Il brano del Vangelo di Giovanni, nella terza domenica di Pasqua, ci racconta di un episodio avvenuto sulle rive del lago di Tiberiade; là dove tutto è cominciato.
A pochi giorni di distanza dalla risurrezione, Pietro e alcuni altri discepoli sono tornati alla loro vita di un tempo, in quegli stessi posti dove hanno incontrato e poi seguito Gesù di Nazaret.
Sono stati con Gesù, ma andare con Gesù non significa automaticamente seguirlo, si può stare insieme una vita intera pur rimanendo separati, fare la stessa strada con desideri, sogni, paure e progetti diversi. Gesù è ben oltre e ben altro dei sogni e delle paure di Pietro e degli altri discepoli.
Gesù ha chiamato Pietro da quel lago, da quella barca, a diventare pescatore di uomini, poi è morto in croce e tutto sembra finito, per questo dice: “io vado a pescare”, gli altri lo seguono: “veniamo con te”.
Non basta voler pescare, non basta uscire insieme e salire sulla barca. Infatti “non presero nulla”. Non è un caso! Forse alla mente ritorna quella parola che il Maestro aveva detto nei discorsi dell’ultima cena: “senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5). Senza il Risorto possiamo sforzarci quanto vogliamo, rimaniamo solo dei poveri uomini, che nelle difficoltà si disperano per le loro mani vuote, per non riuscire mai a stringere qualcosa di duraturo e totalizzante per la vita.
Tuttavia da questo epilogo ci giunge una lieta notizia: Dio non si arrende mai.
È proprio mentre vivono la delusione di ritrovarsi con le mani vuote che incontrano ancora una volta il risorto. Il Signore si presenta sulla riva del lago nell’ora in cui la notte sta sul punto di arrendersi alla luce che avanza. Li invita a gettare nuovamente la rete, ma dal lato opposto, e ridesta in loro la speranza, suggerendo la possibilità di un nuovo inizio. La sovrabbondanza della pesca permette al discepolo amato di riconoscere Gesù, che non conosce limiti e calcoli nel suo dono di amore: “È il Signore!”. Simon Pietro si butta prontamente in mare. Bellissimo!
Dopo una notte di dura e inutile fatica, all’alba qualcuno ci offre del pane e ci invita a mangiare con lui sulla riva del lago. Condividere il pane è il primo gesto che il Signore ci offre e ci insegna a fare. Un’espressione concreta del suo modo di prendersi cura di quanti ama. Il dono del Signore non esclude la nostra collaborazione, anzi è lui stesso che la chiede: portate un po’ di pesce che avete preso or ora (21,10). Vuole aggiungere al suo dono il frutto del nostro lavoro, della nostra missione.
Finita la colazione, Gesù si rivolge a Pietro con una domanda sorprendente e un po’ imbarazzante. Per tre volte chiede a Pietro conto del suo amore per lui, e lo fa con una tenerezza disarmante. Alla sua richiesta di amore, Pietro risponde con timidezza, è disponibile a volergli bene come amico. Gesù sembra volere di più, ma in realtà, vuole solo quello che Pietro è in grado di dargli, in quel momento. Come se gli dicesse: qualunque sia la tua capacità di amare, amami completamente nel tuo servizio ai fratelli, nel tuo ministero evangelico.
Il Risorto riabilita Pietro e il suo ruolo nella comunità ecclesiale fondato sull’amore e sulla sequela. Pietro si lascia guardare da Gesù fino in fondo all’anima, fa l’esperienza di essere amato e perdonato e si affida totalmente al suo Signore.
Gesù gli affida i piccoli, i poveri, gli ultimi. Se davvero mi sei amico e mi vuoi bene, comincia da loro, prenditi cura di loro. Lo invita a costruire legami di cura e di attenzione, a farsi servitore dentro la storia di una umanità povera di umanità, provata e in affanno. Gli chiede di confermare nella fede tutti i suoi fratelli e le sue sorelle. Proclamando a se stesso e a tutti che la salvezza e una storia redenta non saranno la somma delle nostre virtù, ma il desiderio di Dio di esserci padre, sempre e comunque.
Gesù termina il discorso dicendogli: «Seguimi».
Questo è un invito rivolto anche a noi, sia quando rispondiamo con fede alla sua chiamata, sia quando neghiamo persino di conoscerlo. Anzi, forse è proprio quando lo rinneghiamo, quando tocchiamo il fondo delle nostre infedeltà, che il Signore si fa vicino, con un fuoco acceso per riscaldarci e un po’ di quel pesce che credevamo di poter pescare senza di lui. Perciò, se anche dovessimo rispondere con affetto di amicizia, come Pietro, alla sua richiesta di amore, non dobbiamo temere che Dio si allontani; c’è solo una cosa di cui dobbiamo aver paura: non saper rispondere al suo ultimo invito: «Seguimi».
Nazzareno Tomassi,
membro dell’équipe del Servizio di Apostolato biblico