Cenni Storici Diocesi di Tivoli
La Diocesi di Tivoli con ogni probabilità si definì agli inizi del secolo IV, modellando la sua estensione territoriale sulla divisione amministrativa promossa al tempo di Diocleziano (fine III secolo). In questo ampio territorio, che comprendeva tutto il bacino imbrifero della Val d’Aniene e delle valli tributarie, dalle sorgenti del Simbrivio a Ponte Mammolo, insistevano diversi centri abitati disposti lungo le tre direttrici principali delle vie Tiburtina-Valeria, Cornicolana e Sublacense: Tibur, Aquae Albulae, Corniculum, Varia, Trebula Suffenas, Mandela, Digentia, Sublacum ed altri centri minori.
Scarse sono le notizie sulla diocesi fino al X secolo. Da quest’epoca iniziò a profilarsi l’annosa contesa che contrappose per secoli la chiesa tiburtina e l’abbazia sublacense. Dal 942 Alberico, che governò il Lazio per conto del fratello, papa Giovanni XI, favorì l’ampliamento dei possedimenti sublacensi, attribuendo all’abbazia territori appartenenti alla Diocesi di Tivoli. Le ripetute controversie su diritti e competenze ebbero una parziale composizione nel 1564, allorché il vescovo Giovanni Andrea Croce stipulò un patto conciliativo con il cardinale Marcantonio Colonna, abate commendatario di Subiaco. Tramite questa concordia veniva riconosciuta al Vescovo la giurisdizione episcopale sui castelli contesi[1] (svolgere le sacre visite fino ad allora ostacolate dal commendatario, conferire gli ordini ecclesiastici, ecc.), mentre venivano attribuiti all’abate commendatario i diritti di assegnazione dei benefici ecclesiastici e di amministrazione della giustizia civile e criminale tra i laici. La transazione del 1564 non fu, tuttavia, ratificata dal Papa[2]. Altra concordia fu pattuita nel 1632 tra il commendatario Scipione Caffarelli Borghese e il Vescovo tiburtino Mario Orsini. Le controversie, tuttavia, ebbero definitiva composizione solo nel 1638, quanto il pontefice Urbano VIII, al fine di favorire il nipote cardinale Antonio Barberini all’epoca abate commendatario di Subiaco, volle esautorare in forma istituzionale il Vescovo tiburtino da ogni competenza episcopale sul territorio appartenente alla commenda sublacense. Il 20 settembre 1638 fu stipulato un atto di concordia tra il cardinale Giulio Roma, Vescovo tiburtino, e il cardinale Antonio Barberini[3]: passavano all’abate commendatario sia la giurisdizione episcopale sia la giurisdizione civile, criminale e mista, con tutte le facoltà proprie dell’autorità vescovile, anche nell’ambito più strettamente spirituale: l’esercizio delle sacre visite, la correzione dei costumi, la cura delle anime, l’amministrazione dei sacramenti. Il Vescovo tiburtino cedeva Subiaco e il suo distretto comprendente Camerata, Cervara, Agosta, Marano, Canterano, Rocca Canterano, Rocca di Mezzo, Rocca Santo Stefano, Gerano e Cerreto, con tutti i suoi abitanti, laici ed ecclesiastici, le parrocchie, i monasteri e i luoghi pii, nonché tutti i beni stabili, i censi, i canoni e altri diritti spettanti alla mensa vescovile. In cambio l’abate di Subiaco avrebbe versato annualmente 400 scudi. Il Papa Barberini confermò l’accordo con bolla del 15 novembre 1638. In essa si precisava la distinzione territoriale e non solo giurisdizionale tra Diocesi tiburtina e Abbazia sublacense, la qualità vescovile (“quasi Episcopalem”) della giurisdizione trasferita all’abate commendatario di Subiaco e la condizione di autonomia dell’abbazia (“nullius Dioecesis”). Inoltre si riconoscevano tutte le facoltà proprie di un ordinario diocesano: convocare il sinodo, nominare gli esaminatori prosinodali, indire i concorsi per le parrocchie e cure, ecc. Simili transazioni seguirono anche con il Vescovo prenestino per i territori di Civitella, Roiate, Ponza e Affile (8 giugno 1639) e con il Vescovo anagnino per Trevi e Ienne (17 giugno 1639)[4]. In cambio l’abate avrebbe versato annualmente 65 scudi al primo e 60 scudi al secondo. Ultimo abate commendatario fu San Pio X che detenne l’amministrazione apostolica dell’abbazia fino alla morte (20 agosto 1914). Benedetto XV, suo successore, soppresse la commenda il 21 marzo 1915 con la bolla Coenobium Sublacense. Non fu, tuttavia, abolita l’autonomia del territorio sublacense che restò “Abbatia Nullius Dioecesis”: le prerogative vescovili furono dapprima affidate ad un “amministratore apostolico”[5], poi all’abate claustrale del monastero benedettino di S. Scolastica, il quale divenne, da allora, anche abate “ordinario” della “Abbatia Nullius” comprendente Subiaco e le altre 16 comunità del Sublacense[6]. Il 16 giugno 2002, con decreto pontificio, Giovanni Paolo II ha ristretto il territorio dell’Abbazia Territoriale di Subiaco, lasciando all’abate claustrale e ordinario la giurisdizione sul territorio in cui ricadono i monasteri benedettini di Santa Scolastica e del Sacro Speco. La città di Subiaco e i limitrofi comuni del territorio sublacense sono stati accorpati alla Diocesi di Tivoli; il comune di Trevi è stato aggregato alla Diocesi di Anagni; i comuni di Roiate e Bellegra (già Civitella) sono passati alla Diocesi di Palestrina.
Bibliografia specifica
- Carbonetti Vendittelli e S. Carocci, Le fonti per la storia locale: il caso di Tivoli. Produzione, conservazione e ricerca della documentazione medievale, in «Rassegna degli Archivi di Stato», XLIV, 1984, n. 1
- Mosti, Le “Sacre Visite” del ‘500 nella diocesi di Tivoli. 1. Le visite pastorali di mons. Giovanni Andrea Croce dal 1564 al 1576″, a cura di R. Mosti, Tivoli 1988.
[1] Subiaco, Agosta, Cervara, Camerata, Canterano, Cerreto, Gerano, Marano, Rocca Canterano, Rocca di Mezzo, Rocca Santo Stefano.
[2] Cfr. G.P. Carosi, Badia di Subiaco, Subiaco 1970, p. 87.
[3] Atto del notaio camerale Giovanni Francesco Fonthia; cfr. Ivi.
[4] Accordi confermati da Urbano VIII con bolla del 21 luglio 1639.
[5] L’abate generale benedettino Mauro Serafini fu amministratore apostolico dal 19 aprile 1915 al 10 novembre 1917; cfr. G.P. D’Anna, La figura e l’opera di Simone Lorenzo Salvi, a cura di Stanislao Benito Andreotti, Subiaco 2000, pp. 83-84.
[6] Il 10 novembre 1917 l’abate claustrale Lorenzo Salvi fu nominato abate ordinario di Subiaco; cfr. G.P. D’Anna, La figura e l’opera di Simone Lorenzo Salvi, cit., p. 84.