Introduzione al tema del giorno
Il racconto dell’ascensione viene abitualmente letto in termini di “reportage”, come se Gesù – alla fine della sua vita terrena – fosse stato elevato fisicamente al cielo, sotto gli occhi attoniti dei suoi discepoli. In realtà, se letti bene, la pagina del libro degli Atti e il racconto di Matteo dicono qualcosa di diverso.
Luca e Matteo non vogliono offrire uno spettacolo pittoresco, che attiri l’attenzione come un fenomeno mediatico dai connotati paranormali, ma una lettura di fede sulla mèta e sul senso del cammino di Gesù e, di conseguenza, sulla mèta e sul senso del cammino cristiano. Il significato di un’esistenza si comprende spesso al suo compimento. L’ascensione è lo squarcio di luce che illumina l’intero percorso.
Per leggere e comprendere
L’ultima pagina del Vangelo di Matteo, che la liturgia di oggi propone, è stato definito “la chiave di comprensione” dell’intero racconto sulla vita di Gesù. Impressiona il contrasto tra i discepoli titubanti e ammutoliti, incapaci di dire alcunché, e Gesù, che pronuncia solennemente, a chiare lettere, le sue ultime volontà e appare altresì scandaloso che una missione così impegnativa sia affidata a uomini impauriti e divisi interiormente tra adorazione e dubbio. È il paradosso di tutta la bibbia: Dio vuole essere raccontato dagli uomini, Dio ha posto nell’uomo la sua fiducia e non si pente. Proviamo allora a comprendere alcuni motivi di questa missione affidata agli uomini.
Prima di tutto, l’evangelista dice che, nella sua missione, la chiesa non fa riferimento a sé stessa. L’unica sua ragion d’essere è il servizio al Regno e il servizio all’uomo. Porre un accento esasperato su di sé e sui problemi interni all’apparato, significa disconoscere il primato di Dio e del suo Regno. I discepoli sono chiamati a uscire da sé, per incontrare il mondo e camminare con gli uomini di ogni etnia e di ogni lingua, in nome di Dio. La missione ha bisogno di discepoli capaci di rompere gli argini dei particolarismi e delle chiusure grette, uomini dallo sguardo libero e lungimirante.
Un secondo motivo insiste sull’importanza dell’ortoprassi. La missione necessita di discepoli radicati nei comandamenti del Signore Gesù, che sappiano fare unità tra il dire e il fare. In effetti, l’atteggiamento costante dei discepoli in Matteo è proprio quello contrassegnato dalla oligopistia, che consiste in una fede vacillante, una fede piccola che, al momento della prova, non sa riconoscere la presenza del Signore. Dietro questo dubbio si riconosce la chiesa matteana e le comunità di ogni tempo, incapaci di affidarsi al vento dello Spirito. Come risposta, però, l’evangelista non offre palliativi e segni ambigui, ma la promessa della Presenza. È il terzo motivo di questo brano evangelico.
È la Promessa affidata alla Parola il punto d’appoggio della vita cristiana. A differenza di altri autori del NT, che si preoccupano di dissolvere i tentennamenti dei discepoli con nuove visioni o segni, l’originalità di Matteo consiste nel far balenare davanti agli occhi dei lettori la Parola autoritativa di Gesù e la promessa di una Presenza che loro stessi dovranno scoprire nelle crisi di fede. È sulla Parola, dunque, e non su nuove apparizioni, che i lettori sono chiamati a poggiare la loro fede. Grazie alla Parola, Colui che aveva accompagnato i discepoli nella sua vita terrena, ora vive ed è presente nella comunità cristiana in maniera totalmente nuova, che oltrepassa la percezione sensibile. In questo modo, il racconto dell’ascensione, nella prima lettura, e la promessa della Presenza fino alla fine dei tempi, nella terza, sono le due facce di un’identica verità: Gesù non è più visibile fisicamente agli occhi dei credenti delle diverse generazioni, e tuttavia non abbandona i suoi ed è misteriosamente presente nei loro cammini.
Interrogativi per attualizzare
- Gli uomini di ogni tempo cercano apparizioni e segni straordinari della presenza di Dio. Perché?
- Perché la Parola della Scrittura ha spesso così poco spazio nella vita pastorale?
Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano