Introduzione al tema del giorno
Nel Primo Testamento la regalità è uno dei tratti fondamentali dell’essere e dell’agire di Dio, ma a differenza degli altri popoli che si nutrivano della stessa convinzione, la Bibbia presenta la regalità di Dio nel soccorrere il debole, fare giustizia al povero, liberare l’oppresso… E quando in Israele, con Saul, fu instaurata la monarchia, la figura del sovrano terreno fu sempre vista e giudicata sulla base di quei requisiti fondamentali che contrassegnano l’agire di Dio. Nel Nuovo Testamento “il Regno di Dio” annunciato da Gesù continua ad avere gli stessi requisiti: esso appartiene ai poveri, ai miti, ai perseguitati a causa della giustizia…
Per leggere e comprendere
Il brano del cosiddetto «giudizio universale» è uno di quegli affreschi che hanno segnato la storia dell’umanità: non solo nell’ambito del pensiero religioso, ma anche nei campi della pittura, della musica, del canto… Il quadro è dipinto con tinte forti e impressionanti. Davanti al Figlio dell’uomo, che troneggia al centro, si dispongono – in due pannelli successivi e paralleli – le schiere dei giusti e degli empi. Alla lode o al biasimo del re segue la domanda stupita degli uni e degli altri e la risposta chiarificatrice del sovrano. Tutto il racconto si muove verso quel momento supremo in cui il Figlio dell’uomo svela ad ambedue i gruppi di essersi identificato con i “più piccoli” tra gli uomini: «In verità vi dico, ogni volta che avete fatto (non avete fatto) queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto (non l’avete fatto) a me».
L’identificazione tra il re giudice – maestoso e sovrano – e “i fratelli più piccoli” lascia sbalorditi. In qualche testo del Talmud abbiamo la raccomandazione a comportarsi verso i poveri e i bisognosi con la stessa bontà di Dio, ma in questo testo di Matteo, non si tratta semplicemente di una imitatio Dei e neppure un programma messianico a favore dei poveri. In questo testo, il Messia giudice considera fatto a sé l’atto di amore compiuto o negato verso i più piccoli tra gli uomini. La dignità escatologica del Figlio dell’uomo e l’“indegnità” del povero si sposano indissolubilmente, a insaputa dei soggetti.
L’elemento di sorpresa e costernazione di fronte alle parole del Re – quando ti abbiamo visto…? – genera molte perplessità perché non solo gli estranei sono all’oscuro dell’identificazione del Figlio dell’uomo con i poveri, ma anche i giusti. Nel Vangelo di Matteo abbiamo altri passi dove la sanzione escatologica sorprende i giusti. Forse la spiegazione va cercata proprio nel contesto della teologia di Matteo: in fondo, i giusti hanno sempre un sistema di sicurezze acquisite che difficilmente vengono messe in questione: “Signore non abbiamo cacciato demoni nel tuo nome?… e nel tuo nome non abbiamo compiuto miracoli?…» e allora «Io dirò loro: non vi ho mai conosciuti… andate via da me!…» (cf. Mt 7,21-23). Matteo vuole contestare la certezza di chi crede di essere dalla parte giusta sulla base di categorie inappropriate e illusorie. E così, anche il giudizio ultimo diventa il luogo di una rivelazione che frantuma sicurezze ed è sorpresa per tutti. Come la croce: non è, infatti, un caso che il testo del cosiddetto “giudizio universale” preceda il racconto della passione. Si tratta di un chiaro messaggio: nel tempo dell’attesa, che precede il ritorno di Cristo, nel tempo che ci separa dall’incontro finale, il Figlio dell’uomo è il crocifisso, e lo si incontra nei crocifissi della terra, nell’umanità stracciata, ferita e calpestata. È questo il corteo vittorioso di Cristo Re nel mondo.
Interrogativi per attualizzare
- Qual è la mia considerazione delle gerarchie del mondo? Chi occupa i primi posti e chi occupa invece gli ultimi? Sulla base di quali criteri giudico tutto ciò?
- Quali sono usualmente i miei atteggiamenti di fronte agli ultimi nella scala sociale?
Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano