Introduzione al tema del giorno
Il simbolo del Volto, iniziato con la festa della Trasfigurazione, ci accompagna anche in questa domenica. Il filosofo ebreo Lévinas ne ha parlato come del «modo in cui l’Altro si presenta, che supera l’idea dell’Altro in me». Bella descrizione, perché il credente pensa giustamente a Dio come al Signore che sta accanto, che accompagna e protegge il suo popolo. E tuttavia, l’uomo di fede sperimenta continuamente che il Dio vicino, il Dio che cammina accanto, è anche l’“Altro”, che l’uomo non può possedere, ma deve sempre cercare: «io cerco il tuo volto Signore, non nascondermi il tuo volto» (Sal 27).
Per leggere e comprendere
L’epifania di Gesù sul lago di Galilea ci dice tutto questo. Non dev’essere letta come un fatto miracolistico e spettacolare, perché l’intenzione di Matteo è un’altra, ed è ben riconoscibile sia sulla base dello sfondo anticotestamentario – che l’evangelista ha voluto dare all’episodio – sia nell’aneddoto di Pietro che chiede di camminare sulle acque (assente nel parallelo di Marco). Matteo presenta questa epifania per mostrare a tutti i lettori l’identità di Gesù, il suo Volto, e l’incapacità dei discepoli – e di Pietro in particolare – di riconoscerlo nella situazione di pericolo. Pur nella diversità dei generi, le analogie con racconti del Primo Testamento sono evidenti.
Una tempesta in alto mare è un evento comune nei Salmi e offre un’immagine molto efficace della piccolezza dell’uomo e della fragilità che lo costituisce. Ci sono forze che l’essere umano non può dominare, insidie da cui non riesce a difendersi. In molte pagine della Bibbia l’acqua è descritta come un mostro pronto a inghiottire uomini e cose. Il Sal 107 offre una descrizione molto vivace del panico che afferra gli esseri umani di fronte a una tempesta improvvisa: «salgono al cielo, scendono negli abissi; l’anima loro vien meno per l’angoscia. Traballano, barcollano come ubriachi e tutta la loro abilità svanisce». Improvvisamente però – ed è lo stesso Salmo a farne una descrizione – gli uomini nel pericolo si ricordano di Dio: «nell’angoscia gridano al Signore ed egli li libera dalle loro tribolazioni. Egli riduce la tempesta al silenzio e le onde del mare si calmano. Si rallegrano alla vista delle acque calme, ed egli li conduce al porto tanto sospirato».
Nella sua tormentata storia, Israele si è trovato spesso di fronte a una minaccia mortale; così anche la comunità cristiana di Matteo e tante altre comunità sparse per il mondo. Fare la scoperta del Volto di Dio, in questi frangenti, significa scoprire una Presenza che libera dalla paura e dall’impotenza; significa aprirsi a una dimensione nuova, da scoprire. Come? L’episodio di Pietro ce lo rivela. Pietro vuole mettere alla prova Gesù e chiede di poter andare a Lui, sulle acque. Gesù asseconda la richiesta di Pietro, ma il «vieni!» è un invito a uscire dalla percezione di sé, dalle sue paure: un invito a fissare finalmente il Volto di un Altro, perché solo guardando l’Altro, l’uomo può ritrovare se stesso e conoscersi veramente. Di fronte a questo invito, Pietro comincia ad aver paura. Ritorna qui il motivo che percorre tutta l’opera di Matteo e definisce in modo peculiare i discepoli: l’oligopistia, ossia la fede piccola, vacillante, incapace di rischiare. Il rimprovero di Gesù riguarda non solo Pietro, ma tutti i credenti: «uomo dalla fede piccola, perché hai dubitato?». Come Elia, e come tanti di noi, Pietro è incapace di andare al di là del proprio universo e del proprio limite. Avere fede significa rischiare, andare “oltre” i propri confini.
Interrogativi per attualizzare
- Come mai il movimento cristiano, nato in maniera tanto audace, si è fossilizzato cammin facendo? Perché non osiamo più rischiare?
- Quali sono i segni dell’oligopistia (fede fragile) nelle nostre comunità e come uscirne?
Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano