Commento al Vangelo per la V Domenica di Quaresima /C

Il brano dell’adultera tratto dal vangelo di Giovanni è uno dei brani forse più conosciuti delle Sacre Scritture. La scena si svolge nel cortile del tempio dopo che Gesù era tornato dal monte degli ulivi, dove era solito di notte andare a pregare. Il monte degli ulivi era un luogo di preghiera fin dai tempi antichi, vi si recò Davide per adorare Dio durante la rivolta di Assalonne e ancora fu lì che il profeta Ezechiele contemplò la gloria di Jahvè che entrava nel nuovo tempio. Ai piedi del monte c’è un giardino piantato ad ulivi chiamato Getsèmani, conosciamo bene il fatto che da lì a poco si svolgerà in questo giardino. In questo scenario viene condotta davanti a Gesù una donna, trovata in flagrante adulterio dagli scribi e i farisei. Dobbiamo sapere che l’adulterio era punito con la lapidazione o lo strangolamento per i due amanti e questo perché nella legge antica secondo la Torah l’adulterio era un attentato al matrimonio e all’Alleanza con Dio; in altre parole il matrimonio non era soltanto un evento tra un uomo ed una donna, ma una alleanza chiamata ad essere fedele e perseverante nella storia, infrangerlo voleva dire distruggere l’alleanza stretta da Dio con il suo popolo e smentire il piano creazionale di Dio. Ecco allora che gli uomini irreprensibili, i custodi della legge conducendo l’adultera da Gesù e gli domandano: “Tu che ne pensi?” (GV 8,5) in realtà questi uomini non sono interessati all’adultera, hanno solo trovato l’occasione per tirare dentro ad una insidia Gesù. I farisei e gli scribi pensano di poter imbrogliare Gesù con questa domanda perché se rispondesse che non approva quella condanna andrebbe contro la legge antica dei Padri, d’altro canto se condannasse la donna a favore della Legge allora metterebbe in dubbio il messaggio annunciato fino a quel momento, avendo più volte mangiato con peccatori e prostitute. Immaginiamo la scena: Gesù chinato a terra, la donna di fronte a Gesù e gli accusatori alle spalle della donna ma anche loro davanti al Maestro e con le pietre nelle mani, solo lei è stata condotta in giudizio non il suo complice, solo lei è esposta alla vergogna pubblica dai suoi nemici-accusatori, ma non c’è spazio per narrare la sua storia, considerare la sua dignità di persona prima ancora che di adultera. Gesù in questo fermo immagine resta in silenzio, un silenzio imbarazzante per il “branco “di uomini accusatori che vorrebbero una risposta di getto per condurlo nel Tempio e condannarlo. Tra gli accusatori regna la logica del “branco” dove non esiste la responsabilità personale ma solo quella di tutti; chissà quante volte un fatto del genere accade nelle nostre comunità parrocchiali, sul posto di lavoro, in famiglia dove ci uniamo al “branco” per sparlare di chi la pensa diversamente da noi, creando divisione ed odio. Gesù mette in atto una pedagogia efficace, prende tempo perché vuole salvare l’adultera ma anche i suoi accusatori; il primo passo è tirare ognuno fuori dal branco per avviare una riflessione personale, così da seduto si china verso terra; in questo modo egli si inchina di fronte alla donna che è in piedi davanti a lui e comincia a scrivere con il dito sulle pietre del pavimento; gesto ricco di significato che ha radici profonde, tanto è che la Legge di Mosè fu scritta nella pietra “dal dito di Dio”, il Signore lancia un messaggio forte: lui non è venuto per annullare o cancellare la Legge ma per darvi pieno compimento attraverso il perdono. È qui che arriva la risposta di Gesù “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei “ ( GV 8, 8 ), un’affermazione che contiene anche una domanda scomoda per gli accusatori che lasciano cadere le pietre dalle loro mani senza scagliarle sulla donna e vanno via. Gesù dopo aver colpito con la giustizia i giudei, non si ferma a vederli cadere, ma, distolto lo sguardo da essi, si rimette a scrivere per terra. È emblematico come i primi ad andare via sono i più anziani forse perché consapevoli, data la loro età, di aver commesso molti errori o forse perché esperti conoscitori della legge sanno bene di che cosa sta parlando Gesù. Alla fine rimangono solo la donna e Gesù: ”la miseria e la Misericordia”. Il Signore alza lo sguardo verso l’adultera, come ha fatto con Zaccheo che era salito sull’albero del Sicomoro, da una posizione di inferiorità si rivolge al suo interlocutore perché la persona viene prima della Legge. Questo non vuol dire che Gesù giustifica l’adulterio, che inevitabilmente avrebbe fatto del male a tante persone, ma vuole salvare la donna, la creatura: questa è la Misericordia di Dio. Davanti a questa immagine possiamo chiederci se siamo anche noi capaci di scindere il peccato, che va sempre condannato, dal peccatore. Quando tutti sono andati via Gesù si alza in piedi, con questo gesto restituisce dignità alla donna perché sono alla pari, ora è possibile l’incontro vero e Gesù si rivolge a lei con queste parole: “Dove sono? Nessuno ti ha condannata? (GV 8,10) E lei risponde: “Nessuno, Signore” (GV 8,10). Le ultime parole di Gesù sono: “Neanch’io ti condanno; va e d’ora in poi non peccare più” (GV,8,10); sono parole gratuite e unilaterali, non lasciano spazio ad interpretazioni personali. L’adultera ha incontrato la Misericordia di Dio attraverso Gesù, è un incontro speciale che può cambiare per sempre la vita di questa donna. Non sappiamo se costei abbia accolto le parole del Signore ma sicuramente in questo brano Gesù ci mostra la passione d’Amore di Dio per l’uomo. La donna adesso è libera di scegliere che strada percorrere, quella del bene o quella del male. Questo episodio ci dice anche che l’unica cosa che ci è chiesta è di riconoscere le nostre fragilità e di accettare che Dio le ricopra con la sua Misericordia, solo così potremmo essere capaci di compassione verso gli altri fratelli imparando ad amarli così come sono. Allora possiamo chiederci: siamo capaci di fare questo con noi stessi e con gli altri? Sappiamo perdonarci per ritornare ad essere liberi e così imparare a perdonare gli altri? Cosa ci impedisce di ascoltare chi mi passa accanto prima di giudicare il suo operato? Mi lascio trasformare dalla Parola di Dio?

Melissa Cicerone,
Segretaria
della CDAL di Tivoli