Commento al Vangelo per la XXVIII Domenica del Tempo Ordinario /B

La prima lettura di oggi ci parla della Sapienza come un bene, anzi come unico bene. Questo è in contrasto con il Vangelo di Marco odierno. Infatti, ci racconta di un uomo molto ricco, obbediva ai comandamenti divini. Si rivolse a Gesù perché voleva anche la vita eterna, pensando ad una vera e propria assicurazione a lunga scadenza.

Gesù aveva appena annunciato che per salvare la propria vita bisognava essere disposti a perderla, vale a dire: “rinnegare se stessi e portare la propria croce.

Il racconto di Marco lo possiamo dividere in tre parti:

  • La vocazione del giovane ricco
  • Il periodo delle ricchezze
  • La ricompensa ai discepoli che hanno lasciato tutto

Lo sguardo dell’uomo ed il suo volto parevano sinceri agli occhi del Signore, per questo Gesù lo guarda pieno d’amore e gli dice: “Una sola cosa ti manca: Va, vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri se vuoi guadagnarti la vita eterna, vale a dire un tesoro nel cielo.

Ma l’invito di Gesù a seguirlo si chiude in un fallimento, perché il giovane amava molto la vita e la ricchezza e non lasciava spazi per scorgere, invece, la Sapienza divina.

A queste parole il giovane si fece scuro in volto e se ne andò rattristato.

È veramente difficile per i ricchi entrare nel regno dei cieli! Disse Gesù ai suoi discepoli.

Con quest’ultima frase siamo entrati nella seconda parte, dove vediamo Gesù che getta lo sguardo ai suoi discepoli, lo stesso sguardo amoroso che si era posato sul giovane ricco.

La vera ricchezza, quella che riempie il cuore di gioia e dà pace alla vita, non consiste nell’accumulare, nel possedere, ma nel dare, nell’offrire, nel condividere; siamo invece propensi ad avere, a ricevere, a possedere! Anche perché, essere alla sequela di Cristo significherebbe: donazione totale.

La terza parte si apre con l’intervento di Pietro, che dice: “…E noi?” Riprende Gesù e sottolinea il primato di Dio e del suo Regno e definisce le ricchezze come un “pericolo reale”.

Il re Salomone collocò la Sapienza al di sopra di ogni altra cosa, non gli amori, le ricchezze. Per questo Dio gli concesse la Sapienza insieme a tutti gli altri beni, come avete ascoltato bene nella prima lettura.

Questo dono è elargito da una esistenza condotta nella fede, che ascolta la Parola di Dio, come è definita nella Lettera agli Ebrei, con sei elementi: a) viva, cioè capace di suscitare la vita nell’uomo, b) efficace, c) dinamica, d) attiva, producente gli effetti che dichiara, e) tagliente, f) penetrante nell’intimo del nostro cuore; che scruta, discerne e giudica il valore morale del cuore e dell’agire dell’uomo.

Questa Parola rappresenta Dio stesso che si fa presente nell’uomo (seconda lettura).

Solo chi prende Dio sul serio, può essere certo di diventare povero perché, come diceva san Francesco d’Assisi: “La povertà consiste nel non far più caso al denaro che alla polvere della strada”.

CONCLUSIONE

Se volete mettere in pratica il servizio agli altri, giorno dopo giorno, nelle piccole cose, come nelle grandi, vi renderete conto di stare sviluppando in voi, quella scintilla d’amore finché diventerà talmente forte da sollevarvi con gioia al di sopra di tutte le difficoltà della vita; vi sentirete al di sopra di esse, sarete pieni di buona volontà verso gli uomini (prossimo) e, la coscienza, cioè la voce interiore, vi dirà: “BEN FATTO”. (B.P.) 

Giancarlo Carletti Diacono,
in servizio presso Santa Margherita e San Rocco in Olevano Romano