Riportiamo la testimonianza di suor Luisa Pizziconi, all’epoca diciannovenne, testimone dello scampato eccidio che la comunità di Rocca di Cave annualmente ricorda
Mi è stato chiesto di mettere per iscritto quello che ricordo del 7 febbraio del 1944, essendo stata presente in quel famoso giorno.
Avevo quasi 19 anni. Devo fare una premessa: la sera del 6 febbraio sono venuti i tedeschi a perquisire le case, così ci disse mia mamma quando con le mie sorelle siamo venute a casa dalla funzione in chiesa, ma tutto rimaneva tranquillo. Nella notte i tedeschi hanno circondato il paese perché nessuno potesse uscire o fuggire. Al mattino alle ore 7 circa, mio padre uscì, lo presero e lo portarono in piazza. Noi abbiamo visto dalla finestra e dalla porta di casa; ci siamo preoccupate, ma subito cominciarono con il bando come era usanza; allora tutti si doveva lasciare la casa e andare in piazza. Quando tutti erano arrivati avveniva la separazione: le donne in chiesa, gli uomini in piazza. La piazza era circondata di mitragliatrici e di soldati armati… La chiesa era piena, perché in quel tempo nel paese c’erano circa tremila sfollati e fra gli sfollati c’erano parecchi ebrei. Nella mia casa, in cucina, c’era una famiglia, un’altra era nella casa vicina. La cucina serviva da sala da pranzo e da stanza da letto, si adattavano alla meglio. Io di tanto in tanto andavo a guardare dalla porta della chiesa che era aperta; vedevo in piazza i soldati armati, uomini intirizziti dal freddo, e mitragliatrici. C’era anche mio padre e i miei fratelli Elio, di sedici anni, e Sante, di dodici anni. Era quasi mezzogiorno; fu il momento drammatico. Era giunto il momento dell’esecuzione, chiusero le porte della chiesa per paura che le donne si ribellassero. Chi gridava, chi piangeva e pregava davanti al tabernacolo e davanti alla Madonna. Dissero che un uomo parlò e indicò al generale che comandava la montagna, dove era successo il fatto. Allora il generale mandò a liberare il paese, perché, disse, non era responsabile di quel fatto e tutti abbiamo dato un sospiro di sollievo… Si cominciò allora a dire che era una grazia della Madonna. Terminata la guerra si pensò di costruire, in ringraziamento, una chiesetta alla Madonna della Neve… La chiesetta è stata costruita con opere di volontariato e di carità. Tra gli sfollati c’era un Ingegnere,… che era presente in quel 7 febbraio e promise di fare lui il quadro della Madonna e lo fece così come è tutt’ora nella chiesetta…
Questo è quello che io ricordo.
Luisa Pizziconi