Introduzione al tema del giorno
Leggendo i testi neotestamentari sulla “cena del Signore”, si nota che essi sono frutto di un lungo cammino che, partendo dalla pasqua celebrata da Gesù con i suoi discepoli, passa attraverso la “memoria” delle prime comunità cristiane, per concludersi poi nei racconti scritti da Paolo e dai sinottici. Alla luce di questo processo, si può ben dire che la comunità cristiana è nata, e nasce continuamente, attorno alla mensa eucaristica. Per questa ragione nel concilio Vaticano II, a più riprese, l’eucaristia è stata definita “fonte e culmine” della vita cristiana. Ciò significa che, se l’eucaristia non esaurisce di certo il compito della chiesa, ne è tuttavia il centro gravitazionale, ciò che fa della chiesa un popolo in cammino nella storia, verso la pienezza di vita. L’eucaristia diventa così memoriale, viatico per il cammino, banchetto di comunione fraterna e pregustazione del convito futuro. Tutti motivi che ritroviamo nelle letture bibliche della festa del Corpo e Sangue di Cristo.
Per leggere e comprendere
La moltiplicazione dei pani è l’unico prodigio ricordato da tutti e quattro gli evangelisti, in sei redazioni diverse, perché Marco e Matteo ne danno addirittura una seconda versione. Ciò indica la portata che questo evento assunse presso le prime comunità cristiane, non tanto per quanto accadde (è difficile risalire al concreto momento storico e alle circostanze reali della vicenda), ma per ciò che esso significò nella vita cristiana e nell’attesa del futuro escatologico. Percepire le diverse simbologie di questo racconto diventa perciò fondamentale per svelarne l’autentico significato.
Il racconto inizia all’insegna di una carenza. Luca nota che il giorno cominciava a declinare, il luogo era deserto e non c’era pane. All’origine di un intervento divino abbiamo spesso nella Bibbia una mancanza o una impossibilità umana: così avvenne per Abramo, vecchio e con la moglie sterile; così fu per il popolo d’Israele oppresso dal potere del faraone; così avvenne per Elia nel deserto, stanco e pronto a morire; così si dice nel libro di Rut, quando una carestia costrinse Elimeleck e la moglie Noemi a trasferirsi nel paese di Moab. Potremmo continuare: la privazione diviene la condizione attraverso cui emerge in primo piano la potente azione divina. Perché non dimentichiamo che la fede va misurata anzitutto con il compasso di chi non ha e di coloro per i quali l’attesa si chiama pane da mangiare, acqua da bere, vestito da indossare, piaga da guarire.
«Date loro voi da mangiare» non deve essere giudicata una mancanza di realismo da parte di Gesù. Sullo sfondo c’è l’episodio riportato dal secondo libro dei Re, dove il profeta Eliseo dà un ordine analogo al suo servitore, sapendo lui stesso che sarebbe stato il Signore a provvedere. Per gli apostoli il poco (cinque pani e due pesci) non basta. Per Gesù, invece, il poco basta a chi crede nell’onnipotenza divina e nella forza dell’amore. In fondo, l’uomo ha sempre poco tra le mani, se messo in relazione alle necessità del mondo: poco denaro, poca speranza, poco coraggio, poca luce…
Ma il poco basta, quando è fecondato dalla potenza della fede e dal desiderio di condivisione. Di fronte alla cecità degli apostoli, Gesù stringe nelle mani il poco dell’uomo: prende il pane, alza lo sguardo al cielo, pronuncia la preghiera di benedizione, spezza i doni e li offre… In questi gesti il miracolo diventa segno di salvezza e il convito diventa pasto della nuova alleanza, dono condiviso per il bene del mondo e della chiesa.
Interrogativi per attualizzare
- Cosa è diventata la celebrazione eucaristica nelle nostre comunità ecclesiali? È ancora il centro e l’impulso di ogni altra attività comunitaria?
- Perché tanta stanchezza nelle nostre celebrazioni eucaristiche? Come fare per rinnovarle e vitalizzarle?
Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano