Commento al Vangelo per la XXX Domenica del Tempo Ordinario /C

Introduzione al tema del giorno

Le pagine bibliche di questa domenica presentano la contestazione più radicale dei criteri con i quali si è soliti esprimere opinioni e giudizi. Nella Scrittura il lettore è posto spesso davanti alla valutazione di Dio che rovescia i parametri umani: basti pensare alla scelta del secondogenito Giacobbe e non del primogenito Esaù, o all’opzione per Davide, il più piccolo tra i figli di Iesse. Nel Nuovo Testamento, le beatitudini rappresentano l’esempio classico dei criteri di Dio, che hanno come punto di riferimento non i ricchi e i sapienti, ma i poveri e gli ultimi. L’odierna lettura del Siracide e la nota parabola del fariseo e del pubblicano ci portano ancora una volta a riflettere su questo sconcertante aspetto della vita di fede, che lacera ogni perbenismo costruito dalla sapienza umana.

Per leggere e comprendere

La straordinaria pagina evangelica si muove nell’ottica appena accennata. Con la preghiera del fariseo e del pubblicano, infatti, Luca non vuole offrire anzitutto un insegnamento sulla preghiera, ma una luce sui criteri di Dio. Le preghiere del fariseo e del pubblicano non sono altro che la rivelazione di due modi di pensare Dio, con cui il lettore è invitato a confrontarsi.

Il fariseo prega stando in piedi. In genere si legge questa posizione come un segno di superbia, ma non è necessariamente così, perché lo “stare in piedi”, per un ebreo che prega, è l’atteggiamento abituale. Anche il pregare fra sé non necessariamente suggerisce una supplica dove l’io diventa il centro coagulante. Quell’in sé potrebbe indicare semplicemente una preghiera fatta a bassa voce, nel silenzio e nel rispetto. Dunque, non si parla di un uomo borioso e narcisista. Il contenuto della preghiera, poi – con la contrapposizione della propria vita a quella degli uomini rapaci, ingiusti, adulteri o a quella che conducono esseri come questo pubblicano – non vanno interpretate obbligatoriamente nel senso di un uomo che loda se stesso e disprezza gli altri. La preghiera del fariseo è ricorrente nella Bibbia e somiglia a quella di tanti giusti che nei Salmi, ad esempio, si rivolgono a YHWH chiedendo la giustizia e l’avvento del Regno, perché «non siedo con gli uomini falsi e non frequento i simulatori, odio l’alleanza con i malvagi e non mi associo agli empi, lavo nell’innocenza le mie mani e giro attorno al tuo altare» (Sal 26). Il fariseo non mente e non esagera: è un devoto che aspetta il regno di Dio. Dov’è dunque il problema?

Per comprendere a pieno il messaggio, il lettore è portato a fissare lo sguardo sull’altro personaggio: il pubblicano. Tre schizzi delineano la sua figura: sta a distanza, non osa alzare gli occhi al cielo e si batte il petto riconoscendo la sua verità di uomo immerso nei peccati. Bastano queste poche battute per presentare un atteggiamento che nei confronti di Dio consegna solo la propria indegnità, lasciando alla sua misericordia di fare il resto. La comprensione di Dio, che ha questo pubblicano, non è legata alla prestazione e alla riuscita. Direi che egli ammette anzitutto la propria ignoranza e la propria distanza da Dio. Riconosce che Dio è al di là delle categorie umane, anche quelle che la teologia e i teologi sono in qualche modo costretti ad adoperare per parlare di lui. Il pubblicano conosce di Dio un solo attributo: la gratuità del suo amore.

Credere questo significa uscire dall’obbligo, conscio o inconscio, che ha l’uomo moderno di dover sempre e comunque esibire i propri titoli di merito (nel linguaggio paolino, le opere). Il rapporto con Dio e con gli altri, ispirato alla preghiera del pubblicano, contesta un sistema che vive solo di funzioni, conquiste e burocrazia e instaura una relazione reciproca impregnata di libertà e gratuità.

Interrogativi per attualizzare

  1. Quali sono i criteri di valutazione a cui ci ispiriamo per giudicare eventi e persone?
  2. Quanta libertà e quanta gratuità impregnano ancora la nostra vita di relazione?

Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano