Commento al Vangelo per la V Domenica di Quaresima /A

Introduzione al tema del giorno
La consapevolezza del limite è una delle esperienze costitutive dell’uomo. Ogni giorno facciamo esperienza della nostra finitezza e la nostra radicale incapacità di trovare il senso ultimo alle cose e agli eventi, alla vita e alla morte. Le letture di questa quinta domenica quaresimale gettano un seme di speranza nella ricerca tormentata dell’uomo: la speranza di una liberazione che non si ferma neppure di fronte alla contraddizione più cocente, che è il mistero della nostra morte.

Per leggere e comprendere
L’episodio della risurrezione di Lazzaro è l’annuncio di questa bella notizia: la morte non ha l’ultima parola nella vita dell’uomo. Le scene che si succedono sono dense di significato e i lettori sono invitati a intraprendere un cammino che porta dal dubbio alla fede.

Il primo atto del dramma ci presenta i protagonisti, non senza delle vistose incongruenze. Gesù viene presentato, infatti, come colui “che amava Lazzaro”; eppure, al momento della notizia della malattia dell’amico, aspetta due giorni prima di partire. Quando poi decide di andare a incontrarlo, lo trova nella tomba. Strano atteggiamento: perché aspettare? perché lasciare che i mali dell’uomo finiscano per distruggerlo? perché Dio non interviene subito di fronte ai bisogni dell’uomo? perché, perché…? Per ora, l’uomo resta senza risposta, solo con un’enigmatica affermazione che illumina tuttavia l’attesa: «Questa malattia non conduce alla morte, ma alla gloria di Dio».

Nella seconda scena Gesù si trova con Marta, la sorella servizievole e profondamente umana. In tutto il racconto che la riguarda, il lettore percepisce la sua fede vacillante. Ella crede in Gesù, si associa a lui nel professare la fede nella risurrezione dell’ultimo giorno ma, all’ordine del «Maestro» di togliere la pietra dal sepolcro, gli ricorda i quattro giorni trascorsi dalla morte. Come potrà rivivere colui che manda già cattivo odore? A Marta Gesù si presenta come colui che fa vivere: «Io sono la risurrezione e la vita».  Dio non ha creato la morte e il Figlio è venuto per testimoniare il Dio della vita. L’unico requisito richiesto è la fede, perché chi crede ha già ora la vita eterna e non dovrà temere la morte.

Nel terzo atto entra in scena Maria. Gesù la vede, è preso da sgomento e piange. Il testo greco, però, sottolinea lo sgomento di Gesù come un movimento di collera: è la sua reazione davanti alla morte. Gesù non è venuto ad insegnarci la rassegnazione, ma a combattere il male e a vincerlo. Già i padri della chiesa avevano individuato in questa collera la distanza di Cristo dall’ideale stoico che non conosce turbamento e affanno, neppure davanti allo scandalo della morte. Il moto d’ira e il pianto di Gesù sono la sua prima risposta al dolore umano: la risposta di un Dio che non ha creato la morte, e si rattrista per questo smacco supremo al progetto di vita e di benedizione a cui l’uomo era stato destinato. Dio si fa solidale con l’uomo e per sconfiggerla scende nella prigionia, fin dove l’uomo dispera di sé stesso. Nell’ultimo atto, rimane in scena Gesù solo, con la sua preghiera al Padre e il suo grido: «Lazzaro, vieni fuori!». Giovanni non si sofferma a descrivere il prodigio, per non distrarre il lettore da ciò che veramente importa: il potere di Gesù di dare la vita. È Lui che bisogna ascoltare e seguire se si vuole trovare risposta alla domanda straziante della morte. All’uomo che chiede «perché il male? perché la morte?» Dio ha risposto inviando suo Figlio. L’uomo continua a morire e la vita ad essere troncata, ma il Figlio di Dio ha dato un senso e ha donato la certezza che la morte non avrà l’ultima parola. Nel chicco di grano che muore sotto la terra, il credente saprà scoprire il germoglio di una creazione nuova.

Interrogativi per attualizzare

  1. Il discorso sulla morte non trova spazio nelle nostre riflessioni. Perché?
  2. La vittoria sulla morte e sul negativo della vita è al centro della nostra fede. Guardando la nostra testimonianza cristiana, coloro che non credono percepiscono questa centralità? 

Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano