Introduzione al tema del giorno
Celebriamo il dono che l’apostolo Paolo definisce: «la legge che è lo Spirito» (Rm 8,2). Nel giorno di Pentecoste (in ebraico, Shavuōt / Settimane che richiama le sette settimane che separano la festa di oggi dalla Pasqua), Israele commemorava il dono più prezioso che Dio gli aveva fatto: la Torah, che fa vivere l’uomo che la mette in pratica. Come per Israele la Legge è la strada della comunione con Dio e della libertà, così per i credenti in Cristo la legge dello Spirito è la legge di vita, che libera dalla legge del peccato e della morte per farci rivivere in Dio. E, come per Israele Shavuōt era la festa delle primizie e del mondo nuovo che germoglia sulle ceneri del vecchio, così la venuta dello Spirito sulla comunità cristiana primitiva costituisce l’origine di un cammino nuovo, fecondo, alla luce del Risorto; un cammino di libertà, che si apre agli uomini e ai popoli di ogni razza e di ogni lingua, per farne una sola famiglia: la famiglia di Dio.
Per leggere e comprendere
Il Paraclito è Colui che ci sta accanto (para – kaleo: chiamare accanto). Questo suggestivo accostamento ci porta a riflettere su uno dei tanti aspetti dell’azione dello Spirito che ci sta accanto: «insegnare e far ricordare tutto quello che Gesù ha detto». Non è difficile scorgere qui la funzione di ermeneuta che nella società ebraica del tempo veniva compresa come interpretazione autentica della Scrittura. Si tratta del ruolo che, per esempio, nella comunità di Qumran svolgeva il «maestro di giustizia». Ma lo Spirito ha un compito ben diverso da quello del responsabile di Qumran, perché lo Spirito è inviato dal Padre – come Gesù – e il suo essere Paraclito gli darà la possibilità di rimanere con i discepoli, per sempre. È da questa reciproca intimità che nasce la novità cristiana: la legge per il cristiano non è più esterna, ma interna, e si chiama Spirito Santo. È lui la chiave ermeneutica della Scrittura e degli eventi della storia; è lui che dà la chiave d’interpretazione autentica di quanto va fatto ed evitato.
Grazie allo Spirito, il cristiano non è sottratto alla legge, ma è signore della legge. Grazie allo Spirito, nessuna legge umana sarà più riconosciuta come sacra, intangibile, assoluta, perché il cristiano sa che la storia dell’uomo è un cimitero di consuetudini e di norme che prima gli uomini consederavano ottime e poi hanno sostituito con altre ritenute migliori. Dire che il cristiano non è schiavo della legge, non significa però dire che viene meno l’ordine, la norma, e che si apre la strada verso l’anarchia. Perché la norma del cristiano è Dio stesso e l’ordine è quello dell’amore, la sola unica legge assoluta del credente. Dire che la nostra legge è lo Spirito significa riconoscere che la strada percorsa da Dio non è stata quella della competizione, ma del dono libero, responsabile, creativo. Grazie allo Spirito, il cristiano non vivrà della legge della competizione, ma della legge dell’amore. «Noi tutti siamo degli esseri in competizione. Vogliamo lasciare un’impronta nella vita, vogliamo distinguerci. In maniera molto sottile, senza volerlo, e senza neppure averne coscienza, siamo costantemente in competizione con gli altri. Ci confrontiamo in continuazione… Anche quando ci dedichiamo a un servizio, qualunque sia, ci chiediamo se questo servizio supera quello degli altri… Passiamo il nostro tempo a chiederci chi siamo rispetto agli altri…» (Nouwen). Lo Spirito, invece, crea uomini non competitivi, ma liberi, responsabili, creativi, capaci di rispondere alle attese di Dio e degli uomini.
Interrogativi per attualizzare
- Quale interpretazione darebbe lo Spirito delle nostre comunità ecclesiali?
- Lo Spirito rende liberi, afferma Paolo nelle sue lettere. Ma lo siamo veramente?