Commento al Vangelo per la Domenica delle Palme /B

“Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Azzimi”: così suona l’inizio del capitolo quattordicesimo del Vangelo secondo Marco, che ascolteremo Domenica prossima; in esso ci vengono raccontati gli episodi della passione, Morte e Risurrezione di Gesù.

Mi limiterò a offrire un breve commento solo sui primi undici versetti, di cui i primi due bene ci introducono nella situazione che Gesù si troverà a vivere; l’evangelista, infatti, sottolinea la volontà cattiva e ben concertata di uccidere Gesù: lo vogliono uccidere a tutti i costi, con l’inganno, non durante la festa e senza provocare tumulto di popolo. Tale volontà si realizzerà grazie al tradimento di Giuda, che chiude in modo tragico e amaro questa pericope.

Stiamo giungendo all’acme della lotta fra il male e il bene, fra le tenebre e la luce, che verrà momentaneamente soffocata; stiamo per accogliere il culmine della rivelazione (Mc 15,39: il centurione, vistolo spirare in quel modo, disse: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio”), ma prima dobbiamo accompagnare Gesù nella Sua Passione.

L’evangelista sottolinea il fatto che “Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Azzimi” e Gesù si appresta a vivere la Sua Pasqua – la Sua ultima Pasqua -, a mangiare il pane azzimo, le erbe amare e quanto prevedeva il rituale ebraico.

Gesù vivrà il Suo passaggio da questo mondo al Padre e diventerà per noi pasqua di salvezza, nuovo lievito che fa fermentare la pasta nuova e diventerà il nuovo pane, il pane di vita nuova per eccellenza.

Marco presenta Gesù in casa di Simone il lebbroso; considerando tale sottolineatura, possiamo ritenere che Gesù abbia guarito Simone da questa malattia.

Gesù, dunque, si trova a tavola: si tratta di un momento conviviale, quasi una sorta di pausa, una sosta prima degli eventi drammatici della Passione; tuttavia anche questa realtà che dovrebbe essere caratterizzata dalla distensione, dalla serenità, è contrassegnata da una forte tensione.

Chissà quali sentimenti abitavano il cuore di Gesù durante quel pasto … Marco non riferisce nulla; ma all’inizio del capitolo ci ricordava che di lì a poco Gesù avrebbe celebrato la Pasqua, di lì a poco avrebbe vissuto un’altra cena: la Sua Ultima Cena e … la prima nostra cena.

Sembra proprio di assistere ad una scena divisa in due parti: da un lato gli invitati fortemente indignati con questa donna; dall’altro la donna con il vasetto di alabastro, e Gesù nel mezzo, quale pietra d’inciampo, motivo di salvezza e risurrezione o di condanna (cfr. Lc 2,34). Potremmo paragonare il gesto di questa donna ad un lucignolo fumigante che porta un po’ di luce in mezzo alle tenebre dell’ottusità, della chiusura mentale, del giudizio umano precostituito, ma invano …

Entra, dunque, questa donna. Il fatto che sia una donna, desta già scalpore. Il suo gesto oltrepassa i limiti della ragionevolezza, e l’indignazione, il giudizio cattivo prendono il sopravvento: rompere un vaso di alabastro, contenente un profumo così prezioso è inaudito, inconcepibile!

Perché frantumare il vaso in quel modo? Perché proprio questo spreco? Perché questa perdita irrevocabile, irreversibile? Non si può recuperare nulla, è perduto per sempre! Che assurdità!

E il fariseismo degli astanti si nasconde meschinamente sotto la parvenza della carità: “si sarebbe potuto vendere”; eh sì, è proprio una maschera grottesca, perché l’indignazione, la rabbia con cui guardano e apostrofano il gesto della donna, non sono certamente gesti di carità. La carità sgorga da un cuore buono. La vera carità offre del suo e non critica i gesti altrui, anche se apparentemente esagerati.

Gesù, invece, la lascia fare, non si infastidisce e si lascia ungere il capo. È interessante notare che Gesù non abbia mai rifiutato nulla di quanto gli venisse offerto, sia in bene che in male; anzi, di fronte ai suoi oppositori, si offrirà, si presenterà, si consegnerà (cfr. Gv18,8), si lascerà mettere le mani addosso, accettando tutto per amore nostro e per rivelarci fino a che punto giunga il suo amore infinito per noi e quello del Padre.

Anzi, dice loro: “Lasciatela. Perché la infastidite”? quasi a dire: “Lasciatela, liberatela dalla gabbia dei vostri pregiudizi; toglietele le catene dei vostri cattivi pensieri e vedrete che le catene dei vostri pensieri iniqui cadranno dal vostro cuore e sarete veramente liberi e le vostre tenebre diventeranno luce (cfr. Is 58,9-10)”.

Gesù esalta il gesto della donna, “ha compiuto una buona azione” (letteralmente: ha operato una bella opera), non ha sprecato nulla, ha dato tutto ciò che aveva, ha donato tutto il suo cuore. Come non ricordare l’episodio dell’obolo della vedova! (Mc 12,41-44)

Non solo, ma aggiunge: “I poveri li avete sempre con voi. Non sempre avete Me”. Chissà che effetto avranno avuto queste parole all’orecchio e al cuore dei presenti. Forse altrettanta indignazione: ma chi credi di essere, perché tu abbia a ricevere tanto?

Gesù va oltre e pensa alla Sua sepoltura, quando in fretta dovranno seppellire il suo corpo senza vita e, per tale motivo, i Suoi cari non potranno svolgere il rito della sepoltura come avrebbero voluto.

Sì, perché il Corpo santo e immacolato del Signore Gesù venuto al mondo in una mangiatoia, circondato dall’amore tenerissimo di Sua Madre e di Giuseppe; non potrà nemmeno essere sepolto normalmente, dopo aver subito una morte infame e una ingiusta condanna.

Che strano! Eppure è il Figlio di Dio, è DIO.

Ma Gesù non si ferma nemmeno a pensare solo a Sé, alla Sua sepoltura. Pensa a tutti, e con la Sua Parola autorevole (“in verità Io vi dico”), indica questa donna come modello per tutti: ella diventa esempio di Vangelo per tutti, diventa Vangelo vivente, annunziato in tutto il mondo fino alla fine dei tempi.

Segue l’episodio di Giuda che si reca dai capi dei sacerdoti, promettendo loro di consegnare Gesù.

Potremmo dire: il cerchio si chiude, l’ingordigia maligna dei capi del popolo viene saziata dal tradimento di Giuda, con tutto ciò che esso comporta.

In realtà, per noi tutto inizia e non avrà più fine, perché la morte è stata vinta dalla Vita, l’odio dall’Amore, e di Pasqua in Pasqua celebriamo il Mistero dell’Amore Crocefisso e Risorto che ci attira a sé, rendendoci uno in Lui.

Ancora qualche riflessione.

La donna e gli invitati non hanno un nome specifico, conosciamo solo il nome di Simone, che ha invitato Gesù.

Tutti possiamo vederci rappresentati in questi invitati giudicanti – il Signore ci liberi! – e in questa donna, che opera questo gesto di tenerezza nei confronti del Signore Gesù.

Scorgo in questa donna l’immagine di quello che la Chiesa – cioè ognuno di noi – è chiamata ad essere: una Chiesa chiamata a ungere il Corpo Eucaristico di Gesù nelle Sue membra, a versare con profusione, quasi sprecando, l’unguento salvifico. La Chiesa è chiamata a versare l’olio della consolazione sulle membra malate, il crisma di salvezza e di letizia, il profumo di esultanza del Pane Eucaristico, forza e sostegno del cammino.

Inoltre, l’amore, il rispetto, l’adorazione nei confronti del Signore Gesù presente nella Santissima Eucaristia, si traducono inevitabilmente nel rispetto e nella venerazione dello stesso Signore, presente in tutti i nostri fratelli e sorelle.

Affidiamoci alla Vergine Madre, il cui Cure verginale ci ha accolto come figli sotto la Croce, cooperando alla nostra salvezza. Sia Lei ad accompagnarci in questi ultimi giorni che ci separano dalla Pasqua, perché sia per tutti una vera Pasqua di Risurrezione.

Buona Settimana Santa a tutti e Santa Pasqua di Risurrezione

Suor  M. Giovanna Boer,
oblate di Maria Vergine di Fatima, San Vittorino Romano