Conoscendo il significato del battesimo di Giovanni il Battezzatore, un battesimo per la conversione dei peccati, ci viene spontaneo di chiederci: «Che bisogno aveva lui, l’uomo senza peccato, Gesù, di farsi battezzare?». Domanda abbastanza pertinente che appare anche nel Vangelo, attraverso le proteste di Giovanni Battista: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te…»
Una risposta classica a questa domanda spiega che si tratta di un battesimo di solidarietà, di un momento di intronizzazione con l’unzione dello Spirito Santo – sorta di presentazione ufficiale – e l’inizio del suo ministero pubblico.
Seguendo la metodologia dei Padri della Chiesa, a cui piaceva spiegare la Bibbia attraverso la Bibbia, scoprendo sempre corrispondenze, armonie segrete tra l’Antico e il Nuovo Testamento, diciamo che questo brano del battesimo di Gesù ne evoca un altro dell’Antico Testamento, e i due passaggi si illuminano l’un l’altro grazie a questo collegamento.
Guardiamo prima con attenzione gli elementi di questa scena del battesimo di Gesù, come se fosse un dipinto o un’icona. Cristo si immerge nel fiume Giordano, i cieli si aprono, lo Spirito scende e aleggia su quest’uomo che emerge dalle acque, risuona la voce del Padre. Tutto questo evoca un’altra pagina della Bibbia, e, precisamente, la prima pagina della Bibbia, nel libro della Genesi. Anche lì, alle origini del mondo, lo Spirito di Dio aleggia sulle acque primordiali, da cui uscirà la terra e poi il primo uomo, chiamato all’esistenza dalla voce creatrice di Dio. Anche lì Dio comunica all’uomo il suo soffio, il suo Spirito, come un seme di vita che avrebbe dovuto germogliare e far crescere l’uomo fino alla sua dimensione perfetta di figlio di Dio.
Purtroppo, sappiamo il resto della storia: l’uomo ha peccato, ha perso lo Spirito che lo ha reso un figlio di Dio. Da qui la terribile frase nel libro della Genesi: «D’ora in poi lo Spirito di Dio non ha più una dimora permanente tra gli uomini». (Gn 6, 3) Ora, se manca lo Spirito, ogni relazione con Dio diventa impossibile, i cieli sono chiusi. L’uomo è condannato alla siccità e alla sete. Da qui la supplica che percorre tutto l’Antico Testamento e si concentra nel grido del profeta Isaia: «Ah! Se tu facessi a pezzi i cieli e scendessi! » (Is 63,19).
Ebbene, la festa che celebriamo oggi ci mostra la risposta di Dio al grido dell’umanità assetata. Questa risposta è Cristo. In Cristo Dio stesso viene a riprendere in mano la sua creazione caduta. Naturalmente Cristo non aveva bisogno di essere battezzato, lui che è senza peccato. Ma, immergendosi nel Giordano con gli uomini che hanno chiesto un battesimo di penitenza, Gesù è solidale con la nostra umanità peccatrice. E la sua discesa nelle acque del fiume preannuncia già, in modo profetico, un’altra discesa, molto più formidabile: la sua discesa nelle profondità della morte e dell’inferno per liberare l’umanità prigioniera. Questo è il significato del mistero che celebriamo oggi.
Il battesimo di Cristo significa la nuova creazione del mondo e dell’uomo. È una nuova genesi, una rinascita. I cieli chiusi dal peccato si aprono e lo Spirito, esiliato dall’umanità, riposa di nuovo su quest’uomo, Cristo, il nuovo Adamo, e su queste acque che diventeranno sorgenti vivificanti. Un universo rinnovato, ringiovanito e santificato emerge con Cristo dalle acque del Giordano.
In Cristo l’uomo diventa di nuovo figlio di Dio. È a ciascuno di noi che Dio ora dice: «Tu sei il mio amato figlio; in te metto tutto il mio amore». Ma la storia non finisce qui. L’effusione dello Spirito iniziata al battesimo termina sulla Croce, dove Cristo esala il suo respiro, e l’acqua che sgorga dal costato trafitto di Gesù diventa quel fiume di acqua viva in cui siamo immersi il giorno del nostro battesimo, quando lo Spirito scende anche su di noi, mormora di nuovo nei nostri cuori il nome del Padre e fa del nostro corpo il suo tempio.
Questa, fratelli e sorelle, è la gioiosa notizia che ci annuncia l’odierna festa. Ci impegna anche a ritornare alle fonti vive del nostro battesimo per trarne nuova forza, una nuova giovinezza spirituale. Come Padre della Chiesa che amo molto, Clemente d’Alessandria ha detto in modo così bello: «Tutta la nostra vita è una sorgente, perché abbiamo dentro di noi la Verità che non invecchia, e questa, La verità, permea tutta la nostra vita».
Oggi è l’occasione per ognuno di noi di riflettere e pensare al proprio battesimo, nel suo triplice significato: intronizzazione e presentazione (Tu sei il mio figlio, l’amato), unzione dello Spirito Santo e missione. Non basta essere battezzati, ma bisogna essere cristiani, cioè seguaci di Cristo. Il mondo sarebbe un paradiso se ognuno potesse vivere il suo battesimo.
Don Roberto Sisi,
codirettore dell’Ufficio comunicazioni sociali,
vicario parrocchiale in Santa Margherita e San Rocco, Olevano Romano