Commento al Vangelo per la II Domenica di Pasqua /A

Introduzione al tema del giorno
Le letture odierne si concentrano sulla comunità pasquale, nata dall’esperienza del Risorto. Sia l’assemblea dei credenti in Cristo, descritta negli Atti, sia la presentazione dei discepoli e di Tommaso, nel Vangelo, hanno una valenza paradigmatica. Le comunità cristiane di ogni tempo sono chiamate a lasciarsi interrogare, per scoprire nei lineamenti della chiesa delle origini gli elementi costitutivi di un’autentica esperienza di fede, contrassegnata dallo Spirito del Risorto.

Per leggere e comprendere
Giovanni, in un dittico ben congegnato, presenta la stessa comunità, nello stesso luogo, in tempi diversi. A distanza di una settimana, Gesù si presenta in mezzo ai discepoli, paralizzati dalla paura dei giudei. Per due volte il narratore sottolinea la venuta di Gesù quando le porte erano sbarrate.

L’esperienza della chiusura, ad ogni livello, è evidenziata non solo dalle porte sbarrate, ma anche dai verbi di stasi che scandiscono il tempo dei discepoli. Le scene si ravvivano solo quando Gesù sta in mezzo a loro: allora, la paura si trasforma in gioia e la stasi in assunzione di responsabilità.

Nella prima scena, Gesù saluta anzitutto con l’augurio della pienezza: shalom! È il saluto che rassicura e rivela la presenza di Dio, apre gli spazi e mette in movimento. La menzione dello Spirito, soffiato sui presenti, richiama l’atto creativo, quando l’uomo, dopo che il respiro di Dio fu alitato dentro le sue narici, divenne un essere vivente. Ora, con Gesù, si realizza una creazione nuova e, all’improvviso, i discepoli si trovano fuori della prigione costruita dalla loro stessa paura, all’aperto, con la missione di annunciare il perdono di Dio. La creazione nuova apre gli spazi angusti in cui si sono rinchiusi i discepoli, delineando un orizzonte sconfinato, più rispondente all’opera dello Spirito che «spira dove vuole e ne senti il suono, ma non sai donde venga né dove vada» (Gv 3,8). Nel secondo quadro – otto giorni più tardi – entra in scena Tommaso. In un momento del cammino insieme a Gesù, aveva offerto la sua incondizionata disponibilità a seguirlo, trascinando con sé anche i compagni (Gv 11,16). Meraviglia che ora ponga precise condizioni alla sua adesione. Al pari degli altri, e forse anche di più, fatica ad entrare nella logica di un mistero che lo supera.

Anch’egli appartiene alla categoria di chi rimane chiuso nei suoi schemi e nella paura che ne consegue, ribadendo la sua personale convinzione e rivelando una fede fondata più sulla visione e sull’esperienza tangibile che sulla Parola dei testimoni. Di fronte a questa logica dell’evidenza fisica, Gesù, per ben due volte, gli intima, di rimando: non essere più incredulo, ma credente. Rifiutando la testimonianza offerta dai compagni di viaggio, Tommaso mostra di essere ancora estraneo al mistero di Gesù, con il quale aveva convissuto per anni, e diventa, così, il contro-modello della logica a cui sono chiamati, invece, tutti i lettori: «beati coloro che, pur non avendo visto, crederanno». Tommaso ha frainteso la fede, che non viaggia sulla tangibilità della visione, ma sulla parola dei testimoni.

Aver fede non vuol dire avere la certezza che le cose stanno veramente così, come le vorremmo, o come l’evidenza dimostra. Aver fede significa fare affidamento in Colui che ha scommesso sulla testimonianza di uomini fragili; una testimonianza che, di generazione in generazione, è giunta fino a noi. La Parola viaggerà sempre così fino alla fine dei tempi: lontana dallo splendore dell’evidenza; nascosta come il lievito nella pasta o il chicco di senape nel grembo della terra. Una Parola che, nonostante tutto, vivrà: non grazie alla visione, ma alla fede dei testimoni.

Interrogativi per attualizzare

  1. Quali sono le nostre porte chiuse, le strade senza uscita, i nostri vicoli ciechi…? Coltiviamo ancora la speranza di poterne uscire?
  2. Quale testimonianza di vita diamo agli uomini e alle donne che ci sono accanto nel cammino?

Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano