Commento al Vangelo per la XX Domenica del Tempo Ordinario /A

Introduzione al tema del giorno

L’essere straniero è senza dubbio una caratteristica etnica e sociale, ma è soprattutto un’esperienza antropologica e di fede, che appartiene essenzialmente a ogni uomo, perché ogni uomo è straniero. Riflettere su questo dato costitutivo del nostro essere non è solo una necessità che deriva dalle vicende di cui siamo testimoni ogni giorno, ma un’esigenza della nostra vita e della nostra fede. Nel Primo libro delle Cronache, infatti, troviamo questa significativa definizione del popolo di Dio: «davanti a Te, noi siamo stranieri e pellegrini, come i nostri padri» (1 Cron. 29,15).

Per leggere e comprendere

La fede della donna pagana – che Matteo definisce “cananea”, mentre Marco, con più precisione, “siro-fenicia” – rappresenta un esempio magnifico di una straniera, coraggiosa e intraprendente, che non ha paura di sfidare consuetudini e pregiudizi, per incontrare Colui nel quale confida per la guarigione della figlia malata. Gesù si trova nella sua terra, e Matteo lo sottolinea mediante gli spostamenti, circoscritti all’interno dei confini di Israele. Della donna, invece, viene detto espressamente che esce dai suoi confini per andare incontro a Gesù; si tratta di una straniera, che non ha paura di riconoscere Gesù come il messia d’Israele, il figlio di Davide, atteso per ricostituire il suo popolo sotto la signoria di Dio. La risposta di Gesù impressiona per la chiarezza “dogmatica” che, pur in linea con una impeccabile ortodossia, lascia tuttavia trasparire un’insensibilità inaspettata: «non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa d’Israele». Questa risposta al bisogno di quella straniera viene espressa in Matteo in modo ancora più duro che nel parallelo marciano, dove «lascia che prima si sazino i figli» stabilisce solo una priorità di Israele, che non esclude gli altri. Le diverse prospettive evangeliche riflettono senza dubbio i problemi e la composizione delle rispettive comunità, ma il quadro che delinea Matteo, con la forte accentuazione della salvezza per Israele e l’esclusione degli altri, rivela una convinzione ben radicata in alcune frange del pensiero ebraico. Comunque, il problema non è confinato in un popolo o in una cultura particolare: una convinzione analoga si è ripresentata puntualmente nelle vicende bi-millenarie dei cristiani e nella storia di altre religioni, talvolta con conseguenze tragiche. Voglio dire che fattori di carattere razziale, culturale, religioso… hanno eretto ed erigono ancora oggi barriere insormontabili tra popoli e individui e la tentazione di considerare gli altri dei “cani” (anche se Matteo attenua l’espressione con il vezzeggiativo “cagnolini”) è un triste retaggio, che resiste al tempo.

Con l’intuizione e la maturità di chi ha sofferto, la donna accetta questa prospettiva esclusivista, ma dopo aver espresso il suo consenso, con sensibilità e tenacia femminile aggiunge: «è vero, Signore, però anche i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».

Gesù si arrende alla potenza della fede, e in questo atteggiamento è riflessa la situazione della chiesa primitiva, che, a poco a poco, comprende il disegno di Dio iscritto nella storia della salvezza e nella Scrittura: una salvezza per tutti, nessuno escluso. In un testo di Isaia il santuario di Gerusalemme era destinato ad essere una casa di preghiera per tutti i popoli. Con Gesù questa profezia si compie: l’antico tempio, fatto da mani d’uomo, viene distrutto e ne nasce uno nuovo: il tempio vivente del Cristo morto e risorto, dove Dio può essere adorato da ebrei e pagani, da gerosolimitani e romani, da vicini e lontani.

Interrogativi per attualizzare

  1. Nel contesto delle nostre amicizie e delle nostre conoscenze, quale valore reale si attribuisce a razze e culture diverse?
  1. Quali sono le pareti divisorie che esistono nella società, nella chiesa e nelle comunità dove viviamo la nostra comunione di fede?  

Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano