Introduzione al tema del giorno
Alle soglie del Natale, la liturgia ci offre ancora la possibilità di riflettere sul tema che ha costituito il filo rosso di tutto il tempo di avvento: la fedeltà divina che non viene meno. Di fronte all’inadeguatezza e all’ottusità dell’uomo, Dio si mostra sempre e comunque come Colui che rimane. Questa bella definizione di Dio trova la sua giustificazione nell’agire costante di Dio in favore del suo popolo, in contrasto con il costante altalenarsi delle promesse e dei progetti umani.
Per leggere e comprendere
Il racconto della concezione di Gesù presenta ancora una volta – come al tempo di Acaz di cui riferisce la prima lettura – l’intervento sconvolgente di Dio nella storia dell’uomo. Nel Vangelo si tratta della vita di due giovani sposi. Il racconto è scarno, tanto da sembrare freddo di fronte a un evento straordinariamente scioccante. Eppure, l’attenzione sull’essenziale ha un vantaggio: il lettore è portato a confrontarsi con i personaggi che emergono con chiarezza dal racconto.
In primo piano è il bambino che sta per nascere. L’accento è posto sul “nome” che, nell’oriente antico, è tutt’altro che un elemento aggiunto o una convenzionale formalità. Esso esprime l’identità di chi lo porta, il suo senso nel piano divino e la sua missione. Il primo nome di cui ci parla il brano evangelico è Gesù, che significa Jhwh è salvezza. Nel fondo di questo comune nome ebreo c’è la storia di un popolo, nella quale Dio si è manifestato più e più volte come liberatore, guaritore, riconciliatore, in una parola come Colui che salva. Il Dio che si manifesta in Gesù sarà il Dio che viene in aiuto, il Dio che fa uscire l’uomo dalle lacerazioni inflitte dal peccato e dalla morte. Non a caso il testo di Matteo, subito dopo il nome Gesù, aggiunge: perché salverà il suo popolo dai suoi peccati. Ecco la missione di Gesù: là dove l’uomo è lacerato, Dio si manifesta, sempre!
Il secondo nome del nascituro sorprende: perché un altro nome, quando ce n’è già uno? La sua presenza non è dettata dalla logica, ma dall’importanza che l’evangelista gli attribuisce: Emmanuele richiama la vicinanza di Dio a un popolo ribelle e peccatore. Nel deserto, Israele si era interrogato: Dio è in mezzo a noi, sì o no? La sensazione è che anche la comunità matteana sia tentata di negare o di ignorare la presenza di Gesù, poiché non solo l’inizio, ma anche la chiusura del Vangelo richiama lo stesso tema: Io sono con voi tutti i giorni fino alla consumazione dell’evo (Mt 28,20). Nell’ultima pagina del suo Vangelo, Matteo ritorna sul tema del Dio-con-noi: si tratta senza dubbio di una promessa di consolazione di fronte ai discepoli che dubitano: nella fortuna e nella disfatta, nel peccato e nella fedeltà, nella vita e nella morte, … Dio sarà sempre un Dio-con-l’uomo, un Dio-per-l’uomo. Ma è anche un invito per cristiani distratti, che non sanno più leggere i segni di Dio nella storia. Se Gesù è il segno che Dio ha scelto per stare in mezzo agli uomini senza pentimento, allora dobbiamo re-imparare a leggere la nostra storia, con i suoi successi e i suoi fallimenti, alla luce di questa fondamentale verità: Dio ha scelto e non si pente.
Ed è proprio questo che ci insegna la “giustizia” di Giuseppe, il secondo personaggio di questo brano evangelico. Nello scandalo di una vita che si schiude nel seno della sua sposa, senza il suo intervento, Giuseppe impara a conoscere e a ri-conoscere le vie di Dio e il suo grande mistero. È un uomo “giusto”: la sua notte è la notte di chi abbandona il suo personale progetto d’amore per fare spazio al Progetto di Dio.
Interrogativi per attualizzare
- Il Natale si avvicina e la Parola dà spazio all’intervento di Dio nella storia umana. Proviamo a riconoscere, come Giuseppe, l’agire di Dio nelle nostre vicende personali e nelle vicende del mondo.
- Cosa fare per testimoniare un Natale vero, senza balocchi e illusioni?
Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano