Commento al Vangelo per la XXVIII Domenica del Tempo Ordinario /C

Introduzione al tema del giorno

Sia la gratitudine di Naaman il siro, guarito dalla lebbra per opera del profeta Eliseo, sia la vicenda del lebbroso samaritano, che torna a ringraziare Gesù per la sua guarigione, propongono il tema della riconoscenza intrecciato con quello della salvezza. Non si tratta, dunque, solo di una parenesi lucana sulla gratitudine, ma di qualcosa di molto più profondo che riguarda la salvezza universale e soprattutto quella degli stranieri e degli esclusi. Anche questo è un tema molto caro al terzo evangelista, che presenta spesso gli stranieri come modello di autentici credenti.

Per leggere e comprendere

L’incontro tra Gesù e il samaritano – tornato indietro appena resosi conto della sua guarigione, a differenza degli altri nove che proseguirono per la loro strada – costituisce l’apice del racconto lucano. Mediante una sottile arte narrativa, che cerca di attirare l’attenzione del lettore creando in lui suspense, Luca dice inizialmente che si trattava soltanto di “uno di loro”, ma senza rivelarne i connotati etnici. Solo dopo dirà che “era un samaritano”.

Questo samaritano si prostra davanti a Gesù e lo ringrazia. Lodare Dio e cadere con la faccia a terra, mostra non solo un atteggiamento di rispetto, ma un legame profondo tra la potenza di Dio e il comportamento di Gesù. Del resto, nel giudaismo era diffusa l’opinione che solo la potenza divina può guarire dalla lebbra. In Gesù alberga qualcosa di straordinario e l’ex lebbroso diventa il modello del credente, che non si ferma al miracolo, ma entra in un rapporto personale con Gesù e con il Dio della vita. Perché, in effetti, a fondamento della salvezza non è il potere taumaturgico di Gesù. Tutti e dieci i lebbrosi hanno sperimentato la potenza del miracolo, ma solo «uno di loro», uno straniero, è riuscito ad andare oltr. L’ultima parola di Gesù, «la tua fede ti ha salvato», è rivolta solo al samaritano, che ha riconosciuto in Gesù la potenza di Dio ed è tornato a ringraziarlo. La stessa parola era stata indirizzata alla peccatrice in casa di Simone (7,50) e all’emorroissa (8,48). I nove lebbrosi guariti, che non hanno riconosciuto «colui che viene nel nome del Signore»: sono rimasti all’esterno, nel regno del prodigio, che non è ancora quello della fede. Essi non hanno percepito nel miracolo il Regno che viene nella persona e nelle opere di Gesù… Soltanto il samaritano eretico «dà gloria a Dio» e diventa testimone della salvezza di tutti, al pari degli ’anawim di Israele: il paralitico perdonato che, alzatosi «glorificò Dio» (Lc 5,25), la donna curva, figlia di Abramo, la quale, raddrizzata, «glorificava Dio» (13,13) e il cieco di Gerico a cui fu donata di nuovo la vista (18,43). Lo straniero entra a far parte del popolo di Dio, il popolo dei guariti, che riconoscono il Regno veniente nella persona di Gesù.

Subito dopo il racconto dei dieci lebbrosi, Luca porrà sulla bocca dei farisei una domanda rivolta a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». La risposta di Gesù suona: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: eccolo qui oppure eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi». (17,20-21). Per Gesù i segni della presenza del Regno non sono rilevabili agli occhi dei sensi, ma solo agli occhi della fede. Dieci lebbrosi, infatti, hanno visto il miracolo, ma «solo uno di loro» ha dato lode a Dio, riconoscendo con fede la sua opera.

L’ammonimento conclusivo suona come un forte richiamo: «Non sono stati purificati in dieci? Gli altri nove dove sono?». Un monito severo a tutti i lettori, a prendere come modello l’uomo di Samaria e ad entrare nella logica di Dio, come lo straniero di Samaria.

Interrogativi per attualizzare

  1. Quale rapporto pongo tra fede e miracolo? Cerco la fede nei miracoli o… dove?
  2. Chi sono “i Samaritani” di oggi che potrebbero insegnarci a credere?

Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano