“Risplende la Regina, Signore, alla tua destra”
Questo è il giorno della beatitudine in cui celebriamo una festa di luce, in cui ammiriamo lo splendore della Madre di Dio e nostra Madre. La Vergine coronata di gloria incomparabile illumina il nostro cammino verso il Cielo. È la festa del passaggio dall’uomo verso il divino, verso la patria ultima. È la festa dell’impegno per vivere rivolti ai beni eterni.
La gloriosa migrazione verso la pienezza della vita
Davanti al mistero che celebriamo, osiamo subito questo paragone: la festa odierna è una pasqua estiva in cui Dio ci dice: “Se pensate alla morte, guardate oltre la morte”. “Non siete fatti per la corruzione, ma per la risurrezione”. “Non siete fatti per il nulla, ma per la vita”. La festa dell’Assunzione è come una ripresa delle celebrazioni pasquali di primavera. Maria, la donna vestita di sole di cui ci ha parlato la prima lettura, è colei che ci precede come colonna di fuoco (cf Es 13, 21), presenza aurorale nelle grandi svolte della storia, luminosa madre contro il buio sterile e freddo di tanta nostra storia. Essa rappresenta l’archetipo della vita e della cura della vita, della fortezza e della intatta bellezza. Maria è l’icona del nostro futuro, l’immagine di ciò che siamo chiamati ad essere, creature sotto il segno della luce e della bellezza, gravide di vita e del coraggio di lottare contro tutto ciò che uccide.
L’esempio e la garanzia di questa divina verità è la Credente per eccellenza, la nostra Sorella e Madre Maria. Il prefazio della Messa del giorno di questa solennità recita così: “Oggi la Vergine Maria Madre di Dio è stata assunta in Cielo. Segno di sicura speranza e consolazione per il popolo pellegrino sulla terra, risplende come primizia e immagine della Chiesa chiamata alla gloria.”
È tutto qui riassunto il mistero che oggi celebriamo cioè la chiamata divina per il popolo cristiano a ricevere la stessa gloria di Maria. È in lei che risplende come primizia e immagine tutto il popolo destinato a questa gloria. Noi figli di Dio, avendo ricevuto nella Chiesa e dalle sue mani materne, il santo battesimo e gli altri sacramenti, abbiamo ricevuto per grazia ciò che Maria, l’Immacolata concepita, ha ricevuto per natura, in previsione della sua maternità divina. Il Verbo di Dio si fece carne per venire verso l’uomo attraverso Maria, oggi vediamo come Una di noi, Maria, viene assunta nella vita trinitaria, cosicché anche noi troviamo dimora in Dio attraverso di Lei. Maria dunque può essere definita a buon diritto, come l’incrocio, il carrefour tra il divino e l’umano.
Questa festa diventa dunque la possibilità di ricentrare il nostro obiettivo nel cammino verso la nostra gloria. Maria diventa anche la nostra compagna di strada, Colei che ci indica la via verso il Cielo, perché Lei la conosce, ha portato in grembo e in braccio la Via, la Verità e la Vita, Gesù.
Nell’era della grande tecnologia, non sappiamo più descrivere le vie, raccontare le verità, perché la nostra intelligenza procede in un modo intuitivo; non abbiamo più bisogno delle coordinate stradali, perché abbiamo il navigatore. Eppure delle volte ci perdiamo nelle varie viottole non aggiornate, spesso per causa dei lavori in corso. Il mondo sempre in cantiere si scopre bisognoso di un ricalcolo, di un altro senso di orientamento, quello meno scontato, più aggiornato per trovare la propria direzione di marcia. Ecco allora Maria, la stella del mattino, la stella del mare, la guida sicura, la coordinata vera di incontro tra Dio e l’uomo.
Celebriamo l’unificazione tra il divino e l’umano, il cielo e la terra! Celebriamo l’innalzamento di Maria, in anima e corpo alla gloria del cielo; singolare evento che il 1° novembre del 1950 Pio XII, di venerata memoria, dichiarò dogma di fede.
Ora di fronte a tutti i dogmi ci possono essere dei rischi nell’interpretarli, nel leggerli, nel viverli soprattutto in questo tempo in cui tutto è sottoposto a critiche e a verifiche meramente scientifiche. Il tutto rischia di cadere sotto la sfera dell’opinabile. C’è il rischio di un’interpretazione letterale che confonde la sostanza con l’involucro espressivo e il pericolo di un’interpretazione superficiale. C’è poi il pericolo di un rifiuto altrettanto superficiale dei dogmi, quando si dimentica che si tratta di segnali indicatori di cammino e non di verità di fede date in pacchetti.
Una bellezza che ci salva dalla pesantezza della vita
L’odierna solennità dell’Assunzione della beata vergine Maria ci offre immagini e prospettive meravigliose che saremmo tentati di collocare nella dimensione dei sogni più belli, tanto suggestivi quanto irreali.
I termini della nostra esistenza che crediamo di conoscere molto bene non ci permettono, purtroppo, di coltivare un senso di leggerezza e di libertà. A volte avvertiamo dentro di noi una sorta di pesantezza oscura che grava su tutte le espressioni del nostro vivere, contrassegnandole con le note della stanchezza e della mediocrità.
In qualche momento di lucidità ci pare di capire che a farci soffrire maggiormente è la sensazione della brevità delle cose per cui anche le esperienze più belle prendono talvolta un sapore amaro.
La festa dell’Assunzione modifica radicalmente il nostro modo di pensare e di sentire a tal punto che ci arrestiamo increduli domandandoci: “Che cosa c’è di vero in questo messaggio di grazia, di bellezza, di vita che non perisce, ma che si raccoglie trasfigurata nel mistero grande della vita di Dio?”
Perché l’Assunzione non sia vista unicamente come un mito poetico, ma come un evento esemplare, capace di riscattarci dalle nostre rassegnate stanchezze, può essere opportuno prestare attenzione anzitutto a un dato importante dell’esperienza. Noi sappiamo, per via di un’oscura ma autentica esperienza, che tanto più si gode di un’esistenza viva quanto più si ama.
La bellezza di una figura materna ci riscatta dalla noia
Perché certe persone appaiono spente, pur disponendo di una vitalità fisica ancora molto promettente? Chi ha spento l’amore dentro di sé, ha spento anche la vita. Ecco perché tra le persone più vive emerge la figura della madre. La madre è una persona viva perché dà la vita. Non soltanto la vita biologica, ma quella vita interiore che è il formarsi di un essere personale con la sua libertà e la sua sensibilità.
E questo avviene attraverso una sorta di contatto nel profondo, a livello dell’anima. Contatto delicato, misterioso, creativo, per cui l’amore della madre si converte in una nuova nascita.
Questo compito Maria l’ha svolto in modo esemplare nei confronti di Gesù. Essa si è donata totalmente per formare l’esistenza umana di Gesù. Per questo Maria appare nel vangelo, come e più di tutte le madri, una persona viva, una persona cioè che esprime la bellezza di un’esistenza pienamente realizzata.
Ed è bello vedere nel vangelo di Luca che l’incontro tra due madri, Maria ed Elisabetta, avviene nel segno di una commozione gioiosa, quasi di danza, una danza che coinvolge anche i due bambini che portano in grembo.
Nel caso di Maria inoltre, a spiegare il suo rapporto privilegiato con la pienezza del vivere, bisogna aggiungere che Gesù, oltre che figlio suo, è figlio di Dio. Avviene perciò nell’esistenza di Maria qualcosa di singolare. Mentre Gesù nel suo sviluppo umano non cessa di nascere da Maria, Maria a sua volta non cessa di nascere da Gesù, di essere cioè trasformata e trasfigurata secondo la misura della luce, dell’amore, della vita che c’è in Gesù. Questa nascita e rinascita è tra Gesù e Maria, è tra Gesù, Maria e l’uomo.
Satana nella Bibbia è presente come il grande riduttore, colui che impoverisce, rimpicciolisce, defraudando di tutto ciò che è alto e magnanimo, condannando alla mediocrità. Dio invece è colui che dilata, per cui ogni realtà anche piccola, ogni frammento di vita, ogni ora, di dolore o di gioia, di successo o di insuccesso, può diventare divinamente grande. Tutto diventa mistero sacro perché in ogni cosa c’è qualcosa del mistero di Dio.
E si comprende inoltre perché Maria custodisca dentro di sé il senso dell’eterno, della vita cioè che non si annulla ma, come ha detto l’apostolo Paolo (1 Cor 15, 53), si veste di immortalità: “Tutte le generazioni mi chiameranno beata”.
È importante camminare con il senso dell’eterno, come pellegrini che camminano non verso l’ignoto, ma verso luoghi santi e mete sante. Maria aveva fiducia che seguendo i passi di Gesù avrebbe camminato non verso la morte, ma verso la vita.
La vittoria della donna sul drago fa scendere, dall’anima e dal corpo glorificati di Maria fino a noi, come una benedizione su tutto ciò che rappresenta il nostro male di vivere.
Una benedizione sugli anni che passano, sulle tenerezze negate, sulle solitudini patite, sul decadimento di questo nostro corpo, sulla corruzione della morte, sul nostro piccolo o grande drago rosso, che però non ci ruberà il frutto della vita, non ci divorerà il figlio, non rovinerà cioè quello che abbiamo creato o generato nel pellegrinaggio della vita, “perché tutto è di Cristo e Cristo è di Dio” (1 Cor 3, 23).
Noi dobbiamo abitare la terra con la parte di cielo che la compone. Dobbiamo solo camminare ancora, occupati solamente dell’avvenire che è in noi. Allora il grande viaggio diventerà “una gloriosa migrazione verso la vita” (E.M.Ronchi).
Buona festa del nostro futuro!
Don Cyriaque Marie Niyongabo,
parroco di Santa Margherita e San Rocco in Olevano Romano