Commento al Vangelo per l’Epifania del Signore /A

Introduzione al tema del giorno

L’epifania, “manifestazione del Signore Gesù”, viene celebrata nelle letture odierne come la festa dell’universalità: una festa dagli orizzonti sconfinati; la festa dei lontani, inaccessibili ai nostri confini troppo angusti. La bella notizia è che questi lontani sono diventati vicini, grazie a quel centro intorno a cui tutto gravita: il Regno di Dio.

Per leggere e comprendere

Il motivo dei lontani è fondamentale nel racconto di Matteo sui magi. L’autore non soddisfa la curiosità dei lettori e non si sofferma sull’identità dei personaggi, sul loro numero e sulla strada percorsa. Tutti questi elementi saranno oggetto di speculazioni apocrife successive. Il Vangelo punta invece l’attenzione sul fatto che vengono dall’oriente, guidati da una stella, alla ricerca del Messia. La menzione dell’oriente richiama il tema dell’universalità, tanto caro a Matteo, che conclude il suo Vangelo con l’invio dei discepoli a tutte le nazioni, senza distinzioni di cultura, di razza e di colore. Il modello di chiesa che appare in questo Vangelo è un modello “ecumenico”, dove ebrei e pagani, vicini e lontani s’incontrano nel nome del “Messia Gesù”.

Ma ecco il paradosso, che sconvolge qualsiasi tipo di incontro: da una parte c’è Erode, con i sacerdoti e gli scribi, dall’altra i magi; da una parte i vicini, residenti a Gerusalemme, dall’altra i lontani, venuti dall’oriente; da una parte il linguaggio della Scrittura, dall’altra il linguaggio delle stelle. I due popoli non s’incontrano: mentre i lontani si avvicinano, lo trovano e «si prostrano», i figli del Regno rimangono fuori. Bisogna subito mettere in chiaro che l’ammonimento concerne tutti i lettori, come dimostrano diversi testi matteani, dove ad essere interpellati sono proprio i credenti in Cristo, chiamati tutti a far parte dell’unica famiglia di Dio.

Ciò che rimane necessario è la ricerca autentica di Colui che dà senso al cammino e dona la pacificazione dei cuori. Non appena due razze, due culture o due religioni incrociano i loro cammini, incominciano a scrutarsi, cercando subito il posto di combattimento. Si vuole occupare il centro, senza sapere che al centro c’è già Qualcuno, senza il quale ogni incontro resta impossibile. Abbiamo imparato a fare di noi stessi il punto di riferimento, senza pensare che il Regno di Dio viaggia su meridiani e paralleli infinitamente lontani. Tornano in mente le parole di Paolo, estremamente attuali, un punto di riferimento imprescindibile per tutti gli uomini di buona volontà: egli «recò il lieto annuncio di pace a noi che eravamo lontani, pace a quelli che erano vicini. Poiché egli è la nostra pace, che fece d’entrambi uno solo e compose i due in se stesso, nell’unico uomo nuovo, facendo la pace, e riconciliò tutti e due in un unico corpo, annientando in se stesso le inimicizie» (Ef 2).

L’opera di riconciliazione di Cristo è vista da Paolo come un’opera di pace tra vicini e lontani. Certo, nella chiesa delle origini i due gruppi bisognosi di riconciliazione erano ben identificabili, ma la pace non riguarda solo i giudeo-cristiani e gli etnico-cristiani. Matteo e Paolo offrono un modello valido ancora oggi, per singoli e famiglie, gruppi e chiese, etnie e nazioni… Tutti sono chiamati a camminare insieme, perché «la pace» è l’unico luogo dove si possa incontrare l’Emmanuele, il Dio-con-noi.

Interrogativi per attualizzare

  1. Quali esseri umani considero “vicini” e/o “lontani”? Per quali ragioni?
  2. Come possono oggi, le nostre comunità, essere strumenti di riconciliazione e non di divisione tra individui, famiglie, etnie, nazioni…?

Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano