Commento al Vangelo per la XXV Domenica del Tempo Ordinario /C

Introduzione al tema del giorno

Per due domeniche successive – questa e la prossima – Luca ci propone un motivo a lui molto caro: il tema della ricchezza. Questa volta, però, lo fa con una parabola, che forse non è esagerato definire uno dei testi più controversi e provocanti della tradizione evangelica. Soprattutto a motivo dell’approvazione conclusiva di un amministratore disonesto che manipola, a suo piacimento, il denaro del padrone. Anche l’aggettivo che qualifica il denaro come “iniquo” (vv. 8.9) rende questo testo controverso e difficile. Il denaro non serve, in fondo, anche per fini socialmente utili?  Un messaggio scabroso, dunque, reso più aspro dalle veementi parole di Amos nella prima lettura.

Per leggere e comprendere

Il messaggio della parabola è chiaro e, di per sé, non riguarda la ricchezza, ma l’abilità dell’amministratore nel saper trasformare, mediante il denaro, una situazione negativa e a lui sfavorevole in una condizione positiva. L’amministratore della parabola mostra di essere saggio sia nella valutazione dei propri limiti («a zappare non ho forza, a mendicare mi vergogno») sia nella risoluzione che concerne il suo futuro («so che cosa farò!»). Zappare e mendicare erano ritenute anche nell’antichità professioni piuttosto ignobili, che l’amministratore non reputa confacenti alla sua condizione e alla sua dignità. Si tratta di semplici esempi, che mostrano soprattutto la naturale saggezza di un uomo che sa valutare le proprie potenzialità e le tendenze della propria psiche. Ma l’amministratore mostra la sua spregiudicata abilità soprattutto nel rovesciare una situazione a lui sfavorevole, riducendo il debito a due debitori del padrone: al primo del cinquanta e al secondo del venti per cento. Anche in questo atteggiamento di sostanziale disonestà, l’amministratore mostra comunque sagacia, perché si fa degli amici, che potranno risultare utili nel momento in cui la scure del giudizio si abbatterà su di lui. Ovviamente, sotto l’aspetto morale, il comportamento è riprovevole, ma non è questo il punto. La parabola vuole semplicemente attirare l’attenzione del lettore sulla perspicacia di un uomo nel valutare la drammaticità della sua situazione e agire di conseguenza. In vista del futuro ha saputo agire “con destrezza” (phronimôs).

Come spesso accade nella conduzione lucana delle parabole, dopo il primo momento (parabolico) e, a partire da esso, prende corpo un secondo momento, un ammaestramento su cui cade l’accento e su cui i lettori sono invitati a concentrarsi. Si tratta di un raggruppamento di logia (vv. 9-13) che hanno come tema dominante to mamôna tês adikias / il mammona iniquo. L’espressione è molto negativa, perché la ricchezza – espressa con il sostantivo mamôna preceduto dall’articolo e accompagnato dal genitivo ebraico – viene presentata come una potenza personificata e iniqua. Il denaro, di per sé, non è iniquo e Luca lo sa bene (cf. At 2,44-45), ma ecco il punto: il denaro diventa iniquo quando l’uomo se ne appropria e lo accumula per sé (Lc 12,21), comportandosi come se lui ne fosse il padrone e non l’amministratore. Il denaro deve essere un mezzo di comunione e va condiviso con chi non ne ha, altrimenti diventa strumento di iniquità. È questo il senso dell’espressione «fatevi degli amici con mammona iniquo». Il capitolo che inizia con la nostra parabola si chiude, infatti, con la parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro. Grazie alla prima parabola dell’amministratore, il lettore ha la chiave per comprendere la seconda, dove il ricco viene condannato non perché è ricco, ma perché non si accorge del povero che è alla sua porta (19,20-21). Il ricco epulone non si è fatto amico il povero Lazzaro e per questo non viene accolto nelle dimore eterne. Un ammonimento forte!

Interrogativi per attualizzare

  1. Quale rapporto hanno con il denaro le nostre comunità ecclesiali? E quale rapporto ho io?
  2. Una chiesa che non amministra con giustizia i beni terreni, saprà dispensare i beni eterni?

Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano