Introduzione al tema del giorno
Le tre letture odierne presentano un tema omogeneo e ricorrente in queste prime domeniche del tempo ordinario: la comunità dei credenti come comunità di poveri e di miti, la cui identità non viene definita sulla base di un sistema efficiente di relazioni e di successi, ma sulla base dell’unica relazione fondamentale che conta: il Regno e la sua giustizia.
Per leggere e comprendere
Le beatitudini di Matteo assumono la configurazione di un manifesto programmatico. In effetti, l’evangelista le pone all’inizio del primo grande discorso di Gesù, “il discorso della montagna”, che solo la nostra innata tendenza a rimuovere quanto potrebbe metterci in questione ha trasformato in un messaggio innocuo. In realtà «beati i poveri, i miti, i misericordiosi, i perseguitati…» porta in sé dei germi rivoluzionari, perché rovescia l’ordine esistente, additando come protagonisti della storia della salvezza non le categorie baciate dalla fortuna o dalla fama, ma coloro che, agli occhi dei più, sono dei perdenti. In Gesù, Matteo annuncia il capovolgimento: i perdenti diventano i beneficiari della salvezza messianica. Non per una sorta di meccanismo automatico – perché nel discorso del monte nessuno stato economico-sociale viene beatificato o condannato per se stesso – ma per una sorta di capovolgimento dei criteri con cui gli uomini valutano eventi e situazioni.
La destabilizzazione che produce l’accostamento tra beatitudine da una parte e carenza umana dall’altra è intenzionale: vuole provocare nel lettore uno shock, lo shock della logica del Regno. Si tratta di un rovesciamento prospettico, per cui la vera pietra d’angolo della comunità messianica, il compasso dei costruttori della chiesa di Cristo sono proprio loro, le pietre che il mondo scarta: la pietra scartata dai costruttori diviene testata d’angolo (Mt 21,42).
Sin da questo primo discorso del Vangelo di Matteo, i lettori sono messi a confronto con una visuale alternativa alle categorie mondane. Il mondo vive dei suoi miti: il compasso dei costruttori del saeculum non è la mitezza o la misericordia. Gesù capovolge le categorie. Troppe volte la chiesa si è mossa secondo il compasso dei costruttori di questo mondo. Troppe volte – lo diceva già san Bernardo nove secoli fa – la chiesa ha misurato la sua fedeltà più con i criteri di Giustiniano che con quelli offerti dal discorso della montagna. Ha dimenticato di essere fondata su una pietra scartata dai costruttori. Dicendo «Beati i poveri in spirito», Gesù non beatifica la condizione materiale di povertà e non beatifica la passività di fronte alle ingiustizie. Al contrario! I poveri in spirito sono dei contestatori, perché rispondono con mitezza alle ingiustizie, si adoperano per la pace, fanno uso della misericordia nel giudicare, si sforzano di stabilire il giusto rapporto con gli uomini e con Dio e cercano la purezza di cuore nella rispondenza delle loro azioni al loro pensiero. I poveri in spirito sono i creatori del mondo nuovo, i testimoni del Regno. Perché il Regno dei cieli, di cui si parla nelle beatitudini, non è altro che il pane che abbiamo condiviso, la mano tesa al nemico, l’atto di violenza che abbiamo impedito, la concordia che abbiamo favorito, il sorriso che abbiamo donato.
Ancora studente di giurisprudenza a Londra, Gandhi rimase talmente conquistato da questa prospettiva che commentò dicendo: «… è stato grazie a questo discorso che mi sono affezionato a Gesù». Subito dopo però aggiunse: «in Occidente questo messaggio fondamentale ha subito varie deformazioni… Molto di ciò che viene considerato cristianesimo è una negazione del discorso della montagna». Una provocazione, quella di Mahatma Gandhi, che ci interpella tutti.
Interrogativi per attualizzare
Noi e le nostre comunità abbiamo veramente compreso la portata rivoluzionaria del passo evangelico odierno? Quali risposte abbiamo dato e diamo?
Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano