Le misure di confinamento non sono praticamente mai finite per una popolazione quasi invisibile, dispersa tra quartieri della periferia e condomini semicentrali, storicamente esclusi. È soprattutto lì, dietro le porte chiuse di appartamenti insospettabili, che abitano i nuovi poveri del nostro territorio, da quasi due anni precipitati in una battaglia quotidiana con i conti e con le bollette.
Il «loro» mercato del lavoro è come un fiume a secco. Anche da noi, nelle acque dell’economia informale, per quanto torbide, fino allo scorso anno molte persone trovavano occasioni di reddito. Poi con l’emergenza sanitaria si è verificato il blocco totale, e col passare dei giorni, a gruppi, a fasce, a categorie, hanno iniziato a bussare alle porte della rete Caritas. Dai parcheggiatori abusivi, ai facchini in nero, alle colf, ai camerieri e commessi con i contratti a chiamata e tante altre persone che hanno sempre lavorato, ma senza tutele.
La rete Caritas, in questo lungo periodo, è entrata in contatto complessivamente con più di 9 mila persone, distribuendo aiuti economici e pacchi alimentari per oltre 55 tonnellate di viveri di varia natura, acquistati grazie ai fondi dell’8xmille della Chiesa cattolica. Abbiamo constatato una nuova povertà che l’aiuto tradizionale fatica a raggiungere, perché è eterogenea e spesso non possiede nemmeno i requisiti formali per accedere a misure di sostegno pubbliche. Il loro ultimo ISEE non è così basso, poiché l’anno scorso lavoravano in modo precario ma continuativo. Altri hanno diritto alla cassa integrazione, ma, in attesa di riceverla, si sono ritrovati senza un Euro.
E poi ci sono le partite Iva, i giovani che lavoravano per gli eventi, per la ristorazione, i precari. Oggi molte di queste persone esistono di colpo scoperte, vulnerabili, e nei loro occhi vediamo lo stesso smarrimento e la stessa paura del futuro che purtroppo abbiamo visto in tanti altri volti nei lunghi anni di esperienza vissuta. Hanno bisogno, anche per la prima volta, di un sostegno economico per pagare l’affitto o di un sostegno alimentare perché i soldi non sono più sufficienti per fare la spesa, senza escludere il gran numero di bollette arretrate.
Dagli assistenti sociali con cui siamo in contatto le richieste di aiuto continuano ad arrivare. Alcune sono da considerare temporanee, cioè provengono da famiglie in cui gli adulti sono in cassa integrazione ma dove la speranza è di una ripresa; altre invece entreranno in povertà, in particolare a causa della perdita del lavoro. Le nuove povertà, tuttavia, si sommano a quelle già individuate. Secondo stime elaborate nei vari Centri di Ascolto della rete Caritas tiburtina, nel nostro territorio vi sarebbero oltre 3 mila famiglie (più di oltre undicimila persone) in povertà assoluta. E tra loro oltre mille bambini privi di un’alimentazione regolare ed equilibrata, una casa adeguata e riscaldata, cure mediche.
Sono indispensabili percorsi di aiuto e sostegno per abbattere i muri della disuguaglianza, che in un quadro sociale così precario e frazionato appare ovvio che il solo sostegno materiale non possa in alcun modo essere sufficiente a migliorare la qualità della vita di migliaia di persone che, ad oggi, sono accomunate essenzialmente da una mancanza di speranza, vedendosi nega tal’opportunità di avere un dignitoso progetto di vita.
Virgilio Fantini