Il tema della Festa
Nel contesto dell’Avvento, la chiesa ha posto la figura di Maria: colei che ha creduto e ha portato in grembo il Signore Gesù. Maria si è fidata di Dio, a differenza di Adamo – e cioè dell’uomo – che, al passaggio di Dio, si era nascosto. Letta in questa chiave, la festa dell’Immacolata rivela non solo la vocazione di Maria, ma quella di ogni credente: siamo tutti chiamati a confrontarci con colei che ha creduto nella Parola.
Prima lettura: Gen 3,9-15.20
Il brano del libro della Genesi che ci viene proposto nella festa dell’Immacolata descrive la situazione dell’uomo, di ogni uomo (perché Adamo siamo tutti noi), nella sua condizione di essere relazionale. Mediante un linguaggio mitico e uno schema letterario di tipo processuale, l’autore scava dentro la condizione umana, ricavandone una riflessione sapienziale profonda e attuale sul peccato, sulla situazione dell’uomo e della donna, e sulle conseguenze devastanti derivate dalla libera decisione di contravvenire all’ordine divino.
“Dove sei?” chiede Dio all’uomo che si era nascosto. Sembra una pura richiesta di informazione, e invece è una domanda che colloca l’uomo di fronte alle sue responsabilità. Il peccato ha avuto la forza di trasformare la familiarità con Dio nella paura di lui. Ma non solo. Fuggendo da Dio, l’uomo fugge da sé stesso e finisce per trovarsi in una situazione di profonda alienazione. La paura e il nascondimento sono i segnali più evidenti di questa estraniazione. La risposta dell’uomo alla domanda divina è deludente. Infatti, invece di assumersi le proprie responsabilità, egli tenta di scaricarle sulla donna e, in fondo, su Dio stesso che gliel’ha posta accanto. La fuga dalle proprie responsabilità è vista come profondamente radicata nella condizione umana e come una delle cause prime della rottura dei rapporti. La donna è chiamata anch’essa a giustificarsi, ma – come l’uomo – invece di riconoscere la sua fragilità e il suo peccato, fondamento imprescindibile per ricostruire autentiche relazioni, chiama in causa il serpente. Neppure lei percepisce che questa fuga da Dio e da sé stessa è un cammino suicida.
Le sentenze che seguono – e soprattutto la maledizione diretta del serpente – appartengono al genere mitico del brano, ma il messaggio è chiaro: l’autore non tralascia di porre un seme di speranza in questo terreno tenebroso di peccato, di sofferenza e di morte. Alcuni Padri hanno interpretato mariologicamente l’accenno alla vittoria del «seme» della donna sul serpente. In effetti, anche se il testo dice di per sé un’altra cosa – mettendo l’accento sulla lotta acerrima che l’umanità (il seme della donna) dovrà sempre ingaggiare con il maligno – tuttavia, alla luce dei riferimenti biblici presenti soprattutto nel NT, il rimando a Maria non è del tutto improprio. In quanto madre del Messia, rappresenta l’umanità nuova, che non ha paura di Dio e non si nasconde davanti al suo volto. Maria rappresenta l’essere umano scelto per essere in tutto «conforme al suo volere»: l’uomo nuovo, capace di vincere il male e di entrare in una relazione completamente diversa con il mistero di Dio e il mistero dell’uomo.
Il Vangelo: Lc 1,26-38
Questa relazione nuova è descritta mirabilmente dal brano evangelico di questa festa. Nei primi due capitoli del suo Vangelo, Luca abbozza due pannelli con le figure del bambino Giovanni e del bambino Gesù, presentati in parallelo. Le loro annunciazioni e le loro nascite testimoniano l’inizio di un cammino che si apre grazie alla fedeltà di Dio e il parallelismo ha la funzione di indicare la superiorità di Gesù su Giovanni Battista. Accanto a questo parallelo, però, il testo di Luca dipinge altri due pannelli con le figure di Zaccaria e Maria, i due protagonisti a cui si rivolge l’angelo del Signore. Da una parte abbiamo un uomo che riveste un’importante funzione sacerdotale, nella città santa di Gerusalemme e nel tempio; dall’altra abbiamo una ragazza, laica, senza un ruolo significativo, che vive nella sua casa, a Nazareth, cittadina poco conosciuta e poco apprezzata. L’annuncio dell’angelo a una donna non è nuovo nella letteratura biblica. Anche ad Agar, disperata e sola in mezzo al deserto nemico, si era rivolto l’angelo del Signore, per dare la certezza che Dio non è solo il Dio di Sara, ma anche il Dio di Agar, e che una Promessa è data non solo al figlio della libera, ma anche a quello della schiava. Il testo di Luca ribadisce e approfondisce la libertà e la gratuità di Dio che sceglie, ancora una volta, strade inconsuete della salvezza, rappresentate questa volta da una giovane donna del popolo. Il contrasto risulta ancora più stridente se si pensa che il sacerdote Zaccaria non crede alla parola a lui rivolta, mentre Maria mostra una totale fiducia.
Sullo sfondo di questo parallelismo va letto l’episodio dell’annuncio a Maria, che la pagina evangelica ci presenta. Agli occhi di Luca, Maria non è la donna eccezionale, rivestita di privilegi e splendore, come noi spesso la raffiguriamo, ma colei che, trasformata dall’amore benevolo di Dio, risponde “sì” all’appello e al piano di Dio. In questo contesto si comprendono il turbamento, le domande e le risposte di Maria che sono quelle di ogni credente davanti al mistero divino.
Il testo non dice che l’angelo apparve, ma che entrò, quasi a significare che l’incontro con Dio avviene negli eventi più ordinari della vita, quali l’uscire e l’entrare. Le prime parole dell’angelo contengono un saluto e una benedizione molto frequente nell’Antico Testamento: il Signore è con te. Con questa espressione Maria è posta davanti a una missione particolare. In linea con gli uomini e con le donne dell’Antico Testamento, scelti da Dio per un compito di salvezza, Maria viene interpellata e rassicurata dalla promessa di una Presenza. Il suo turbamento non è la paura di Adamo che si nasconde agli occhi di Dio, e neppure la paura di Zaccaria che, davanti alla visione dell’angelo, è assalito dal dubbio. Il turbamento di Maria è provocato dalla prospettiva evocata dalla Parola a lei rivolta. Davanti a Dio e al suo misterioso appello, l’uomo avverte sempre la sua piccolezza: Mosè deve coprirsi il volto quando la Gloria passa davanti a lui, il profeta Isaia si sente un uomo dalle labbra impure e Geremia avverte la sua naturale inadeguatezza. L’ingresso di Dio nella vita di un uomo provoca sconcerto e domande, ma assicura anche la Presenza. Dio sarà presente: nella gioia e nel dolore, nella fatica e nell’affanno.
Maria non dubita, chiede. Nel sondare l’abisso che la separa da Dio, pone delle domande e, in questo modo, entra in una comunione sempre più profonda con lui e con il suo misterioso disegno. Alle domande di Maria, Dio risponde. Come nel tempo passato con i profeti e con i suoi servitori, anche con Maria Dio agisce, colmando la distanza: trasformata dalla grazia e dalla potenza creatrice dello Spirito, essa diverrà la madre del Figlio di Dio. Il testo non si sofferma su aspetti psicologici o periferici: tutta l’attenzione si concentra sul Figlio che nascerà da lei e sulla potenza creatrice e vitale di Dio, capace di fecondare la storia di Israele e dell’umanità, grazie alla disponibilità di una ragazza del popolo.
L’ultima parola del racconto racchiude una densità straordinaria, perché Maria dichiara la sua totale disponibilità di serva del Signore in conformità alla sua Parola. Certamente queste espressioni esprimono l’umile sottomissione di Maria al volere divino, ma non solo. Nel contesto della comunità lucana esse definiscono il ruolo di Maria e offrono un modello per i lettori. Maria rappresenta l’umanità rinnovata; gli uomini nuovi modellati dalla potenza dello Spirito, che non hanno più paura alcuna di incrociare lo sguardo di Dio.
Don Massimo Grilli,
Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano