Il tema della Festa
La festa della presentazione di Gesù al tempio è una festa di luce. Non a caso viene chiamata popolarmente Candelora e trova origine in fiaccolate che nei tempi antichi illuminavano la notte. «Luce per illuminare le genti» esclama il vecchio Simeone nella lettura odierna del Vangelo, parlando della salvezza di Dio manifestata in un bambino portato da Maria e Giuseppe al tempio di Gerusalemme per la circoncisione, come prescritto dalla Torah. È del tutto opportuna questa festa oggi, in un momento dove tutti cerchiamo un raggio di luce nelle tenebre dell’arroganza e della violenza fisica e verbale che regnano sovrane, in un tempo in cui – almeno in occidente – le istituzioni civili, sociali ed ecclesiali sono in declino. È del tutto appropriato che la liturgia ci ricordi oggi Colui nel quale possiamo trovare la luce della speranza.
Prima lettura: Mal 3,1-4
Malachia scrive in un tempo difficile, subito dopo la terribile catastrofe dell’esilio. Un tempo faticoso sia perché la ricostruzione dell’identità di un popolo e di una nazione distrutta dall’esilio non procedeva come si pensava in un primo momento, sia perché – al pari di oggi – le istituzioni civili e religiose attraversavano una crisi profonda, a causa del trionfo degli arroganti e a causa della superficialità e dell’insipienza dei ministri del culto. Era facile pensare che Dio avesse abbandonato per sempre il suo popolo. Malachia si erge contro questa decadenza, contro il culto ipocrita e menzognero (non accetto l’offerta delle vostre mani: 1,10) e combatte per una fisionomia morale e spirituale di alto livello, secondo la tradizione deuteronomistica annunciando un inviato di Dio con il compito di purificare il sacerdozio levitico compromesso dal peccato (purificherà i figli di Levi!) e di ristabilire l’alleanza ormai dimenticata. È alla luce di questo testo e di questa attesa che va compreso il passo del Vangelo lucano presentato nella liturgia.
Il Vangelo: Lc 2,22-40
Il vecchio Simeone viene presentato dall’evangelista come un uomo giusto e pio che aspettava la consolazione di Israele, il momento dell’intervento divino annunciato dal profeta Michea. E con lui c’era una donna, vedova, che serviva con preghiere e digiuni Dio, notte e giorno. Simeone ed Anna non appartengono agli apparati di potere, ma agli ’anawîm, i poveri di Jhwh, invisibili agli occhi del mondo, ma autentici e grandi davanti a Dio. Tutti i personaggi dei racconti lucani rientrano in questo mistero di Dio che non si è pentito della creazione perché questo mondo – di cui Dio non si è pentito – ha bisogno di salvezza. In tutto il suo Vangelo Luca sottolinea questa dimensione di un mistero d’amore che abbraccia ogni essere umano, nessuno escluso, grazie agli ’anawîm, i poveri di Jhwh, che sanno riconoscere i raggi di luce che attraversano un mondo di oscurità e di menzogna.
Simeone prende tra le sue braccia il bambino ed esclama: “i miei occhi oggi hanno visto la tua salvezza”. È il quarto e ultimo cantico di questi primi capitoli lucani (dopo il Magnificat, il Benedictus e il Gloria), quasi a dire che la salvezza è un canto e avviene perché l’essere umano impari a cantare. L’oggi della salvezza ha in Luca uno spessore umano e universale: “oggi vi è nato un salvatore” viene annunciato ai pastori; “oggi la salvezza è entrata in questa casa” dirà Gesù nella casa di un peccatore; “oggi sarai con me in paradiso” sarà una delle ultime parole rivolte a un malfattore condannato sulla croce. A significare che la cristologia lucana è impregnata di soteriologia. Luca è l’autore neotestamentario che sottolinea maggiormente questo aspetto; prendere in braccio quel bambino significa prendere in braccio la salvezza di Dio, che in Luca assume caratteri tangibili e universali: tangibili perché il Dio lucano è un Dio che nutre sentimenti, si commuove, prova gioia e tristezza… Universali perché l’abbraccio non esclude nessuno. Non a caso Luca, nella genealogia, risale fino ad Adamo, mentre Matteo risale fino ad Abramo. Certamente Abramo è benedizione per tutte le genti, ma per Luca è importante l’essere umano nella sua concretezza e nella sua corporeità, che esprime interiorità. La salvezza, dunque, nel Vangelo di Luca, si incontra sulle strade che percorriamo, nelle lacrime che asciughiamo, nel boccone di pane che doniamo, nel carcerato che visitiamo… La storia nella sua interezza e nella sua pienezza si articola in «storia di salvezza», quando l’essere umano riconosce la luce che si posa nelle sue braccia!
E tuttavia, la prospettiva salvifica lucana sarebbe incompiuta se non si marcasse un’altra dimensione fondamentale per l’essere di Dio e l’essere dell’uomo: la salvezza di Dio richiede partecipazione! Il vecchio Simeone, stringendo il bambino nelle sue braccia, esclama: … i miei occhi hanno visto la tua salvezza preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele! La salvezza non è tale se non varca la soglia dell’«io» per incontrare un «tu». Non ci si salva da soli! Luca mette in evidenza questa strutturante proprietà della salvezza soprattutto nel momento supremo della morte. A Gesù crocifisso viene rivolto per tre volte l’invito a «salvare se stesso». «Salva te stesso» viene gridato dai capi del popolo, dai soldati e da uno dei crocifissi con lui. Gesù non risponde e rimane solidale con Dio e con l’uomo. Luca ci ricorda che la salvezza è solidarietà. In un mondo di oligarchi plutocrati non c’è posto per la salvezza dei miseri. Oggi come ieri, si creano confini che dividono il mondo in ricchi, intelligenti e capaci, e poveri, inetti e maledetti. La salvezza di Dio non appartiene agli oligarchi, ma a Simeone ed Anna, Elisabetta e Maria, Giuseppe e Zaccaria, gli ’anawîm Jhwh, esseri umani che credono e sperano. Un potere narcisista e autocrate, che costruisce la salvezza solo per sé, senza degnare di uno sguardo le pietre scartate, è un potere che va in rovina. La storia biblica di salvezza, come Luca la descrive, capovolge le categorie degli arroganti, perché vive di gratuità e di amore.
Don Massimo Grilli,
Professore emerito della Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano