Introduzione al tema del giorno
La crescita del numero dei credenti in Cristo (prima lettura degli Atti) e la comunione nella casa del Padre (Vangelo) sono solo apparentemente temi distanti. In verità, ambedue parlano dell’importanza di trovare una via autentica per dare senso alla vita.
Per leggere e comprendere
Il passo del Vangelo di Giovanni ci presenta l’inizio del lungo “discorso d’addio” che, con diverse interruzioni da parte dei discepoli, si dipana per tre lunghi capitoli (Gv 14-17). Si tratta di un discorso intenso e ricco di motivi, legato alla partenza di Gesù: è l’ora del commiato ed è, dunque, la più importante per chi sa che l’Amato se ne va e la vita continuerà a percorrere i suoi sentieri di luce e di tenebra senza di Lui. Negli ultimi momenti, così suggestivi e intensi, Colui che parte traccia la via maestra su cui camminare nel tempo dell’Assenza e Gesù parla della mèta, della via e della vita.
La mèta del viaggio è la comunione piena con il Padre: il punto di riferimento assoluto, che libera dalla paura e apre alla speranza. Le parole di Gesù menzionano una casa del Padre dove ci sono molte dimore. Sia il termine greco oikia (casa) sia l’altro vocabolo monê (dimora) non fanno riferimento alle strutture, ma al calore e all’intimità della vita familiare. Il termine monê (da cui monastero) evoca la dimora dove ciascuno si sente a casa propria. La casa del Padre, meta del viaggio, si presenta, dunque, come pienezza di comunione e Gesù, con la sua partenza, è il prodromos – colui che prepara la strada a questa esperienza. Dopo questo primo motivo, l’attenzione si sposta sulla via per raggiungere la mèta: «del luogo dove vado voi conoscete la via». In numerosi testi gnostici il tema della via significa uscita dell’anima dal corpo per raggiungere il mondo della luce. La via cristiana non è una via gnostica: non bisogna liberarsi dal corpo per raggiungere il luogo da cui siamo venuti. La via cristiana è una persona, Cristo Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita».
Gli studiosi vedono qui uno dei momenti più alti della teologia giovannea. In effetti, i tre predicati che seguono l’Io sono condensano una parola di autentica e sublime rivelazione. Il contesto che parla della via suggerisce che proprio qui è il punto: da sempre, gli uomini hanno intrapreso pellegrinaggi e scalato montagne alla ricerca della via della vita. Giovanni proclama solennemente che Gesù è la via. Non perché è un uomo straordinario, capace di segni prodigiosi, e neppure perché è un modello di alto spessore morale, da imitare… Gesù è la via perché, nella relazione con Lui, non si percorre un sentiero di tenebra, ma di vita piena verso l’incontro con il Padre. Il cristianesimo non impoverisce né mortifica le aspirazioni di vita, ma le sublima. Il cristiano non è uno stoico, ma un innamorato della comunione e della vita. Chi accoglie la verità salvifica rivelata nel Figlio, trova la via per raggiungere la vita.
Un viaggio può diventare una fuga o un vagabondaggio dentro un labirinto, ma in questo caso la mèta si allontana sempre più. Al pellegrino di oggi, in cammino alla ricerca di senso, Gesù offre la comunione con Dio come mèta e la fede come via per raggiungerla. Il cercatore ha bisogno di una via e di una dimora, di un’intimità in cui rimanere perché camminare è venirsi incontro, camminare ha senso solo se si cammina verso qualcuno.
Interrogativi per attualizzare
- Anche oggi i cammini degli uomini sono dei pellegrinaggi. Verso dove? Verso chi? Quale mèta hanno le donne e gli uomini del nostro tempo?
- Le nostre comunità cristiane hanno una via o sono vagabonde?
Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano