Grilli ai referenti: «Lo stile dell’annuncio: l’essenzialità»

Sabato 15 aprile, a San Vittorino Romano, don Massimo Grilli, docente della Pontificia Università Gregoriana e responsabile del Servizio diocesano di apostolato biblico, ha tenuto il terzo incontro con i referenti parrocchiali del cammino sinodale. Nel primo incontro il professore aveva invitato a leggere l’Apocalisse come parola profetica, che offre gli strumenti per leggere il presente ed inculca nel credente la speranza; nel secondo aveva presentato la storia di Agar e Sara mettendo in luce l’universalità del disegno di Dio.

In quest’ultimo incontro si è soffermato sullo stile dell’evangelizzazione, una tematica che, ad un primo impatto, sembrerebbe a noi estranea, eppure “lo stile è l’uomo”, ognuno ha un suo modo di relazionarsi, lo stile rivela chi siamo, fa parte dell’evangelizzatore.

Per far comprendere ciò, don Massimo ci presenta un uomo problematico, Paolo di Tarso: non è presente nei Vangeli, non è un discepolo, non ha conosciuto Gesù storico ma Gesù risorto.

Eppure nel Nuovo Testamento ha una parte dominante.

Nulla sappiamo del suo aspetto fisico, tranne brevi accenni nello scritto apocrifo degli atti di Paolo e Tecla: piccolo di statura, testa calva, bel portamento; dagli Atti degli Apostoli 14,12 intuiamo che è poco appariscente; in Galati 6,11 abbiamo un riferimento alle sue mani; nella seconda lettera ai Corinti cap.11 il corpo fa parte del suo messaggio. Paolo affronta in modo rude i suoi avversari per difendere il suo Vangelo, spesso è adirato contro i nemici che sono all’interno della comunità cristiana, va contro i giudeo/cristiani nel caso della circoncisione. È irruento, ma anche affettuoso, come dimostra la lettera ai Filippesi dove appare conciliante.

È un uomo di cultura perché affronta i problemi e va fino all’essenza del problema, non si ferma all’abbellimento del messaggio cristiano, è un intellettuale che pensa ed elabora quanto detto da Gesù in relazione con i tempi in cui vive.

Paolo ha compreso che il messaggio di Cristo deve uscire dalla Palestina e affronta il mondo greco, a lui dobbiamo proprio questa forza di espansione che arriva fino a Roma. È un uomo che sa elaborare lo stile di un annuncio sulla base di una fede che guarda all’essenza, comprende che la fede in Cristo cambia lo stile, non dice che la Legge sia da scartare, né che sia revocata l’alleanza con Dio, nè che il popolo ebraico sia stato rifiutato.

È il primo vero teologo del cristianesimo, a lui il merito di aver colto il messaggio ebraico e averlo letto alla luce di Cristo, interpretandolo. 

Questo il cuore del messaggio paolino: non abolisce la Legge, però al centro non c’è la Legge, ma la persona; la Legge ti indica la strada ma non ti salva, chi ti salva è la relazione con una persona, è il rapporto con qualcuno: Cristo è la Legge del cristiano. Cambio di contenuti che cambia il nostro stile di messaggeri.

Lo stile di Paolo è libero perché non si basa sui risultati finali. La sua relazione non è mai psichica ma spirituale: la prima si fonda sulla sintonia delle emozioni, sui sentimenti, la seconda sulla stima dell’altro perché amato da Dio e l’amore cristiano non è eros ma agàpe.

Tarso, oggi piccolo villaggio, era un crocevia di cultura ebrea, romana e greca e Paolo è forgiato da tre culture, ha ampie visioni, non è dovuto diventare un altro per diventare evangelizzatore, ha evangelizzato attraverso il suo stile: amare ciò che sono, comprendendo che l’evangelizzazione avviene attraverso quello che sono, e questo Paolo ci insegna come nessuno mai.

Claudia Lupi