Commento al Vangelo per la II Domenica di Quaresima /C

“Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!” (Fil 4,1). Così si realizza quello che era stato promesso ad Abramo, come ascoltiamo nella prima lettura, quando il Signore si impegna personalmente, passando attraverso gli animali che erano stati sacrificati per concludere l’alleanza: “Alla tua discendenza io do questa terra, dal fiume d’Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate” (Gen 15,18). In questa seconda domenica del cammino quaresimale la liturgia ci presenta il mistero della trasfigurazione di Gesù. Il vangelo ci dice che “Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante” (Lc 9,28-29). La trasfigurazione è come uno squarcio di luce che permette di vedere oltre la croce, alla gloria del Signore, e nella nostra riflessione possiamo lasciarci guidare dall’icona del Cristo risorto (secolo X) che custodiamo nel Duomo di Tivoli. Nel dipinto infatti Gesù è rappresentato vestito di luce. La sottoveste è di colore oro segnato di azzurro, perché è colui che abita nell’alto dei cieli, mentre la sopravveste è oro segnato di rosso, perché colui che abita nell’alto dei cieli si è fatto carne umana nel grembo di Maria per opera dello Spirito. In questo splendore di luce ci sono i segni della passione. Il cammino verso la luce passa attraverso la croce. Ed allora ecco sui piedi il segno dei chiodi, sul volto gli zigomi gonfi come nella santa Sindone. Inoltre il Salvatore è colui che dona lo Spirito. Le labbra sono nell’atto di chi sta alitando il dono dello Spirito la sera della Pasqua. I suoi occhi: uno è rivolto verso il Padre e uno verso di noi (“chi vede me vede il Padre”). Le sue mani: la destra è benedicente alla maniera orientale, con le tre dita aperte che indicano il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo e le due dita chiuse a rappresentare l’umanità e la divinità; la sinistra tiene aperto il libro della vita, perché nella resurrezione del Signore ormai tutto è stato rivelato. Sul libro è scritto: “Io sono la luce del mondo. Chi segue me non cammina nelle tenebre ma avrà la pienezza della vita” (cfr. Gv 8,12). È il libro che ci conduce alla vera vita, alla luce che non avrà mai tramonto. Il Cristo seduto sul trono è affiancato ai lati dall’immagine di Maria e di san Giovanni Evangelista. Quest’ultimo custodisce e mostra il vangelo con il suo prologo. Possiamo dire che Giovanni è testimone della resurrezione e della promessa di Gesù, “quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché possiate essere partecipi della stessa promessa del Signore” (cfr. 1Gv 1,3). In basso vi è rappresentata una scena che richiama alla fede. Giovanni è in piedi sul fonte battesimale, alle spalle c’è la porta del paradiso con le sette lampade che indicano le sette chiese dell’Apocalisse, ovvero l’annuncio che la salvezza è aperta a tutti attraverso la grazia del battesimo, nel quale noi diventiamo partecipi della vita nuova dei figli di Dio. Quello che si è compiuto in Gesù è la promessa che Dio rivolge a tutti i suoi figli. La Pasqua ci mette davanti questa realtà di morte e di resurrezione. La morte fa parte della nostra condizione umana, ma non è l’ultima parola di Dio, la parola ultima del Signore è la gloria del risorto. Noi siamo come tralci uniti alla vite. Se davvero siamo in comunione con Gesù, se con lui entriamo nella morte, allora con lui saremo per sempre nella resurrezione. Il cammino quaresimale ci mette davanti a questo, anche nei momenti difficili che stiamo attraversando, per la pandemia e per la guerra: la promessa del Signore rimane sempre splendente, e ci dà la grazia di non bloccarci, di non cadere nello scoraggiamento, ma di poter ogni giorno, nell’ascolto del Signore, nella comunione con lui, riprendere il cammino della vita e testimoniarlo nella realtà di questo mondo ferito e smarrito. Alla destra del Salvatore c’è l’immagine di Maria, la donna della fede, colei che ha creduto. È in piedi, come la prima dei risorti. La sottoveste è rossa perché è una creatura umana, la sopravveste che la copre come un manto è azzurra, perché adombrata dallo Spirito Santo ha concepito e dato alla luce il Verbo di Dio. Le sue mani sono nell’atteggiamento di chi ascolta e custodisce nel cuore la parola di Dio. L’ultima parte dell’icona, in basso, rappresenta il momento della morte di Maria, quando il Signore viene a prenderla per condurla in Cielo insieme con sé, secondo la promessa di quella gloria, “Vado a prepararvi un posto”. La prima creatura umana che partecipa di questa realtà è Maria.

Don Fabrizio Fantini,
parroco della Cattedrale di San Lorenzo Martire in Tivoli