Commento al Vangelo per la Domenica di Pentecoste /A

Introduzione al tema del giorno
Il mistero della Pentecoste è riassunto dai testi odierni della Scrittura con tocchi straordinariamente ricchi e stimolanti. Il racconto degli Atti, la pagina di Paolo e il vangelo di Giovanni parlano del Progetto salvifico di Dio che si realizza nella chiesa dei credenti, grazie allo Spirito. Non solo nella chiesa, però, perché la pentecoste illustra anche il Progetto divino sull’umanità intera, nella diversità di etnie, culture e lingue. La comunità ecclesiale diventa, così, l’immagine di ciò che il mondo è chiamato ad essere. Qual è dunque questo Progetto? Come viene modellata la comunità dei credenti e la storia degli uomini secondo lo Spirito?

Per leggere e comprendere
Il brano evangelico ci presenta la cosiddetta “pentecoste giovannea”. La paura porta i discepoli a “stare” in un luogo chiuso, senza confronto con il mondo degli uomini, a tal punto che è Gesù che deve “venire”. Ma, una volta venuto, tutto cambia, grazie al soffio dello Spirito: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Il narratore sottolinea che tutto questo avviene quando «le porte erano chiuse»: ripetendolo due volte in pochi versetti (20,23.26). È il soffio di Gesù che apre dunque le porte della paura e della chiusura. Il verbo greco utilizzato da Giovanni (emphysaô = “soffiare”) ricorre una sola volta in tutto il Nuovo Testamento, mentre nella traduzione greca dell’AT si può trovare 11 volte e denota sempre il soffio vitale di Dio, l’atto con cui egli dona la vita al creato e all’uomo. È lo stesso verbo utilizzato nel racconto più antico della creazione dell’uomo (Gen 2,7), quando Dio, dopo aver impastato l’argilla, soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente (Gen 2,7). Il volto dell’uomo, impastato di terra, finito e fragile, respira perché Dio ha alitato su di lui il suo soffio. Questo significa fondamentalmente che l’uomo ha la sua pentecoste già al momento della creazione. E questo significa libertà, ulteriorità. Il Volto, ogni volto, porta in sé un mistero e non si riduce alle fattezze fisiognomiche.

L’uomo biblico è molto diverso da Lullu, l’uomo che troviamo nel poema babilonese dell’enuma elish! Questo grande poema accadico racconta che, dopo varie lotte intestine fra dei, il dio Marduk crea l’uomo con la creta e con il sangue di un dio ribelle, il dio Kingu. Il volto dell’uomo è segnato dunque dall’insoddisfazione e dalla ribellione, mentre l’uomo biblico non è riducibile a pura fattualità e non è permesso rinchiuderlo semplicemente nel suo limite e/o nel suo ruolo. È interessante come Gesù stesso indichi il cammino di conoscenza della persona umana, liberandolo da ciò che è puramente visibile e constatabile. I farisei avevano condotto a Gesù l’adultera (Gv 8), giudicandola semplicemente una peccatrice, mentre Gesù scorge in lei possibilità nuove, cammini di redenzione.

La Pentecoste è la Libertà che irrompe nelle chiusure umane (le porte erano chiuse!), il mondo di Dio che mostra sentieri percorribili in mezzo ai cammini di tenebra che ci scaviamo con le nostre mani. Le paure appartengono a ciascuno di noi e alle nostre istituzioni, che spesso rimbombano di vuoto, perché impermeabili al soffio dello Spirito. Le nostre comunità vivono impigliate nelle crisi, annegate nelle paure, angosciate dalle colpe… Le nostre esistenze visibili percorrono i loro sentieri di tenebra, incapaci di testimoniare il vento dello Spirito che strappa la vita alla morte, che vivifica la nostra esistenza visibile, con i suoi successi e i suoi fallimenti, le sue preoccupazioni e le sue crisi. Lo Spirito trasfigura questa nostra esistenza, ricapitola la nostra vita cocente e la costruisce nuova. Questa è la Pentecoste!

Interrogativi per attualizzare

  1. Cosa fare perché le nostre comunità siano rinnovate dallo Spirito?
  2. Le istituzioni che costruiamo hanno lo scopo di ingabbiare o di liberare l’essere umano?

Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano