Commento al Vangelo per la Domenica delle Palme /C

In questo anno liturgico, la passione di Gesù che la Chiesa ci offre nella Domenica delle Palme è tratta dal Vangelo di Luca. Gli evangelisti leggono la passione, morte e risurrezione di Gesù come la tappa suprema di un cammino di amore, ma ciascuno ha una sua prospettiva, che dipende in parte dalla personale visuale teologica e in parte dalla comunità a cui fanno riferimento. L’ottica di Luca è pedagogica: per lui la via della passione e morte non è tanto la via dolorosa, ma la via dell’edificazione e della parenesi: una via che il discepolo dovrà imparare e imitare. Quali sono allora i motivi che il discepolo deve imparare? Provo a delinearne tre.

  1. Anzitutto, la solidarietà di Dio con l’essere umano. Non un essere umano ideale, ma quello reale: l’uomo così come è. I due malfattori, uno a destra e uno a sinistra, uno che impreca e l’altro che supplica, rappresentano l’umanità, così come la conosciamo dentro di noi e fuori di noi. Noi facciamo distinzioni fra pii ed empi, tra buoni e cattivi, tra nobili e comuni; Dio ama l’uomo vero senza distinzioni. Gesù è il «sì» di Dio all’uomo reale. Suonano del tutto appropriate le parole di Bonhoeffer: “la morte di Gesù crocifisso come un delinquente mostra che l’amore divino trova la strada per arrivare fino alla morte del delinquente…”. Attenzione però: questo «sì» di Dio all’uomo reale non è approvazione della meschinità, della viltà… non significa chiudere gli occhi su ciò che è deprecabile e non significa approvare tutto, perché questo non è amore, ma piuttosto una parodia… Amore dell’essere umano significa avere fiducia “nonostante”, significa credere nella possibilità della redenzione, rispondere alla violenza distruttiva con un nuovo inizio, segnato dalla speranza e dal perdono. Di tutto questo è un chiaro indizio la prima parola di Gesù in croce: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno».
  1. Un secondo motivo struttura il racconto della passione secondo Luca. Per tre volte, i capi del popolo, i soldati e uno dei due crocifissi con lui, si rivolgono a Gesù chiedendogli: «salva te stesso!». Ecco la grande tentazione, fare di sé stessi il centro: ciò che conta, allora, è il potere, il successo. Riecheggiano le parole del grande inquisitore ne I Fratelli Karamazov di Dostoevskij: «Tu non scendesti dalla croce quando ti si gridava, deridendoti e schernendoti: `discendi dalla croce e crederemo che sei Tu’. Tu non scendesti perché non volesti asservire l’uomo col miracolo, e avevi sete di fede libera, non fondata sul prodigio. Avevi sete di un amore libero, e non dei servili entusiasmi dello schiavo davanti alla potenza che l’ha per sempre riempito di terrore. Ma anche qui tu stimavi troppo altamente gli uomini, perché gli uomini, per quanto creati ribelli, sono degli schiavi». Di fronte all’idolatria dell’«ego», Gesù si presenta libero e liberante, testimone di un Dio gratuito, che si dona.
  2. Un terzo motivo che struttura la passione secondo Luca è la giustizia del condannato: il centurione, visto quanto accaduto, esclama: «quest’uomo era davvero giusto!». Quell’uomo, annoverato tra gli iniqui, condannato dai potenti, deriso dagli astanti… è un «giusto». L’orante di un Salmo conclude la sua lode dicendo: «Sì, c’è una ricompensa per il giusto, e c’è un Dio che fa giustizia sulla terra!» (Sal 58,12). Ma, esiste veramente sulla terra una ricompensa per il giusto? E Dio fa veramente giustizia? Quanti crocifissi hanno gridato a Dio nella notte oscura senza trovare risposta? Eppure il crocifisso è una risposta: gli uomini vanno a Dio cercando la felicità, il successo, il benessere e lo trovano crocifisso. Gli uomini vanno a Dio chiedendo giustizia e vendetta e lo trovano crocifisso. Sulla croce, per Luca, stanno Giustizia e Grazia, perché questa è «la ricompensa per il giusto». Nella croce non è più Dio che giudica l’uomo, ma Dio che si lascia giudicare dall’uomo, rispondendo all’ingiustizia che distrugge con un nuovo inizio, segnato dal perdono. Questo significa che l’eterna volontà di amore di Dio non abbandona l’uomo nemmeno là dove egli dispera di Dio. Nella croce sono scritte la storia dell’uomo e quella di Dio, segnate dalla vendetta e dal perdono, dal giudizio e dalla grazia, dalla sconfitta e dalla gratuità… Sotto la croce, l’uomo impara a vivere e a morire per qualcuno/a, perché l’amore comincia dove finiscono le corazze dell’ «io».

Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano