Commento al Vangelo per la XVII Domenica del Tempo Ordinario /B

Domenica scorsa l’Evangelista Marco ci presentava Gesù, che attorniato dai suoi Apostoli, tornati da una prima missione evangelizzatrice e di unzione di molti malati, diceva loro: «venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto e riposatevi un po’». Ed attraversato il lago di Genezaret, alla ricerca di un posto isolato, sbarcando, Gesù vide molta folla, che li aveva preceduti, e “si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore” (Mc. 6,34). E siamo al miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. È il Vangelo di oggi, ma lo ascoltiamo dall’Evangelista Giovanni, che quasi irrompe in questo Anno B, proprio perché Giovanni, a questo miracolo, fa seguire un lungo discorso sull’Eucarestia (Gv. 6, 22 — 66), “fonte e culmine della vita cristiana”. Tale racconto ci accompagnerà da oggi, 17ª domenica del T. O., fino alla 21ª domenica del T. O.

Nella pericope evangelica odierna notiamo come anche Filippo, vedendo tanta folla che seguiva Gesù, dice: “Duecento denari di pane, non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo”. E dice questo dopo la provocazione di Gesù: “Dove potremo comprare il pane, perché costoro abbiano da mangiare?”. Questo miracolo, raccontato da Giovanni, ci richiama un evento del libro dell’Esodo (Es. 16,15) la “Manna” (Man hu) (“Che cos’è?”). E Mosè disse loro: «È il pane che il Signore vi ha dato in cibo». E Mosè è la prefigurazione di Cristo. E si nota, dopo il miracolo, come Gesù è riconosciuto dalla gente come il “Profeta che deve venire nel mondo”. Gesù infatti riassume in sé tutta l’attesa dell’Antica Alleanza. Il miracolo dei cinque pani d’orzo e due pesci ci porta a scoprire qualcosa di grande e di misterioso nell’agire di Gesù. Egli prende i cinque pani d’orzo e due pesci e rese grazie, li distribuì a quelli che erano seduti, finché ne vollero. Erano circa 5.000 uomini e ne avanzarono 12 canestri, a significare che il “Pane Vero”, che è Gesù, è per tutti gli uomini che lo accolgono. Anche il rendere grazie di Gesù (eukaristèo) è un anticipo di ciò che farà poi, nell’ultima Cena, con i suoi discepoli, istituendo il Sacramento dell’Eucaristia, manifestazione più alta dell’amore di Cristo per l’Umanità tutta: «Questo è il mio Corpo; questo è il mio Sangue: fate questo in memoria di Me».

Dopo il miracolo, la folla entusiasta vuole proclamare Gesù Re. Ma Gesù, dice il testo, “si ritirò di nuovo, sulla montagna, lui da solo: la folla non ha capito il miracolo. Si è accontentata di mangiare il pane. Gesù invece vuole che lo “ricerchiamo”. Tale verbo in Giovanni ha significato non solo di utilità terrena, ma vuole che lo riconosciamo come il “vero Dono del Padre”. Anche noi, fratelli e sorelle, dobbiamo scoprire Gesù, come il “Segno” del Padre. Gesù non sia una risposta utilitaristica per la nostra vita, ma una risposta esistenziale ed esaustiva alla nostra integrale felicità.

Don Giuseppe Salvatori,
parroco Sacro Cuore di Gesù, Reali di Tivoli