«ChiAmati per nome». La mistagogia, palestra di fraternità per i ragazzi di Subiaco

«Anche questo campo è giunto al termine. Io e i miei compagni di cammino abbiamo sentito che qualcuno crede in noi, ci siamo sentiti presi per mano e condotti in questo splendido cammino. Grazie per i preziosi insegnamenti che ho ricevuto, che porterò sempre dentro di me. Ho imparato ad essere la versione migliore di me stessa, affrontando le mie paure, le mie fragilità. Il desiderio che c’è nel mio cuore e in quello dei miei amici è di continuare questo splendido cammino», queste le parole di Marta al termine del campo che ventuno ragazzi della comunità ecclesiale di Subiaco, hanno vissuto dal 22 al 27 agosto a Silvi Marina, sul tema “ChiAmati per nome”.

Sono ragazzi che hanno ricevuto i Sacramenti della Confermazione e dell’Eucaristia nel mese di dicembre ed hanno manifestato il desiderio di voler continuare il cammino, entrando così nel tempo della mistagogia, dove approfondire e tradurre in vita quanto celebrato. Dal mese di gennaio hanno seguito un percorso di approfondimento che li ha condotti al campo estivo, una “palestra di fraternità”, un tempo di vita insieme caratterizzato da servizi, momenti di riflessione e di preghiera, attività comuni e momenti di divertimento e svago. Anche alcune mamme si sono coinvolte nell’esperienza donando la loro disponibilità nel preparare i pasti e alimentando un clima domestico.

I ragazzi comunque sono stati i veri protagonisti del campo. Con la spontaneità che li caratterizza hanno fatto emergere le difficoltà, le contraddizioni e fragilità, tutto quanto caratterizza la loro vita, che diventava motivo di confronto, di dialogo, di riflessione: una “catechesi in atto”, un cammino che parte dalla vita, conduce alla riflessione e ad un confronto con la Parola di Dio e ritorna alla vita. L’ultimo giorno ha avuto il tono familiare con i genitori che si sono uniti ai ragazzi ed hanno vissuto insieme un tratto del cammino.

«La meta del campo è stato aiutare i ragazzi a vivere un incontro con Gesù che dia loro un nome, che riveli la loro identità più profonda, che faccia sentire i ragazzi, che sono spesso omologati e condizionati da stereotipi e convenzioni sociali, unici ed irripetibili, portatori di doni e talenti da scoprire che rappresentano la loro vera ricchezza e la loro forza», questo il desiderio di don Gianluca, di Costanza, di Luigimaria. E le parole di Marta sono testimonianza che una scintilla si è accesa, che qualcosa “arde nel cuore”. Ora è tempo di alimentare il fuoco che si è acceso!