Riprendiamo la nostra riflessione sull’Enciclica del Santo Padre Francesco, Dilexit Nos (Ci ha amati), consegnata alla stampa il 24 ottobre. Il documento ricorda come la Chiesa riflette sul santo mistero del Cuore del Signore, un Cuore che ha tanto amato. La devozione al Cuore di Cristo non è il culto di un organo separato dalle tre Persone di Gesù, perché ciò che adoriamo è Gesù Cristo intero, il Figlio di Dio che si è fatto uomo.
C’è un triplice amore nell’immagine del Cuore del Signore: l’amore divino, l’amore spirituale simbolo dell’ardente carità e l’amore sensibile. La Chiesa insegna che la nostra adorazione alla sua Persona abbraccia inseparabilmente sia la sua natura divina che la sua natura umana. In diverse modalità il Cuore di Cristo è stato presente nella storia della spiritualità cristiana: nella Bibbia e nei primi secoli della Chiesa appariva nella figura del costato ferito del Signore, fonte di grazia e intimo incontro d’amore, così come anche testimoniano molti santi fino al giorno d’oggi. La devozione al Cuore di Cristo è essenziale per la nostra vita cristiana: possiamo affermare che il Sacro Cuore è una sintesi incarnata del Vangelo.
Nelle Sacre Scritture e nella Tradizione viva della Chiesa è contenuto ciò che il Signore ha voluto dirci per tutta la storia. Tutte le espressioni d’amore delle Scritture si concentrano nel Cuore trafitto di Cristo: la ferita del costato e le piaghe della corona di spine sono inseparabili dalla devozione al Sacro Cuore. E da queste immagini di sofferenza nasce il desiderio interiore di dargli consolazione.
Nel Mistero Pasquale, afferma mirabilmente il Santo Padre, vi è l’unità tra il Cuore sofferente e, al tempo stesso, la consolazione e l’amicizia che godiamo con il Risorto. La migliore risposta all’amore del suo Cuore è l’amore per i fratelli: il cuore umano che fa spazio all’amore di Cristo, diventa capace di amare gli altri come Cristo, Lui che si è abbassato per farsi vicino a tutti. E tutti noi possiamo far innamorare il mondo di Cristo rendendo attraente la proposta cristiana: le parole dell’innamorato non disturbano, non impongono, non forzano, ma portano gli altri a chiedersi come sia possibile un tale amore. Dal n. 208 in poi, il Santo Padre passa al “tu”, rivolgendosi direttamente al lettore. Cristo ti chiede di non vergognarti della tua amicizia con Lui, ti manda a diffondere il bene chiamandoti con una vocazione di servizio: ti manda a vivere questa missione sulla terra camminando insieme verso un mondo giusto, solidale e fraterno.
Ivana Imperatori