Introduzione al tema del giorno
Essere fratelli significa essere responsabili: è questo il tema di oggi. Nella comunione tra fratelli si esprime l’agape, l’amore, che non è mosso dal desiderio di possedere, ma di appartenere (appartenenza e possesso sono molto distanti) e di assumere l’altro nella sua libertà e nel suo peccato. La comunione, così, diventa grazia e giudizio, parola ammonitrice e consolazione. La fraternità, infatti, si ha quando ciascuno scopre la propria profonda vulnerabilità e si affida, quando la parola non insiste per conquistare e per vincere, ma per offrire un luogo di accoglienza e di perdono.
Per leggere e comprendere
Il capitolo diciotto di Matteo è universalmente conosciuto come “il discorso ecclesiale”. Non tanto, e non solo perché vi si trova il termine ekklesia, ma soprattutto perché contiene lo statuto fondamentale di ogni comunità che vuole essere riconosciuta come chiesa di Cristo.
I versetti ascoltati nella lettura odierna sono tra i più difficili dell’intero discorso, perché Matteo affronta il caso del fratello che pecca, indicando una serie di iniziative da prendere per recuperarlo alla comunione. Non si specifica la natura del peccato, come accade invece nel parallelo lucano, dove il peccato è chiaramente un’offesa personale (17,3b). In Matteo si tratta di un peccato grave – lo dice il contesto –, ma è lasciato intenzionalmente nel vago, in modo da abbracciare una serie di casi possibili. Comunque sia, ciò che possiamo dedurne è che il peccato di un membro della comunità non è visto come un evento puramente privato, ma come un atto che mette in questione la comunità intera. Concezione, questa, in sintonia sia con la concezione ebraica che con quella cristiana, che considerano sempre la grazia e il peccato in un processo di comunione.
Anche se il testo, soprattutto dove viene chiamata in causa la chiesa, sembra riflettere un procedimento disciplinare, rimane tuttavia vero che, nell’insieme, l’accento non cade sugli aspetti giuridici e formali, ma sullo sforzo di recuperare il fratello. Non bisogna dimenticare che il passo è collocato da Matteo dopo la parabola della pecora smarrita 18,12-14) che si conclude con una chiara ammonizione: «il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli» (Mt 18,14). Alla luce di questo contesto, le varie iniziative che si succedono vanno viste non come una procedura dettata da propositi punitivi, ma come la traduzione ecclesiale del Progetto divino che vuole ad ogni costo che nessuno si perda. Lo scopo ultimo dell’ammonizione è la riconciliazione e non la punizione. In questo modo, Matteo dà come regola comunitaria “la legge del portare”: essere responsabili significa saper portare il peso dell’altro, con la sua libertà e il suo peccato, nella consapevolezza che l’amore è la sola forza capace di sconfiggere il negativo della vita.
In questo contesto di riconciliazione va compresa anche l’ultima parola sulla presenza del Cristo là, «dove sono due o tre raccolti nel mio nome». L’interpretazione del passo ha insistito molto sulla preghiera, con la presenza di Gesù in mezzo a una comunità orante. L’accento, però, non cade sulla preghiera, ma sul verbo syn-phôneô che indica la sinfonia di voci diverse: una comunità dove «il diverso» trova posto. È la concordia ritrovata che dà efficacia alla preghiera comunitaria, come ha ben compreso i Vangelo apocrifo di Tommaso che, infatti, interpreta così: «se due fanno pace l’uno con l’altro in una stessa casa, diranno a questo monte: spostati! Ed esso si sposterà». Si comprende meglio allora come, in definitiva, ciò che conta è l’amore e le leggi hanno veramente senso solo se ispirate dall’amore.
Interrogativi per attualizzare
- Cosa fare di fronte allo “scandalo” che allontana molte donne e uomini dalla chiesa (cf. il contesto del brano evangelico: Mt 18, 6-10)?
- Chi sono quelli/e che io considero “diversi/e”? Quali criteri sono alla base del mio giudizio?
Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano