Commento al Vangelo per la I Domenica di Quaresima /C

Gli Evangelisti usano espressioni diverse per indicare questa azione dello Spirito Santo Gesù:
– fu «condotto», (Matth. IV, 1) dice S. Matteo;
– fu «sospinto», (Luc. IV, 1) dice S. Luca;
– fu «trasportato», (Marc. I, 12) si esprime S. Marco.

Che cosa significa questa varietà di vocaboli se non la veemenza dell’azione interiore dello Spirito nella vita di Gesù? E a quale scopo viene sospinto nel deserto?    «Per esservi tentato dal demonio»: Questa è una cosa abbastanza strana!    L’eterno Padre ha appena proclamato che Gesù è suo Figlio diletto: oggetto delle sue compiacenze ….. Lo Spirito di amore si posa sopra di Lui; ed ora questo Spirito lo getta nel deserto per esservi tentato dal demonio. Che mistero!

Per afferrarne la profondità, e prima di esporne il racconto secondo il Vangelo, dobbiamo ricordare anzitutto il posto che occupa la tentazione nella nostra vita spirituale.

Dio esige che la creatura ragionevole e libera sia sottoposta a una prova prima di essere ammessa al godimento della futura beatitudine. Occorre che questa creatura sia messa davanti a Dio e davanti alla prova.

Questa scelta, gloriosa per l’Essere infinito, è per noi il fondamento di quel merito che il Signore ricompensa con la beatitudine eterna.   Il Concilio di Trento ha definito che è Dio che ci salva, ma in modo che la salvezza sia insieme: e un dono della sua misericordia, e la ricompensa dei meriti nostri (Sess. VI, cap. 16). (La vita eterna sarà la nostra ricompensa perché, avendo dovuto scegliere, abbiamo respinta la tentazione per non aderire che a Dio; sottoposti alla prova l’abbiamo subita per rimanere fedeli alla divina volontà.) L’oro si prova nel crogiuolo; la costanza in mezzo alle tentazioni rivela l’anima degna di Dio. Questa è la nobile convinzione di ogni libera creatura.

Gli angeli per primi sono stati sottoposti alla prova. Sebbene ignoriamo esattamente in che cosa consistesse, sappiamo tuttavia che la sua natura corrispose al modo della natura angelica. (Voi sapete che gli angeli sono creature esclusivamente spirituali, i loro atti non sono come i nostri, misurati dal tempo, e possiedono inoltre una potenza, un’estensione e una profondità non raggiungibili da nessun atto umano)

Il primo uomo ADAMO è stato sottoposto alla prova. Egli ha vacillato, ha mancato, ha preferito a Dio la propria soddisfazione. Così ha trascinato tutto il genere umano nella sua ribellione, nella sua caduta e nel suo castigo.

Il secondo Adamo GESU’, viene messo alla prova. Nella sua sapienza adorabile, Dio Padre ha voluto che Gesù Cristo nostro capo e nostro modello fosse posto dinanzi alla tentazione e che, per sua libera scelta, ne riuscisse vincitore e ci insegnasse a vincere.       Esiste una ragione più profonda che riallaccia intimamente questo mistero a quello del Battesimo.    Che cosa diceva infatti Gesù al Precursore, quando questi si rifiutava di compiere il suo ministero di penitenza riguardo a Gesù? «Adesso lascia fare; ci conviene così compiere ogni giustizia» (Matth. III, 15).   Questa giustizia, consisteva per Gesù nel sottoporsi alla somma di espiazioni decretate dal Padre suo per la redenzione del genere umano (Matth. XX,28; Marc.X,45).

Dopo il peccato di Adamo, il genere umano è schiavo di Satana, ed è proprio dalle mani di Satana che Gesù Cristo lo deve salvare; è per distruggere il regno del demonio che è apparso quaggiù (I Joan. III, 8). Ecco perché da quando ha ricevuto il battesimo mediante il quale è contrassegnato come «l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo» (Ibid. I, 29) e strappa tutto il gregge alla potestà del demonio, il Verbo fatto carne entra in lizza col «principe di questo mondo» (Ibid. XIV, 30);  ecco perché lo Spirito Santo lo spinge subito nel deserto, come vi si spingeva nell’antichità il capro espiatorio carico di tutti i peccati del popolo.

Contempliamo ora il nostro capo divino alle prese con il principe degli spiriti ribelli.

Voi sapete che Gesù rimase nel deserto quaranta giorni, «in mezzo ad animali selvatici in una solitudine completa e in un digiuno assoluto» (Luc. IV, 2; Marc. I, 13). Per ben comprendere questo mistero della tentazione di Gesù, ricordiamo che Cristo è simile a noi in tutte le cose (Hebr. II, 17) eccetto il peccato.

Ora, immaginate in quale stato di debolezza è ridotto un uomo che durante quaranta giorni non ha toccato cibo.     Nostro Signore non ha voluto fare dei miracoli per annullare in sé gli effetti del digiuno; tanto è vero che il Vangelo ci narra che dopo questo periodo Gesù sentì lo stimolo della fame (Matt.IV, 2).         E certamente dopo un periodo di tempo così lungo dovette trovarsi in uno stato di spossatezza estrema.           Perciò il demonio prende occasione da questo per tentarlo.     Come noi Gesù sperimenta la fame e l’abbattimento mentre in se stesso rimane il Santo dei Santi.       Questa, che la tentazione che Cristo può subire non raggiunge la sua anima e rimane esteriore;   egli non può essere tentato che «dai principi e dalle potestà del mondo tenebroso e dagli spiriti del male» (Cf.Eph.VI,12).    Tra questi spiriti dobbiamo pensare che quegli che tentò Cristo fosse dotato di una potenza particolare, ma, per quanto meravigliosa fosse la sua intelligenza, ignorava chi fosse il Cristo.    Nessuna creatura può vedere Dio che nella visione beatifica (paradiso) di cui è privo il demonio.

Inoltre, egli non poteva conoscere il centro del mistero che costituisce in Gesù l’unione della divinità con l’umanità. Egli sospettava certamente qualche cosa, né aveva dimenticato la maledizione che pesava sopra di lui da quando Dio aveva stabilito una eterna inimicizia tra lui e la Donna MARIA, che doveva schiacciargli la testa, distruggere cioè il suo regno nelle anime; né poteva ignorare i prodigi che si erano operati dalla nascita di Gesù.      Ma questa sua scienza era incerta. Egli voleva, tentando Cristo, conoscere in modo sicuro, se era il Figlio di Dio, o almeno vedere se era possibile trionfare di Lui, perché lo riteneva senza dubbio un essere straordinario.

  1. Il tentatore si avvicina dunque a Gesù. E, vedendolo in uno stato di estrema debolezza, tenta di farlo cadere in un peccato di gola. Gesù, distrutto dalla fame, è tentato di anticipare l’ora del Padre per uno scopo tutto personale. «Se tu sei il Figlio di Dio, di’ a queste pietre che diventino pani». Che cosa risponde Gesù? Fa conoscere la sua qualità di Figlio di Dio? Compie il miracolo proposto dal diavolo? Neppure, ma si contenta di replicare con una parola della Scrittura: «L’uomo non vive solamente di pane, ma di ogni parola di Dio» (Matth. IV, 3-4; Luc. IV, 3-4).

Più tardi, durante la vita pubblica, un giorno che gli Apostoli gli porteranno del cibo,  Cristo darà una risposta analoga: «Io ho un nutrimento che voi non conoscete, cioè compiere la volontà del Padre mio» (Joan. IV, 31-32, 34). Egli aspetterà, per saziare la sua fame, che il Padre gli venga in aiuto; non anticiperà il momento stabilito dal Padre per mostrare la sua potenza; quando il Padre parlerà, ascolterà la sua voce.

  1. Vedendosi respinto, il demonio comprende di avere dinanzi a sé (se non il Figlio di Dio almeno un essere di grande santità) perciò farà uso di un’arma più pericolosa. Egli conosce meravigliosamente la natura umana; sa che coloro che sono pervenuti a un alto grado di perfezione e di unione con Dio sono superiori agli assalti dell’appetito grossolano dei sensi, ma possono lasciarsi sedurre dalle suggestioni più sottili dell’orgoglio e della presunzione; possono credersi al di sopra degli altri e pensare che, pur esponendosi volontariamente al pericolo, debbano essere oggetto da parte di Dio di una protezione specialissima.   Il demonio tenta dunque di spingere Cristo in questa via.   Usando della sua spirituale potenza, trasporta Gesù sul pinnacolo del tempio e gli dice: «Se sei il Figlio di Dio, gèttati giù, perché non vi è per te alcun pericolo: Dio ha comandato agli angeli di portarti nelle loro mani affinché tu non abbia a inciampare contro una pietra» (Matth. IV, 5-6; Luc. IV, 9-11).9

«Se Gesù è Figlio di Dio», l’apparire dall’alto e discendere così in mezzo alla folla che assiepava le piazze, quale segno meraviglioso della sua missione messianica, quale prova evidente che Dio era con lui!      E a rendere più seducente la sua suggestione il demonio l’appoggia a sua volta colla parola divina. Ma Gesù replica, in un modo sovrano, con un altro testo sacro: «È scritto ancora: Tu non tenterai con una vana presunzione il Signore Dio tuo» (Matth. IV, 7; Luc. IV, 12). Ancora una volta il demonio è vinto, e il Verbo di Dio trionfa delle sue insidie.

  1. Ecco il terzo ed ultimo assalto: il potere, il possesso: Trasportandolo sopra un’alta montagna, gli mostra tutti gl’imperi del mondo, spiega dinanzi ai suoi occhi tutte le loro ricchezze, tutto il loro splendore, tutta la loro gloria. Quale tentazione per l’ambizione di colui che si credesse il Messia!    Non era che un altro stratagemma dello spirito malvagio per conoscere finalmente chi era Colui che così potentemente gli resisteva. «Tutto questo è mio, però io te lo darò se, genuflesso, mi adorerai». Voi conoscete la risposta di Gesù, e con quale vigore respinga le suggestioni sacrileghe del maligno: «Indietro, Satana! sta scritto: non adorerai che Dio e non servirai che Lui solo» (Matth. IV, 8-10; Luc. IV, 5-8).

CONCLUSIONE

Ora il principe delle tenebre si sente completamente smascherato, e non gli resta che ritirarsi. Tuttavia, dice il Vangelo, «non si ritirò che per un certo tempo» (Luc. IV, 13). L’Evangelista indica con ciò che durante la vita pubblica il diavolo ritornerà alla carica; con i suoi ministri, se non personalmente, perseguiterà nostro Signore senza tregua: durante la Passione sopratutto si accanirà, attraverso i Farisei, intorno a Gesù (Luc. XXII, 53);  questi istigheranno la folla nel domandare che Gesù sia crocifisso (Joan. XIX, 15).   Ma voi sapete che la morte del Signore sulla croce sarà precisamente il colpo decisivo che farà crollare per sempre l’impero di Satana.

Aggiunge il Vangelo che essendosi il «tentatore ritirato, gli angeli discesero dal cielo per servire il Cristo» (Matth. IV, 11; Marc. I, 13). (Era la sensibile manifestazione dell’esaltazione accordata dal Padre a suo Figlio per essersi abbassato fino a subire in nostro nome gli attacchi del demonio. Apparvero gli angeli fedeli e servirono a Gesù quel pane che egli attendeva all’ora segnata dalla provvidenza del Padre suo.)

Se Gesù, Verbo Incarnato, Figlio di Dio, ha voluto entrare in lotta con lo spirito maligno, ci meraviglieremo noi che le membra del suo corpo mistico debbano percorrere la medesima via? Tante persone, anche pie, credono che la tentazione sia un segno di riprovazione. Invece è più spesso il contrario! Divenuti per il battesimo discepoli di Gesù, «non possiamo essere al di sopra del maestro», (Cf. Matth. X, 24; Lc VI, 40; Joan. XIII, 16;,XV, 20). «Perché eri accetto a Dio, bisognò che la tentazione ti provasse» (Tob. XII, 13). (Il demonio può tentarci, e tentarci potentemente; e quando crediamo di essere più al sicuro dai suoi colpi nelle ore della preghiera, dopo la santa comunione, pur in questi istanti benedetti, può ispirarci pensieri contro la fede, contro la speranza; istigare il nostro spirito all’indifferenza nei riguardi dei diritti di Dio;    può scatenare in noi tutte le passioni.   Egli può e non mancherà di farlo. Ancora una volta non ce ne meravigliamo, non dimentichiamo mai che Cristo, nostro modello in tutte le cose, è stato tentato in tutto, e prima di noi, e non solo tentato, ma persino toccato dallo spirito delle tenebre, avendo permesso al demonio di mettere le mani sulla sua santissima umanità.)

Padre Giuseppe Polselli,
passionista, Santa Maria di Pugliano, Paliano