Commento al Vangelo per la Solennità del Corpo e Sangue di Cristo /B

La festa del Corpo del Signore (Messale di Pio V), o solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Messale di S. Paolo VI), come la solennità della TriUnità di Dio celebrata domenica scorsa è tardiva. Infatti, è stata istituita nel XIII secolo, e nel secolo seguente ha faticato a imporsi in occidente, restando invece sempre sconosciuta nella tradizione ortodossa. L’intenzione della Chiesa è quella di proporre, fuori del triduo pasquale, la contemplazione, l’adorazione e la celebrazione del mistero eucaristico del quale viene fatto memoria il Giovedì Santo. Il brano evangelico racconta l’ultima cena che Marco struttura sul capitolo 24 dell’Esodo, ove è descritta la ratifica dell’alleanza del popolo con Dio. “Mosè prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Prese il sangue, ne asperse il popolo, dicendo: “Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole”. (Es 24,4-8). È da tener presente questo parametro per comprendere quello che ci scrive l’evangelista.

“Mentre mangiavano prese un pane, recitò la benedizione, lo spezzò, lo diede loro dicendo: prendete, questo è il mio corpo: nella cena Gesù fa dei gesti e dice alcune parole sul pane e sul vino. Di questa scena abbiamo quattro racconti, tre nei vangeli sinottici e uno nella Prima lettera ai Corinzi, racconti che riportano parole tra loro un po’ diverse, a testimonianza di come non si tratti di formule magiche da ripetersi tali e quali, ma di parole che manifestano l’intenzione di Gesù e spiegano i suoi gesti. Le prime comunità cristiane, volendo restare fedeli all’intenzione di Gesù, hanno ripreso i suoi gesti, e da allora la cena del Signore è sempre e dovunque celebrata così nelle chiese. Non è scrittoprese il pane’, che avrebbe indicato il pane azzimo che si mangiava durante la cena pasquale, ma “un pane”. In questo modo l’evangelista evita qualunque riferimento alla cena pasquale. Gesù non ripete un rito antico, ma sta facendo qualcosa di completamente nuovo. Nell’antica alleanza Mosè ha presentato il libro della legge che conteneva la volontà di Dio; con Gesù inizia un’epoca nuova di rapporto con Dio.  Il credente, con Gesù, non è più come colui che nell’antica alleanza obbediva alle leggi del suo Signore, ma colui che accoglie l’amore del suo Signore. È significativo soprattutto il gesto dello spezzare il pane (che già nei profeti indicava condividere il pane con i poveri, i bisognosi e gli affamati) che esprime la condivisione di ciò che fa vivere, che manifesta la comunione tra tutti quelli che mangiano lo stesso pane. Ecco perché il primo nome dato all’Eucaristia dai discepoli e dai cristiani delle origini è “frazione del pane”. Quanto alle parole che accompagnano il gesto: “Prendete, questo è il mio corpo, esse vogliono significare che Gesù dona la sua intera persona ai discepoli i quali, mangiando quel pane, si fanno partecipi della sua vita spesa e consegnata per amore, “fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,8). In questo modo Gesù spiega in anticipo e in piena libertà, con gesti e parole, ciò che accadrà di lì a poco: la sua morte è un dono agli uomini e un’offerta a Dio.

Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti: mentre prima per il pane l’evangelista ha adoperato il verbo ‘benedire’ (euloghèo), conosciuto nel mondo ebraico, per il calice usa il verbo ‘ringraziare’ (eucaristèo), da cui deriva poi la parola Eucaristia.  Perché ha usato questi due verbi differenti e non uno solo ‘benedire’ entrambe le volte? L’evangelista si rifà alle due moltiplicazioni dei pani. Nella prima, in terra ebraica, Gesù benedì il pane (Mc 6,41); nella seconda, in terra pagana, Gesù rese grazie (Mc 8,6). In questo Vangelo Gesù offre un pane, ma non la coppa; al contrario, non viene detto che i discepoli mangino il pane, mentre viene sottolineato che tutti bevvero dalla coppa. Questi dati indicano che “mangiare il pane” e “bere dalla coppa” sono atti inseparabili; cioè che non si può accettare la vita di Gesù senza accettare la sua donazione di sé fino alla fine e il fatto che l’impegno di chi segue Gesù include una dedizione come la sua, per causa sua e del Vangelo. In questo modo la partecipazione all’Eucaristia rinnova l’impegno preso nel Battesimo di seguire Gesù fino alla fine.

Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti”: alla dichiarazione di Mosè al momento di aspergere con il sangue il popolo: “Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi” (Es 24,8) corrispondono le parole di Gesù: “Questo è il sangue dell’alleanza mia”. C’è, quindi, una alleanza di Gesù che rinnova, trasformando e realizzando pienamente l’antica. Mosè asperse con il sangue il popolo e l’altare, esprimendo l’unione di Dio con Israele. Nella cena, invece, il vino/sangue viene bevuto; la sua penetrazione                                              

nell’interno dell’uomo esprime la comunicazione dello Spirito, forza divina che mette in grado di vivere la proposta di Gesù. Inoltre, il sangue di Gesù non viene sparso solo per Israele, ma per molti/tutti.

“In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio”: Gesù termina con una affermazione solenne alludendo alla imminente fine della sua vita. Egli non menziona il vino ma il frutto della vite che ha un significato figurato. Il frutto dell’antica vite (Israele): l’amore verso Dio e l’amore verso il prossimo che Gesù ha sperimentato nella sua vita, sta per concludersi. L’astinenza finirà nel giorno della sua morte/esaltazione, quando darà lo Spirito (emisit Spiritum). Il vino/amore nuovo sarà l’amore dimostrato da Gesù nel dono totale e incondizionato di sé, e che devono dimostrare anche i suoi seguaci. Poiché il vino è il simbolo dell’amore, il vino nuovo che Gesù berrà nel Regno di Dio è quello che gli viene offerto dalla sua comunità in risposta al suo amore. L’amore è reciproco: egli dà il suo vino-amore ai suoi nell’Eucaristia e berrà il vino-amore che i suoi gli offrono in risposta a quello che hanno ricevuto da lui. La comunità cristiana, quindi, è la primizia del Regno di Dio; in essa Gesù berrà, dopo la sua morte, il vino nuovo, l’amore che gli verrà offerto dai suoi seguaci, in risposta al suo, che trasformerà il mondo.

Padre Carlo Cautillo, CP,
Santa Maria di Pugliano, Paliano