Nel brano del Vangelo di Marco di domenica 14 febbraio, Gesù incontra un lebbroso che viene verso di lui per chiedere il dono della guarigione: “se vuoi puoi guarirmi”.
La lebbra, malattia spaventosa in quel tempo e terribile per secoli e secoli, quasi fino ai nostri giorni, nell’Antico Testamento era considerata una qual certa punizione o comunque condizione proveniente dal peccato personale del lebbroso o di qualcuno dei suoi parenti (genitori soprattutto).
Impure le carni del lebbroso e impura quindi la sua condizione interiore.
Il lebbroso doveva stare separato (fuori dell’accampamento) e comunque se mendicava (indossando vesti strappate, capo rasato e velato fino al labbro superiore), doveva avvertire della sua presenza chi lo incontrava, per non passare il suo stato di impurità ad altri….
Questo lebbroso, citato nel Vangelo di Marco, venne da Gesù …..e non fu respinto: “ne ebbe compassione”: “Cum patire”: soffrire insieme ; “cum patior”; lo sguardo di Gesù non è uno sguardo che separa chi è integro da un altro che è frammentato e colpevole del suo male.
Nella compassione questa distinzione crolla, il concetto di colpa svanisce, sostituito da un indicibile senso di umanità che accomuna i due (Gesù e il lebbroso).
Ecco allora apparire il gesto di Gesù: “stese la mano e lo toccò” – Riappare il gesto di Gesù compiuto con la suocera di Simone: “la prese per mano e la alzò”. Segue poi la parola di salvezza: “lo voglio sii purificato”.
Gesù l’avrebbe detta a tanti ammalati questa parola di salvezza; riferendola anche al perdono interiore, alla salvezza dell’anima, al perdono dei peccati: “ti sono perdonati i peccati” (al paralitico); “la tua fede ti ha salvato” (al cieco Bartimeo).
Il gesto di Gesù diviene gesto di salvezza, gesto concreto!
L’apostolo Giacomo avrebbe ammonito in seguito i cristiani che al povero che ti bussa e ti chiede, non puoi rimandarlo con le parole, ma sei obbligato a gesti concreti di carità.
Papa Francesco commentando il testo parallelo del lebbroso guarito in san Luca 5,12, nella catechesi del mercoledì in giugno 2016 diceva: “Quante volte incontriamo un povero che ci viene incontro; possiamo anche essere generosi con lui ed avere compassione; ma di solito non lo tocchiamo, dimenticando che quello è il corpo di Cristo”.
Ora non è difficile per ciascuno di noi riflettere e trovare la strada per attuare nella vita questo Vangelo. Una qualità però ci è richiesta: avere gli occhi del cuore profondi, una qual certa “fantasia” nel pensiero e nella vista. Il povero si nasconde sotto mille sembianze: tra coloro che vivono nelle mura di casa, tra coloro che vivono prossimi alla nostra vita, tra coloro che incontriamo sulle vie concrete che percorriamo ogni giorno…
Poveri di beni materiali, poveri di beni spirituali, poveri abbruttiti dal peccato e dai vizi, poveri soli … (perché non produttivi: malati, vecchi, bambini indifesi, coppie in difficoltà etc).
Auguriamo alla nostra vita e preghiamo il Dio della misericordia di diventare noi stessi Vangelo (annunzio concreto), di gioia (Evangelii Gaudium) e di carità.
Buona Domenica (settimanale) di risurrezione!
Silvano Porta omv
Rettore del Santuario di San Vittorino – Roma