Introduzione al tema del giorno
Le letture di questa domenica rilevano uno degli aspetti più drammatici dell’esperienza di fede: la pace, il bene divino per eccellenza, sembra contraddetta dall’esperienza del profeta Geremia, condannato e calpestato dai potenti di turno, e dal paradossale ammonimento di Gesù nel Vangelo: «Credete che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione». Quasi a dire che il conflitto è costitutivo dell’esperienza cristiana, come lo fu dell’esperienza profetica nel Primo Testamento. Siamo discepoli di una pietra che i costruttori hanno scartato: questo è il paradosso cristiano.
Per leggere e comprendere
Il logion su Gesù portatore di fuoco e di divisione è imbarazzante, ma non sorprendente. La tradizione cristiana riprende più volte il filo conduttore del rifiuto dei profeti, che raggiunge il suo apice nell’uccisione di Gesù. Il destino dei profeti misconosciuti, vilipesi e uccisi, soprattutto dai cortigiani dei potenti di turno, continua ancora oggi. E di questo ci parla Gesù nel vangelo, che non si rivolge soltanto ai lettori del tempo di Luca, ma anche ai lettori di ogni tempo, ammonendoli sul loro destino.
Originariamente il fuoco sembra riferirsi al giudizio divino che purifica (Is 66,15-16) e la divisione (Matteo usa il termine spada) fa senz’altro allusione alla rottura provocata dalla scelta cristiana all’interno dei nuclei familiari e sociali. E tuttavia, a motivo di alcune pagine anticotestamentarie, che profetizzavano il regno del Messia come un regno di “pace” (cf. soprattutto Is 9,5-6 e 11,6-9), le parole di Gesù destano un certo imbarazzo. Il Messia non doveva instaurare un tempo in cui il lupo e l’agnello avrebbero pascolato insieme e il bambino avrebbe giocato con il serpente? «E perché allora, si domanda Giovanni Crisostomo, ha ordinato ai suoi apostoli di dare la pace nelle case in cui entreranno? Come mai anche gli angeli al momento della sua nascita hanno cantato: “gloria a Dio nel cielo e sulla terra pace”?». Le domande di Giovanni Crisostomo sono comprensibili, tanto più che il «d’ora in poi» (apo tou nyn) di Luca non allude al tempo che precede la fine, ma al tempo della chiesa.
La risposta alla questione della pace messianica non è semplice, nonostante i tentativi teologici impiegati per giustificare un tempo messianico senza pace. Anche Giovanni Crisostomo provò a trovare qualche ragione: «La spiegazione sta nel fatto che “pace” è soprattutto questo: tagliare ciò che è malato, separare ciò che causa contrasti, ribellioni… Anche il medico, infatti, riesce a salvare il resto del corpo, quando taglia il membro del malato che non è possibile guarire. Un generale pacifica l’esercito, quando separa e allontana i sediziosi…». Crisostomo tenta di spiegare il difficile logion sulla “divisione” portata da Gesù. E comunque, l’esperienza della comunità cristiana incipiente e la storia della chiesa lungo i secoli testimoniano che la divisione si ripete, continuamente. Forse bisogna partire proprio dal fatto che la presenza di Cristo sulla terra si è rivelata dirompente, mettendo in discussione persino i legami di sangue – «padre contro figlio e figlio contro padre…». Bisogna imparare, insomma, che il cammino di Dio va oltre l’anima lacerata dei suoi fedeli. Chi si è lasciato attirare un giorno da Cristo sa che la sua vita non può essere più totalmente libera da lacerazioni. La scelta di Cristo trasforma la vita dei suoi discepoli in un’esistenza segnata dalla croce, che non è però maledizione e condanna, ma obbedienza a Dio e salvezza. Se, da una parte, il legame con Cristo frantuma e distrugge la vita, dall’altra, la ricrea e la ricostruisce. Di fronte a una casa che va in demolizione ce n’è un’altra che cresce e prospera. Ciascuno è chiamato a trovare la strada nel rapporto personale con Cristo, e percorrerla fino in fondo, con coraggio e dedizione, nella certezza che il Dio che costruisce il nostro futuro non ci negherà la sua Presenza.
Interrogativi per attualizzare
- Abbiamo ovattato il messaggio di Cristo con parole e riti piuttosto insignificanti?
- Cosa fare per recuperare la radicalità del messaggio cristiano?
Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano