Introduzione al tema del giorno
Nelle letture odierne viene proposto un tema che percorre tutta la Bibbia e si rivela uno dei più stimolanti, perché concerne l’agire stesso di Dio, le sue scelte paradossali e incomprensibili, la sua sapienza impenetrabile. La scelta del re Davide e la guarigione di un anonimo personaggio, cieco fin dalla nascita, sono solo apparentemente difformi e distanti. In realtà ci troviamo davanti allo stesso stile che, in un caso e nell’altro, è inconfondibile e paradossale, perché rivela i criteri di valutazione divini, così diversi da quelli umani.
Per leggere e comprendere
Il racconto del cieco nato è uno dei più affascinanti del vangelo di Giovanni, non solo per una trama narrativa avvincente e ben strutturata, ma soprattutto perché in esso le categorie di pensiero vengono ribaltate, le ipocrisie svelate, i luoghi comuni messi in discussione. Nella narrazione si possono riconoscere quattro gruppi emblematici, rappresentanti di altrettanti atteggiamenti umani davanti al mistero di Dio che si manifesta nel Signore Gesù. Il centro d’interesse del racconto non è il miracolo in sé, ma la persona di Gesù, con il suo mistero, la sua identità, la sua provenienza. In una parola, non è tanto la straordinaria guarigione che interessa – che infatti è sbrigata con poche battute iniziali – ma il suo significato per l’uomo che cerca Dio. Analizzati in questa luce, i quattro gruppi descritti nel racconto sono molto significativi.
Il primo è rappresentato da coloro che il testo presenta come i vicini del cieco e quanti lo avevano conosciuto prima, quando era mendicante, i quali fanno domande ma non si interrogano. Essi rappresentano coloro che, davanti al mistero di Dio e della vita, non si lasciano interpellare veramente, attratti come sono dalle curiosità di superficie: cosa è successo, come…? Sono i rappresentanti del “bla-bla”, perché non si pongono mai domande serie, non vanno mai alla radice dei problemi, ma rimangono in superficie: guardano senza vedere, sentono senza ascoltare, parlano senza sapere.
Il secondo gruppo è costituito dai farisei, che si interrogano, ma non credono. I farisei rappresentano coloro che credono di essere sapienti, giudicando e disprezzando gli altri: «tu vuoi insegnare a noi?». Sono i veri ciechi e i veri sordi, perché – a differenza di un analfabeta, cieco dalla nascita – si chiudono nella propria arroganza. Hanno l’abitudine di interrogare gli altri, ma non se stessi. Hanno la sicurezza dei presuntuosi.
Il terzo gruppo è costituito dai genitori del cieco, che credono, ma non testimoniano «per paura dei giudei, perché questi avevano decretato che, se uno riconosceva Gesù come Messia, fosse cacciato dalla sinagoga». Sono i rappresentanti dei cristiani che non testimoniano, irretiti dalla paura. Persone anche sensibili, ma senza coraggio. Esse danno più importanza ai pareri degli uomini che a quelli di Dio e mancano della libertà dei figli. Non hanno compreso fino in fondo che il Regno è libertà.
Il quarto gruppo è rappresentato dall’uomo cieco dalla nascita, che – a differenza di tutti gli altri – si interroga, crede e testimonia. Il cammino di fede di questo accattone è di una potenza strabiliante: un modello per tutti. Non a caso, nelle prime comunità cristiane, il racconto veniva letto ai catecumeni che si preparavano al battesimo. Il suo cammino di fede parte dalla totale cecità per arrivare alla visione di Gesù come Signore. «Io credo, Signore» è l’ultima parola del racconto e «si prostrò adorandolo» il suo ultimo gesto. È la sapienza degli analfabeti e dei piccoli che mette in scacco la presunzione di tutti coloro che hanno il sapere, ma non l’amore.
Interrogativi per attualizzare
1. In quale gruppo mi riconosco tra quelli sopra elencati? Perché?
2. Proviamo a confrontare il cammino del cieco nato con il nostro. Ci riconosciamo?
Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano