Commento al Vangelo per la IV Domenica di Quaresima /C

Un padre e due figli molto diversi. Entrambi non hanno compreso il cuore del padre. Per il minore il padre è la negazione della sua libertà e felicità, per cui bisogna rompere con lui. La sua richiesta di avere la sua parte di eredità, volendo godere già ora dei beni che gli sarebbero spettati solo dopo la morte del padre, è in pratica una dichiarazione che per lui il padre è come se non esistesse più. Per il figlio maggiore, invece, il padre è un padre padrone. È sempre rimasto nella casa del padre, ma non ha mai ascoltato i desideri del suo cuore.

Entrambi i figli condividono anche un anelito di vita, desiderano quella gioia e pienezza che solo Dio può donare al nostro cuore. Il minore la ricerca illusoriamente in una vita dissoluta che non solo si rivela ingannevole, ma anche ottiene l’effetto opposto di quanto sperato. Anche il figlio maggiore desidera la gioia, ma non ha mai avuto il coraggio di usare dei beni del padre per far festa con gli amici. Pur facendo cose buone non ha vissuto da figlio, ha vissuto come uno schiavo.

Il figlio minore finalmente conosce il vero cuore del padre nell’abbraccio misericordioso, nell’esperienza della gioia del padre di riaccogliere il suo figlio che si era “perduto ed è stato ritrovato”. Il figlio maggiore, invece, non perviene a questa conoscenza del cuore del padre perché resiste all’accoglienza del fratello, rimane chiuso nella sua fredda giustizia, incapace di misericordia e di perdono.

Questa parabola interpella il nostro vivere da figli nel Figlio: abbiamo davvero compreso i desideri del cuore del Padre che non ha figli da perdere? Che ci ha dato il Figlio prediletto che è morto per noi perché capiamo che ognuno di noi, come ogni altro uomo, è per lui prezioso? E quindi desidera che ci accogliamo vicendevolmente con la misericordia che lui ci ha mostrato?

Quando il cristiano ha nel profondo del cuore la certezza e l’esperienza di essere amato da Dio, perché lo Spirito Santo glielo testimonia, allora la sua vita diventa davvero una festa. Il cristiano è uno che porta la festa nel cuore e, dovunque va, la porta agli altri. Una festa nella quale non il vitello grasso viene ucciso, ma la carne di Gesù ci è data da mangiare nel banchetto festoso dell’Eucarestia.

p. Michele Babuin
Superiore degli Oblati di Maria Vergine, Santuario San Vittorino Romano