Commento al Vangelo per la XXXI Domenica del Tempo Ordinario /C

Introduzione al tema del giorno

Il brano della Sapienza, tratto dalla prima lettura, e il racconto di Zaccheo, tratto dal Vangelo di Luca, sono legati da un filo rosso, che attraversa tutta la Bibbia, ma emerge prepotentemente in alcune pagine che – senza enfasi – possono essere definite tra le più affascinanti della letteratura mondiale. Si tratta di quelle pagine in cui la smisurata distanza tra Dio e l’uomo, il misterioso abisso che ci separa da lui, viene colmato. Non perché l’uomo sia capace di dare la scalata al cielo (quando lo ha tentato, come a Babele, ha terribilmente fallito), ma perché è Dio stesso che ha varcato l’abisso: Dio che ama la vita e nulla disprezza di quanto ha creato.

Per leggere e comprendere

La prima osservazione che emerge dall’episodio è data dal contesto: subito prima dell’incontro con Zaccheo, infatti, Gesù, nei pressi di Gerico, aveva guarito un cieco che sedeva lungo la via mendicando. Al lettore non sfugge il legame tra il cieco guarito e il peccatore pentito: si tratta sempre della missione di Gesù, secondo l’evangelista Luca, tesa a «cercare e salvare ciò che era perduto». La salvezza dei perduti è per Luca un caposaldo della soteriologia. Il fatto che Zaccheo sia descritto come un «capo dei pubblicani e ricco» non fa altro che accentuare il cuore del pensiero lucano: nessuno è escluso dalla salvezza portata dal figlio dell’uomo.

All’inizio del racconto Luca mette in forte rilievo i gesti di Zaccheo: egli cerca di vedere Gesù, corre e sale su un sicomoro. Lo spessore dell’espressione «cercava di vedere chi fosse Gesù» è un segno che, nella ricerca di questo peccatore, ci fosse ben più di una semplice curiosità. Insoddisfazione, inquietudine, sofferenza? Non ci è dato sapere, ma quando l’uomo cerca la salvezza dal profondo della sua miseria, improvvisamente scorge Qualcuno che lo ha preceduto. Zaccheo voleva vedere chi fosse Gesù e ora deve accorgersi che, in realtà, era Gesù che cercava lui.

Nel momento in cui i due si incontrano la scena cambia: l’autore non insiste più sui verbi di movimento (passare, correre, salire…), ma sul rimanere, dimorare: «Zaccheo, scendi, perché oggi devo rimanere a casa tua». È notevole la forza di quel “rimanere”. La liberazione dell’uomo non è tale se non c’è un approdo, se non c’è una casa dove rimanere. Se al cercare non corrispondesse l’entrare e il rimanere, avremmo un vagare senza meta, come quello di Agar nel deserto di Bersabea. Ma questo non corrisponde al piano di Dio. Nel piano di Dio la ricerca deve trovare un punto d’approdo, che non è però un luogo ma una persona: la relazione con Cristo, che cambia la vita e permette a Zaccheo di intraprendere un altro cammino: «ecco Signore, io dò ai poveri la metà dei miei beni e, se ho frodato qualcuno, gli rendo il quadruplo».

L’incontro con Gesù non fa di Zaccheo solo un osservante della Torah. Zaccheo, infatti, fa molto di più di quanto la Legge esigeva. La sua decisione corrisponde all’ideale comunitario che Luca disegna nei capitoli 2 e 4 degli Atti: «quanti possedevano terreni e case li vendevano e poi, preso il prezzo delle cose vendute, lo deponevano ai piedi degli apostoli…». La condivisione visibile è un tratto essenziale dell’etica lucana. I richiami all’elemosina e alla condivisione dei beni sono una costante del Vangelo di Luca e questo significa che il pericolo reale della ricchezza non è solo quello di attentare al primato del Regno, ma anche quello di creare divisione nel popolo di Dio (cf. At  6,1). Zaccheo è il ricco che aderisce al modello del Regno annunciato da Gesù.

Interrogativi per attualizzare

  1. Cercare ed essere cercati. Siamo ancora uomini / donne in ricerca? Chi o cosa cerchiamo?
  2. Siamo testimoni di condivisione o di accaparramento?

Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano