Commento al Vangelo per l’Ascensione del Signore /C

Cari fratelli e sorelle, oggi si celebra l’Ascensione di Gesù al cielo, avvenuta quaranta giorni dopo la Pasqua. San Luca ci ha lasciato due racconti di questo mistero dell’Ascensione, che presentano lo stesso avvenimento in una luce diversa: nel vangelo il racconto costituisce quasi una dossologia: il finale glorioso della vita pubblica di Gesù; negli Atti l’Ascensione è vista come il punto di partenza dell’espansione missionaria della Chiesa. In questo mistero vogliamo contemplare tre personaggi: Gesù, i discepoli e gli angeli. Primo, Gesù che esce dal nostro spazio terreno per entrare nella pienezza della gloria di Dio, portando con sé la nostra umanità. Secondo, la reazione dei discepoli in un atteggiamento di adorazione, di gioia e di stupore. E infine, l’invito degli angeli agli “uomini di Galilea” a non attardarsi a guardare il cielo.

  1. Gesù condusse i suoi fuori verso Betània e mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo” (Lc 24, 50-51). L’ultimo messaggio di Gesù per ogni discepolo è questo: tu sei benedetto. C’è del bene in te. C’è molto bene in ogni uomo. Una benedizione ha lasciato il Signore, non un giudizio, non una condanna, ma una parola bella sul mondo, una parola di stima, quasi di gratitudine. Nel suo libro Gesù di Nazareth, papa emerito Benedetto XVI commenta così: “Gesù parte benedicendo. Benedicendo se ne va e nella benedizione Egli rimane. Le sue mani restano stese su questo mondo. Le mani benedicenti di Cristo sono come un tetto che ci protegge. Ma sono al contempo un gesto di apertura che squarcia il mondo affinché il cielo penetri in esso e possa diventarvi presenza. Nel gesto delle mani benedicenti si esprime il rapporto duraturo di Gesù con i suoi discepoli, con il mondo. Nell’andarsene egli viene a sollevarci sopra di noi stessi ed aprire il mondo a Dio. Per questo i discepoli poterono gioire, quando da Betània tornarono a casa. Nella fede sappiamo che Gesù, benedicendo, tiene le sue mani stese su di noi. È questa la ragione permanente della gioia cristiana”.
  2. Il Vangelo di Luca ci mostra la reazione dei discepoli davanti al Signore. Non ci furono in essi dolore e smarrimento, ma «si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia» (v. 52). È il ritorno di chi non teme più la città che aveva rifiutato il Maestro, che aveva visto il tradimento di Giuda e il rinnegamento di Pietro, aveva visto la dispersione dei discepoli e la violenza di un potere che si sentiva minacciato. Se, nel vangelo, i discepoli tornarono a Gerusalemme con grande gioia, negli Atti degli Apostoli, Luca descrive uno smarrimento degli uomini di Galilea attardati a guardare il cielo.
  3. Gli angeli. “Quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo»” (1ª let.). Quel Gesù con il quale i discepoli hanno «mangiato e bevuto» continua la sua permanenza invisibile nella Chiesa. Essa èchiamata a continuare la missione e la predicazione di Cristo e riceve il compito di annunciare il Regno e rendere testimonianza al Signore. Per questo gli angeli, dopo l’Ascensione del Risorto, invitano gli apostoli a non attardarsi a guardare il cielo: l’avvenimento a cui hanno assistito non coinvolge solamente loro; al contrario, da esso prende il via un dinamismo universale, «salvifico» e «missionario» che sarà animato dallo Spirito Santo (cf primalettura, v. 5). Gesù ci ha assicurato che in questo annuncio e in questa testimonianza saremo «rivestiti di potenza dall’alto» (v. 49), cioè con la potenza dello Spirito Santo. Qui sta il segreto di questa missione: la presenza tra noi del Signore risorto, che con il dono dello Spirito continua ad aprire la nostra mente e il nostro cuore, per annunciare il suo amore e la sua misericordia anche negli ambienti più refrattari delle nostre città. È lo Spirito Santo il vero artefice della multiforme testimonianza che la Chiesa e ogni battezzato rendono nel mondo.

Gesù non è scappato dalla nostra condizione umana, non si è allontanato dalle nostre miserie, anzi, è divenuto ormai il Sommo Sacerdote (2ª let.) compassionevole che intercede per i suoi fratelli.  Dice sant’Agostino: “Cristo ormai esaltato al di sopra dei cieli, ma soffre qui in terra tutte le tribolazioni che noi sopportiamo come sue membra. Di questo diede assicurazione facendo sentire quel grido: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?» (At 9, 4). E così pure: «Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare» (Mt 25, 35)”. Bellissime queste parole del prefazio sul senso di questo mistero dell’Ascensione: “Mediatore tra Dio e gli uomini, giudice del mondo e Signore dell’universo, non si è separato dalla nostra condizione umana, ma ci ha preceduti nella dimora eterna, per darci la serena fiducia che dove è lui, capo e primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria”.

Chiediamo al Signore la grazia di sentire la presenza del suo Spirito nella nostra vita e di essere testimoni della sua misericordia in questo mondo. Sia lodato Gesù Cristo.

Don Emmanuel Kilonda Tengeneza,
vicario parrocchiale in Sant’Andrea Apostolo, Paliano