Commento al Vangelo per la III Domenica del Tempo Ordinario /C

È la terza domenica del Tempo Ordinario, Domenica della Parola di Dio, istituita da Papa Francesco nel 2019. E manco a farlo apposta, questa domenica, fra tutti e tre gli anni del ciclo delle letture domenicali, è proprio quella che, possiamo dire, più esalta la Parola: diventa essa stessa quasi un personaggio in ogni lettura! Perché sia nella 1ª lettura che nel brano del Vangelo prende la forma di una solenne Liturgia della Parola, proclamata prima dallo scriba Esdra e i leviti (I lettura), poi da Gesù stesso, la Parola di Dio incarnata (Vangelo).

Perciò non possiamo ignorare questa prima lettura tratta dal libro di Neemia. Per la prima volta dopo il ritorno dall’esilio, nel giorno che gli storici chiamano “il giorno di nascita del giudaismo” (dove il cuore dell’ebraismo non è più il Tempio ma il culto della Legge ossia la Torah), tutto il popolo era radunato “sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno” e “tendeva l’orecchio al libro della Legge”.

È una scena impressionante, descritta nei suoi dettagli liturgici! Esdra, stando più in alto di tutti, apre il libro e tutto il popolo si alza in piedi; poi rispondono “Amen” alzando le mani; si inginocchiano, si prostrano con la faccia a terra; i leviti leggono il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegano il senso; piangono, e il governatore stesso deve rassicurarli ed esortarli a non rattristarsi “perché la gioia del Signore è la vostra forza”!

La Parola già qui non è un semplice testo, non è una pagina scritta e muta, stampata su una pergamena morta, ma è l’ascolto di una persona viva, con la capacità di suscitare reazioni forti, di penetrare i cuori più ottusi, di squarciare i cuori più induriti! “Infatti – dirà la Lettera agli Ebrei – la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore” (Eb 4,12). E tutto questo perché? Perché l’alleanza fra Dio e il suo popolo si possa rinnovare, perché il popolo si riconcili con Dio e, come avviene in Neemia quel giorno in piazza davanti alla porta delle Acque, prometta fedeltà a quella Parola!

È sempre, infatti, un viaggio, quello che fa la Parola per arrivare ai nostri cuori, attraverso la storia della salvezza e per mezzo degli autori sacri, ciascuno con la sua cultura. Entra in noi appunto attraverso la liturgia o la lettura orante per scuoterci, convertirci e risanarci, come fa al popolo nella 1ª lettura. Ma entra in noi anche attraverso l’anno liturgico che ci fa vivere i vari aspetti del mistero di Cristo durante il tempo.

Infatti, dopo le letture del Battesimo di Gesù e delle Nozze di Cana delle prime due domeniche del Tempo Ordinario, abbiamo oggi il Signore Gesù agli inizi del suo ministero pubblico, nella sinagoga a Nazaret, “dove era cresciuto”.

Sappiamo anche che tutto l’operato di Gesù è sotto la guida dello Spirito Santo e non sorprende che lo stesso Luca che descriverà la Pentecoste negli Atti degli Apostoli ci faccia vedere l’importanza dello Spirito Santo in questa scena, nel giorno che compendia simbolicamente tutta la missione di Gesù fra grazia di Dio e rifiuto del popolo.

Dopo aver invocato lo Spirito Santo anche noi, cerchiamo di immaginare la scena nella sinagoga: è il giorno festivo di sabato e siamo nel cuore di una liturgia. Quando Gesù si alza per leggere il profeta Isaia, già è stata fatta la lettura dalla Torah. Stanno tutti in piedi. Gesù apre il rotolo e “trova il passo giusto” per lui dal libro del profeta Isaia: “Lo Spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio” (Lc 4,18a). Il Card. Bergoglio, durante una Messa crismale, nel 2008, disse che “il Signore ‘pesca’ nella Scrittura come nella vita. Così come trova il passo giusto nella Bibbia, anche nella vita quotidiana il suo sguardo trova sempre chi è vulnerabile, le sue orecchie sentono la voce di chi lo chiama…” (Buenos Aires, 2008).

Una volta proclamata la lettura, Gesù si siede. (L’omelia viene fatta da seduti.) “Nella sinagoga gli occhi di tutti erano fissi su di lui” (4,20). Attenzione qui che non è che Gesù fa la predica, non commenta la Parola ma ne afferma il suo compimento: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” (4,21). Infatti, è Gesù  stesso il compimento della Scrittura, è l’Unto di Spirito Santo mandato a portare il “lieto annuncio” ai poveri.

Ma cosa vuol dire questo? In una parola, il lieto annuncio è la relazione che si può riallacciare con Dio attraverso la Persona di Gesù: è lui la gioia della salvezza ritrovata. Arrivato lui, è arrivata la salvezza!

E l’Unzione chi è? Non “che cos’è”! Ma chi è? È lo Spirito Santo l’Unzione celeste! Lo Spirito è l’Unzione e Cristo è l’Unto! Come noi siamo cristiani, siamo quindi gli “unti”, fin dal nostro Battesimo, inviati in missione per ungere dello Spirito di Amore Misericordioso il mondo intero! Lo Spirito che unisce Gesù l’Unto al Padre unisce pure noi unti al Padre e può rendere ogni nostro gesto un compimento, una pienezza di grazia e di misericordia, come ha fatto con Gesù.

Ma si tratta anche di affinare i nostri “sensi spirituali”, sintonizzarli con Lui.

Da notare, quindi, il passaggio dagli “occhi” agli “orecchi” nella scena del Vangelo. L’assemblea era curiosa di vedere questo giovane e i loro occhi erano “fissi su di lui”, ma Gesù cosa fa? Li riconduce al primato biblico dell’ascolto (come un buon parroco che richiama l’attenzione dal foglietto della Messa alla liturgia in atto!). “Questa Scrittura che voi avete ascoltato” (letteralmente: “nei vostri orecchi”) si è compiuta oggi. Anche noi oggi siamo chiamati a passare dalla superficie delle nostre curiosità alla fede che viene dall’ascolto della Parola (Rm 10,17).

È una Parola ovviamente che va custodita vivendola, facendola diventare volontà di Dio nell’oggi di ciascuno di noi. La si deve quindi concretizzare, per evitare che venga lasciata astratta e disincarnata! Perciò, alla fine di ogni incontro con la Parola, ringraziando lo Spirito che ci ha guidati, facciamo un proposito di opera concreta (ricordiamo le opere di misericordia corporali e spirituali?) e ripetiamo nel cuore quella Parola che ci aveva colpito, più volte durante la nostra giornata. Ci aiuterà a viverla e a rimanere uniti al Verbo che vuole anche oggi venire ad abitare in mezzo a noi!

“Non sia una parola che passa velocemente appena proferita – diceva S. Bernardo, venerato come santo dalla chiesa anglicana e luterana – ma una parola concepita per dimorare, rivestita di carne e non di aria fuggente! Che essa non sia una parola scritta e muta, ma incarnata e viva; non una parola incisa a caratteri fissi su una pergamena morta, ma stampata sotto forma umana nel mio casto ventre; tracciata non da una penna, ma per opera dello Spirito Santo!”.

Per opera dello Spirito Santo, allora, lasciamo che la Parola si faccia carne in noi!

Don Piero Isola
Parroco, San Pietro Apostolo in Serrone (Fr)