Commento al Vangelo per la Domenica di Pasqua /A

Introduzione al tema del giorno
Il primo giorno della settimana definisce la fede e la Novità Cristiana. Non è una festa come le altre; è la «festa primordiale», senza la quale la chiesa non potrebbe sussistere. Il vecchio adagio di Qohelet «niente di nuovo sotto il sole» che, sotto certi aspetti, ha una sua profonda verità, svanisce di fronte al giorno di pasqua, perché qualcosa di veramente nuovo è avvenuto nella storia dell’universo. Non è un semplice caso che oggi – e lungo tutto il tempo pasquale – le letture scelte per accompagnare i credenti a immergersi nell’evento decisivo della loro fede, appartengano essenzialmente agli Atti degli apostoli e al Vangelo di Giovanni. In effetti, questi due libri, per ragioni diverse, rappresentano una testimonianza singolare della fede della chiesa in Colui che ha vinto la morte e che ora vive e illumina il cammino pasquale delle comunità cristiane con la sua misteriosa presenza.

Leggere e comprendere
L’episodio con cui Giovanni inizia il racconto del giorno di pasqua vede protagonisti Maria di Magdala, Pietro e il discepolo che Gesù amava. Tutti e tre i personaggi sono messi a confronto con il paradosso che percorre l’intera giornata (capitolo 20 della narrazione giovannea): l’assenza di Chi è invece presente. Il tema non è nuovo nella Bibbia, che molte volte presenta il lamento dell’uomo di fronte alla lontananza di un Dio che non vede, ma l’esperienza pasquale dei tre è del tutto nuova: la pietra dove era stato deposto il corpo del Signore è stata rimossa e il sepolcro è vuoto. Lui c’è, ma non viene visto oppure, se si fa incontro, non viene riconosciuto.

È interessante notare come intorno a questa assenza-presenza tutto è in movimento: Maria va al sepolcro e poi corre dai discepoli; questi, a loro volta, partono in fretta e corrono verso la tomba. Il tempo sembra scandito da un viavai continuo e drammatico, alla ricerca di colui che non c’è più, ma è presente. La ragione di tanto affanno è data dal narratore all’inizio del racconto: era ancora buio.

L’oscurità, nel Vangelo di Giovanni, ha una valenza simbolica pregnante, perché rappresenta la cecità dell’uomo. Ritorna alla mente la paura dei discepoli nel vedere un «fantasma» che camminava sulle acque, quando intorno era ancora buio (6,17). Nel buio Maria e i due discepoli si affannano intorno alla tomba vuota, ma non trovano una risposta, perché – nonostante l’ansiosa ricerca – non hanno ancora trovato la chiave del mistero.

Solo alla fine del racconto, Giovanni ci offre la chiave, quando – parlando del discepolo che Gesù amava – dichiara che entrò nel sepolcro, vide e credette. Il discepolo non vide Gesù, ma solo i segni della sepoltura e della morte: le bende e il sudario. Ma, agli occhi del credente, quei simboli di morte testimoniano che, proprio da quella tomba sgorga la speranza. Perché questa è la pasqua: il primo giorno della settimana nello scorrere lento e immutabile del tempo, la vita che sboccia tra i crepacci della storia, la certezza di un’umanità riscattata nonostante le smentite, la sicurezza che Dio troverà la strada per raggiungere i sepolcri costruiti dalla ferocia dell’uomo. Può sembrare poesia, ma ogni credente potrebbe essere testimone che un giorno Dio ha fatto questo nella sua vita. Del resto, il rimando alla Scrittura, alla fine del racconto giovanneo, offre la chiave di lettura del mistero: Dio mantiene le sue promesse.

Interrogativi per attualizzare

  1. In mezzo a quali sepolcri siamo chiamati ad annunciare la speranza del Risorto? Siamo veramente messaggeri di Risurrezione?
  2. Qual è il nostro impegno a favore della vita, degli oppressi, degli emigrati, di tutti coloro che vivono sepolti dall’indifferenza umana?

Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano