Commento al Vangelo per la III Domenica di Avvento /A

Introduzione al tema del giorno

La figura di Giovanni emerge ancora una volta in questo tempo di avvento e ancora una volta ci sorprende, con una delle domande più provocanti: «sei tu colui che deve venire o ne dobbiamo aspettare un altro?». Una domanda sconvolgente, se ci pensiamo bene, perché manifesta perplessità sull’identità di Gesù e sulla presenza di Dio nel mondo. Quale uomo o quale donna, vedendo le proprie speranze smentite dagli eventi, non si è domandato: Dio è presente nel mondo? Le sue promesse sono veritiere?

Per leggere e comprendere

La domanda di Giovanni non è solo sua. Sei tu colui che deve venire? è il grosso problema di chi fatica a riconoscere i segni della presenza del Messia di Dio nella storia; ed è la domanda di senso che ogni credente, prima o poi – nel vortice della propria esistenza o della storia del mondo – rivolge al Signore. Al pari del Battista, il credente si trova spesso, nella totale incertezza, quando si tratta di interpretare una Presenza messianica nella vita dell’uomo e del mondo. Perché – a ben guardare – i motivi che inducono a non credere sono altrettanto forti di quelli che spingono l’uomo alla fede.

La risposta di Gesù rimanda alla Scrittura, e precisamente al passo del profeta Isaia dove si parla dell’Unto di Jhwh, come di colui che evangelizza i poveri, fascia le ferite dei cuori spezzati, libera schiavi e prigionieri dal carcere e dall’oppressione (Is 61,1-2). In questo rimando alla scrittura sottolinerei due elementi. Il primo consiste nel fatto che la manifestazione di Dio nel mondo è comprensibile a partire dalla Parola. La chiave di lettura della Presenza divina non sono le attese personali, ma la Parola di Dio. La delusione del credente dipende spesso da attese poco affini, poco rispondenti al sentire di Dio stesso.

Nella citazione di Matteo, tuttavia, risalta un secondo elemento di particolare spessore: si parla delle opere messianiche in favore delle pietre scartate, in favore di coloro che nella società non sono presi affatto in considerazione. Giovanni, i discepoli e tutti noi lettori di ogni tempo siamo chiamati, dunque, ad accettare lo scandalo e a scrutare i grandi segni della Presenza di Dio nelle periferie dell’esistenza: in ciò che, agli occhi del mondo, appare meschino e di poco conto. Aprirsi a una manifestazione totalmente nuova del Regno non doveva essere facile per Giovanni, che aspettava il giudice con la scure, un giustiziere che avrebbe fatto giustizia di un mondo perverso. Nella scoperta di Dio, il credente è chiamato costantemente ad andare “oltre”: credere significa dar credito a un Dio che si manifesta al di là delle aspettative umane. Lo stesso fallimento e la delusione che si provano davanti alle attese deluse deve spingere l’uomo ad andare oltre: certi passaggi critici della vita hanno il potere di condurci verso altri lidi, verso altre mete, per lo più nascoste alla nostra piccola immaginazione, ma non alla Sapienza di Dio che tutto riconduce sotto il suo disegno di amore.

È proprio in questa linea che va interpretato il successivo elogio che Gesù fa del Battista davanti alle folle. Giovanni, pur in mezzo a perplessità e delusioni, manifesta comunque una serietà di ricerca di Dio autentica. Giovanni non è un uomo di palazzo e di prestigio, e neppure una di quelle molli figure che attirano per la loro ambiguità e il loro potere mediatico. La grandezza di Giovanni risiede nel prendere sul serio la Verità di Dio, trasformandola in autenticità di vita.

Interrogativi per attualizzare

  1. Qual è il nostro atteggiamento di fronte ai fallimenti, alle crisi, agli insuccessi che ci accompagnano nella vita? Abbiamo il coraggio di credere ancora?
  2. Qual è il rapporto che abbiamo con la Parola di Dio? È ancora un costante punto di riferimento oppure è qualcosa di periferico nella nostra vita cristiana?

Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano