Il brano del Vangelo di questa domenica è una parte del capitolo 10 di Giovanni.
In tutto questo capitolo l’evangelista testimonia la parola di Gesù: “Io sono il Pastore Bello”, cioè il custode del gregge di Dio che si espone (ci mette la faccia), si dispone (fa la volontà del Padre di fronte a tutte le conseguenze) e depone (consegna la sua vita) tutto se stesso nella difesa del gregge, a differenza del ladro.
Gesù si definisce anche “Porta del recinto”, cioè si fa apertura verso tutti quelli che sono nel gregge e verso tutti coloro che ancora ne sono fuori, per lasciar entrare tutti e trovare in lui pascolo.
Nella quarta domenica di Pasqua la liturgia domenicale ci offre sempre una parte del capitolo 10 di Giovanni, per questo la brevissima sintesi ci introduce al vangelo di questa domenica. Gesù ricorda a coloro che lo ascoltano di essere la Voce che le pecore riconoscono e seguono.
La voce è un elemento importantissimo per entrare in relazione, attraverso il dialogo tutti noi cresciamo: soprattutto è la voce di chi ci chiama per nome a farci sentire amati e protetti. Fin da bambini noi tutti necessitiamo di essere chiamati, per questo riceviamo e riconosciamo l’amore. Seguendo Gesù, ci alleniamo a volgere le nostre orecchie all’amore grandissimo di Dio, che ci chiama per primo e non ci lascia perdere, neanche quando noi vogliamo stare lontani da Lui.
Come ci ricorda il vangelo, nessuno ci strapperà dalla mano di Gesù, anche quando ci sembra di stare lontani da lui. Gesù, come ci ricorda l’inizio della Parabola della Misericordia (Lc 15), è colui che va in cerca della pecora perduta, la quale si lascia trovare, prendere sulle spalle ed entrare nella grande festa! Questi due brani, il capitolo 10 di Giovanni e il capitolo 15 di Luca, ci dicono entrambi di un Dio che fa di tutto per custodirci, per amarci, per ritrovarci, per accoglierci a braccia aperte, per far festa con noi, per difenderci da chi non vuole la nostra felicità. Oggi, riconoscendo la “necessità” di Dio di amarci, riconosciamo in simultanea il nostro bisogno di essere attratti da un Padre che dona se stesso ogni giorno per noi.
Questa grande “motivazione” è la caratteristica della “vocazione”, cioè della nostra accoglienza della volontà di Dio riconosciuta, accettata e praticata, attraverso l’esercizio del nostro stato di vita (nel sacramento dell’Ordine, nel sacramento del Matrimonio, nella vita consacrata con l’impegno dei consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza, nell’impegno ecclesiale e sociale, nella vita a servizio del più povero, debole e fragile). La Chiesa in questa domenica prega per ogni vocazione affinché ogni uomo e donna siano sempre in ascolto della voce di Dio e si spendano nel mettere in pratica quanto ascoltato. Come ci testimoniano Paolo e Barnaba nella prima lettura, non possiamo tacere sulle grandi opere che Dio compie in noi; come coloro che tengono in mano i rami di palma, nella visione dell’Apocalisse, acclamiamo al vero Re, l’Agnello morto e risorto, ritto in piedi che ci dona tutto se stesso. E Gesù è Pastore proprio perché è l’Agnello, che ha preso su di sé tutto il male del mondo.
Alleniamoci ad ascoltare la Voce, realizziamo la nostra Vocazione, amiamoci gli uni gli altri come Gesù.
Don Paolo Ravicini,
vicario parrocchiale in San Sisto Papa in Villa Adriana