Il tema del giorno
Nel descrivere l’evento della Pentecoste, gli Atti degli apostoli si servono di categorie conosciute ai lettori del tempo: il fragore, il vento, il fuoco… sono segni tipici delle teofanie anticotestamentarie (come quella del Sinai, ad esempio) e accompagnano le manifestazioni di Dio nella storia. Mediante queste rappresentazioni, gli Atti non intendono presentare un resoconto storico di come andarono i fatti, ma qualcosa di estremamente più importante, la cui realizzazione è già iniziata nella festa di Pasqua e dell’Ascensione, ma che ora, nella Pentecoste, trova un’ulteriore conferma e arriva al suo coronamento. Perché, in realtà, risurrezione, ascensione e discesa dello Spirito costituiscono un solo evento: il mistero della nostra salvezza, del rinnovamento del cosmo e dell’uomo.
Lo Spirito che si era posato su Gesù, nella sua vita terrena, pervade ora i credenti: «discese sul Figlio di Dio, divenuto figlio dell’uomo, abituandosi con lui a dimorare nel genere umano, a riposare tra gli uomini e ad abitare nelle creature di Dio, operando in essi la volontà del Padre e rinnovandoli dall’uomo vecchio alla novità del Cristo» (Ireneo). È in questo mistero di novità e di fecondità che la Parola di Dio ci introduce oggi, mostrando come la Pentecoste sia un evento centrale per comprenderci e comprendere la Chiesa di cui siamo membra vive.
Prima lettura: At 2,1-11
La Pentecoste testimonia anzitutto che, dove lo Spirito di Dio discende, si genera una vera koinonia, un’autentica comunione: «tutti stavano insieme nello stesso luogo» e «tutti furono ripieni di Spirito Santo». Con un linguaggio più confacente al nostro tempo, si potrebbe anche dire che essere chiesa, essere-in-comunione-di-Spirito, è tutt’altra cosa dall’essere un “sistema”. Perché il sistema vive senza mistero, ha bisogno di burocrati, funzionari. Nel sistema le persone sono interscambiabili e, in fin dei conti, valgono poco o niente, perché sono funzionali alla sopravvivenza dell’apparato. Al contrario, la Chiesa è una comunità dove Pietro, Paolo, Barnaba… sono persone vive, che cercano, lottano, testimoniano… nell’ottica del reciproco rispetto e della reciproca accoglienza. Nella Chiesa abitanti della Mesopotamia e della Cappadocia, dell’Egitto e di Roma… sono chiamati a stringersi in una solidarietà, dove i princìpi di razza, di prestigio personale, di carriera… non costituiscono motivo di distinzione sprezzante, ma di reciproco sostegno, perché «a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune… e in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo: giudei o greci, schiavi o liberi…» (1Cor 12,7.13). A fondamento della comunità cristiana non sta né la connotazione sessuale, né l’elenco delle prestazioni, né il curriculum dei successi; per queste cose non c’è bisogno di una Chiesa. A fondamento della Chiesa sta l’essere-in-comunione-di-Spirito nel nome del Signore Gesù.
Un secondo aspetto che Luca testimonia con il racconto della Pentecoste è ciò che Paolo esprime in un forte enunciato della seconda lettera ai Corinti: «Ove è lo Spirito del Signore, ivi è la libertà» (3,17). Erich Fromm, il famoso psicanalista tedesco vissuto negli Stati Uniti nel secolo scorso, ha affermato che l’uomo moderno, liberato dalle costrizioni della società pre-individualistica, che gli dava sicurezza ma al tempo stesso lo limitava, ha raggiunto una libertà, che gli ha offerto più indipendenza ma, al tempo stesso, lo ha sempre più isolato, rendendolo ansioso e impotente. La sottomissione al totalitarismo dei regimi dittatoriali e l’accettazione acritica del conformismo da parte di ampi settori delle società democratiche di massa dimostrano la disperata paura che l’uomo ha della libertà.
Il cristiano non teme la libertà, e il confronto di Paolo con il partito di Giacomo, e con Pietro stesso, nell’assemblea di Gerusalemme raccontata nel prosieguo degli Atti (At 15), mostra quanto fortemente radicata fosse la convinzione che dove è lo Spirito del Signore, ivi è la libertà. A tal punto che la Chiesa delle origini sentì il bisogno di esprimersi dicendo: «Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di non imporvi nessun altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie…» (At 15,28). Per la visuale ebraico-cristiana, così come espressa nella Bibbia, Dio non solo non è nemico della libertà ma, al contrario, ne è il supremo fautore e garante. Anche la legge è data all’uomo perché l’uomo sia pienamente uomo, pienamente libero. La legge del cristiano è legge dello Spirito (Rm 8,2) e una Chiesa che teme la libertà non è abitata dallo Spirito. Certo, non si può dimenticare che, nella Bibbia, la libertà non è mai solo una libertà da, ma una libertà per, e che non è, né può essere definita, solo come auto-nomia, ma sempre teo-nomia, perché è in Dio il suo fondamento. E tuttavia, è necessario sempre ricordare che una comunità cristiana è chiamata ad essere uno spazio dove ogni essere umano possa trovare gratuità e gioia di vivere, passione e comunione.
Il Vangelo: Gv 15,26-27; 16,12-15
Oltre alla koinonia e alla libertà, il Vangelo odierno ricorda un terzo aspetto che connota una comunità cristiana: la Presenza del Paraclito. Il termine Paraclito è molto suggestivo, perché è composto da una preposizione (para) e da una forma verbale (kaleô), esprimendo la missione dello Spirito chiamato a starci accanto (para-klêtos). Colui che ci sta accanto è l’amico che ci soccorre o ci consola, il rabbi o maestro che ci aiuta a comprendere quanto accade o, in certe situazioni particolari, l’avvocato che ci difende dalle accuse… Nel Vangelo di Giovanni, tutte queste funzioni sono attribuite allo Spirito-Paraclito. Ma i detti che leggiamo oggi nel Vangelo ci aiutano ad approfondire un aspetto molto attuale, perché il Paraclito fa pervenire il credente alla Verità degli eventi: «… quando verrà lo Spirito di Verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera…». Nella Bibbia, lo Spirito è sempre in stretto rapporto con la verità della storia e della vita e con il soffio che crea e fa vivere, a tal punto che l’orante del Sal 104, guardando gli uomini prega Dio, dicendo: «Tu ritiri lo spirito, ed essi muoiono ritornando nella loro polvere; tu mandi il tuo spirito, ed essi sono creati, e tu rinnovi la faccia della terra» (Sal 104).
Ecco la testimonianza che viene chiesta al cristiano che possiede il Paraclito: smascherare le menzogne che avvolgono il mondo e le relazioni umane e mostrare una prospettiva nuova, generatrice di vita. Molte comunità cristiane hanno assimilato il sistema culturale-valoriale fondato sul consumo, sul successo e sul potere, proprio della nostra società occidentale e ciò ha portato uomini e donne del nostro tempo a considerare la Chiesa una lobby tra le lobby che governano questo mondo. Lo Spirito della Pentecoste è l’antidoto dell’idolatria, è la contestazione delle regole su cui è costruito questo mondo e la testimonianza di possibilità di esistere in maniera nuova, diversa. Ignazio IV Hazim, uomo di pace e di grande profezia, primate della Chiesa greco-ortodossa di Antiochia, ha parlato dell’urgenza di una spiritualità creatrice, «la sola capace di scuotere il nichilismo dell’Occidente, il suo freddo cinismo… Abbiamo bisogno soprattutto di una santità dell’intelligenza, capace di illuminare tutta la complessità della vita mondiale, capace di aprire profeticamente le vie di un’umanità planetaria e trinitaria, unita e nel contempo rispettata nella sua molteplice diversità. Abbiamo bisogno di vere comunità in cui la comunione non sia una parola vuota, in cui gli uomini reimparino a respirare la bellezza, la condivisione, l’amicizia, per diventare più responsabili e più creativi nella storia… Si ha talora la percezione che l’umanità oggi sia posta davanti a una scelta decisiva: o il suicidio nucleare, ecologico, la disintegrazione delle anime, dei corpi, delle società, le mostruosità genetiche, oppure il superamento spirituale. È ai cristiani riunificati che spetta aprire le vie di questo superamento, in collaborazione con gli uomini aperti e con i fedeli di altre religioni, quando sanno vincere la tentazione dell’ideologia. Di fronte alla minaccia di disintegrazione… di fronte alla scienza e alla tecnica fine a sé stessa, sta la finalità dell’uomo immagine di Dio e della terra-sacramento, segretamente penetrata dalla gloria del Risorto».
Don Massimo Grilli,
Professore emerito della Pontificia Università Gregoriana e Responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico Diocesano