È questa la domenica della chiamata, della nostra vocazione battesimale a vivere con prontezza e libertà il nostro essere figli nel Figlio nella sequela di Gesù, Via, Verità e Vita.
“Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme” (v. 51). Il suo cammino, obbediente alla volontà del Padre, è un vero e proprio ‘esodo’ (cfr. 9,31); si tratta del suo passaggio attraverso il ‘battesimo’ e il ‘fuoco’ della passione e morte per accedere alla gloria. Un cammino in salita verso Gerusalemme, caratterizzato da un’altra salita, o meglio, elevazione: la gloria del Risorto alla destra del Padre.
Lungo il cammino in “salita” verso Gerusalemme, emergono le vocazioni al discepolato: “Seguimi!” (v. 59). Gesù mi interpella: “Seguimi ora, in questo momento, non aspettare domani a salire con me verso Gerusalemme!”. La mia vita cristiana è chiamata alla partecipazione del cammino di Gesù, all’essere assunti nel “cielo” dal Padre, al partecipare con lui alla gloria divina. Questa è la meta del nostro cammino che non dobbiamo mai dimenticare!
Le esigenze di questa sequela sono chiare.
“Un tale gli disse: Ti seguirò dovunque tu vada” (v. 37). Questo “tale”, persona indeterminata che rappresenta chiunque vuol seguirlo, quindi anche ciascuno di noi, sembra davvero ben disposto. Gesù però lo mette in guardia: “Le volpi hanno le loro tane…” (v. 58). La tana rappresenta il mondo degli affetti familiari e la sicurezza dai beni che uno possiede. L’uomo del mondo pone la sua sicurezza nei beni materiali necessari per vivere. La persona di fede, invece, pone la propria sicurezza in Dio. Fa dipendere unicamente da lui la sua sussistenza e non ha neppure, come gli uccelli, il suo nido nel cielo. Infatti non gli basta avere la sua ricchezza presso Dio, ma Dio è la sua ricchezza.
“Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Egli non posa il suo capo – cioè non cerca la sicurezza – nei beni del mondo, e nemmeno nelle fragili, anche se positive, relazioni umane; posa il suo capo come Figlio unicamente nel Padre che lo ha inviato.
“A un altro disse: Seguimi…” (v. 59). Alla chiamata di Gesù questi pone delle condizioni: “concedimi prima di andare a seppellire…”. Non chiede una deroga, ma solo una proroga di tempo! Prima di seguire il Signore desidera fare un’altra cosa, ed una cosa buona secondo la legge: rispettare i genitori (con tutta la carica affettiva del figlio) (cf. Es 20,12; Lv 19,3) e seppellire i morti! Questa priorità di tempo in realtà nasconde una priorità di intenti. L’uomo, infatti, vive nel tempo e fa “prima” ciò che più gli sta a cuore. Ed anche se tali cose sono buone, il Signore viene “prima” di tutto. A questi Gesù replica: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti…” (v. 61). La chiamata al Regno suppone che nessun affetto sia mai prioritario e mai sia assolutizzato.
“Un altro disse: Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che mi congedi da quelli di casa” (v. 61). C’è qui un chiaro richiamo alla vocazione di Eliseo. Elia, padre dei profeti, concesse al discepolo di congedarsi dai suoi cari (cf. 1Re 19,19ss). Ma ora c’è qui ben più che Elia (cf. 11,31.32): c’è il Figlio che va ascoltato (v. 35)! La sua presenza esige obbedienza immediata!
“Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro – precisa Gesù – è adatto per il Regno di Dio” (v. 62). L’aratore deve tenere costantemente sott’occhio il solco. Per evitare che vada storto non solo guarda in avanti, ma anche si volge indietro per mantenere la direzione dal solco che ha già tracciato. Ma chi segue Gesù guarda solo in avanti: Gesù gli indica la direzione retta. Chi vuole seguire Lui dev’essere deciso a rompere tutti i ponti con il passato e a puntare decisamente lo sguardo solo al futuro regno di Dio, seguendolo nella via verso Gerusalemme, nella via del dono totale, dell’amore, della santità. È la radicalità della vocazione cristiana.
padre Michele Babuin, omv
Superiore degli Oblati di Maria Vergine, Santuario San Vittorino Romano