senza aver paura di farci prossimi con gli ultimi.
Daniele Masciadri